«Ce lo chiede l’Europa»: ecco il mantra preferito dai politici nazionali italiani, e non solo, capace di scaricare su altri la responsabilità di decisioni considerate necessarie ma ad alto rischio elettorale. Come se le decisioni concordate a Bruxelles non fossero il frutto di trattative fra governi e classi politiche rimaste ancora sostanzialmente nazionali. L’Unione Europea è un’unione di Stati e di cittadini, le sue decisioni e il suo futuro dipendono da quello che noi facciamo o non facciamo, e dal modo con cui vogliamo farla funzionare: l’Europa, nel bene e nel male, siamo noi.
Siamo noi, cittadini europei, che eleggiamo il Parlamento Europeo che - insieme al Consiglio dell’Unione, in cui siedono i ministri nazionali - produce quasi l’80% della legislazione vigente - mentre il Parlamento italiano principalmente converte decreti governativi e norme di dettaglio di derivazione comunitaria. Siamo noi che eleggiamo i governi e i parlamenti nazionali dei vari Stati membri, che decidono e ratificano le principali decisioni europee. Siamo noi, cittadini europei, che dobbiamo poterci esprimere su quale futuro vogliamo per l’Europa; che deteniamo il potere costituente senza il quale non è possibile procedere sulla strada della piena unificazione politica. Siamo noi, cittadini europei, che dovremmo rivendicare il diritto di eleggere democraticamente un governo europeo - come facciamo per comune, provincia, regione e stato nazionale - per gestire la politica europea, e per poterla cambiare all’occorrenza. Perché di una nuova politica europea rivolta alla crescita c’è un bisogno sempre più urgente.
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