Erdogan si riconferma Primo Ministro turco

Il processo per la democrazia in Turchia continua, sospinto dal vento dei risultati delle elezioni appena trascorse

, di Michele Gruberio

Erdogan si riconferma Primo Ministro turco

Le elezioni in Turchia si chiudono nella serata del 23 luglio con la netta riaffermazione del premier uscente Tayyip Erdogan che con il 47% dei voti viene rieletto primo ministro turco, con circa 12 punti percentuali di preferenze in più rispetto alle ultime elezioni del 2002 che lo videro tornare alla ribalta come leader del partito AKP di Giustizia e Sviluppo a sostituire il collega Abdullah Gul (AKP).

La conferma del conteggio dei voti vede l’assegnazione di 342 seggi all’AKP che si stabilizza al governo con una decina di seggi in meno rispetto alle scorse elezioni. Un numero che, pur consentendo una maggioranza stabile ed un governo monocolore, non permette l’elezione del Presidente della Repubblica all’interno dei ranghi dell’AKP. Si affermano infatti a fianco dell’AKP, al secondo posto, i laici di centro sinistra del movimento Repubblicani del Popolo (Chp), al 20,84%, e torna in Parlamento il Movimento nazionalista (Mhp), la destra vicina ai Lupi Grigi, che è riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10% ottenendo il 14, 26% dei voti. Ed è proprio l’inaspettato successo di questo partito che impedisce all’AKP di eleggere il suo Presidente della Repubblica.

La gente - ha detto - ci ha scelto per la sicurezza e per la democrazia che abbiamo dato a questo Paese. Queste elezioni sono un importante test per la democrazia turca

Erdogan festeggiando per la vittoria ha ribadito il suo impegno per la stabilizzazione di uno stato turco “sicuro, democratico e laico«.»La gente - ha detto - ci ha scelto per la sicurezza e per la democrazia che abbiamo dato a questo Paese. Queste elezioni sono un importante test per la democrazia turca”.

Elemento questo sottolineato anche dal Presidente della Commissione Europea José Barroso che in una nota ufficiale ha dato il suo pieno appoggio al rieletto governo, ribadendo: “Questa vittoria cade in un momento importante per il popolo turco «mentre il suo Paese procede con le riforme politiche ed economiche. Il primo ministro Erdogan ha profuso il proprio personale impegno nel prolungato avanzamento in direzione dell’Unione Europea»

Barroso ha dato il suo pieno apporggio al rieletto governo: «Il primo ministro Erdogan ha profuso il proprio personale impegno nel prolungato avanzamento in direzione dell’Unione Europea...»

È importante la posizione di Erdogan proprio riguardo all’Europa. Il Primo Ministro si troverà infatti a governare con un partito che certamente non è filo europeista: il Mhp infatti ha da sempre duramente criticato la politica di avvicinamento dell’AKp all’Europa e in particolare all’Unione Europea da un lato ed un esercito forte, troppo, e risoluto dall’altro. Non deve quindi stupire la dichiarazione del presidente Barroso che, a poche ore dalle elezioni, aveva annunciato: ’’La Turchia non e’ pronta a diventare membro dell’Ue e l’Ue non e’ pronta ad accettare la Turchia come membro. Ne’ domani ne’ dopodomani”.

Il processo di laicizzazione e democratizzazione di questo stato si fa quindi sempre più difficile e complesso, ma il popolo sembra pronto, e soprattutto, sembra volerlo, appoggiando un premier fermo e risoluto sui punti decisivi della laicità e della democrazia.

Fonte dell’immagine Flick - SquekyMarmot

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  • su 25 luglio 2007 a 19:18, di Gaetano In risposta a: Erdogan si riconferma Primo Ministro turco

    Non voglio fare fantapolitica, ma penso che a Tayyip Erdogan sia capitata la possibilità di fare quello che, in Italia, un laico cristiano, Alcide De Gasperi, s’impegnò a fare: portare il proprio Stato nell’Unione Europea. Il partito di Erdogan è di ispirazione religiosa, ma deve muoversi in un assetto istituzionale laico, controllato a tiro dalle seconde più numerose forze armate degli Stati membri della NATO. Per l’elezione presidenziale, Erdogan non ha i numeri per fare da solo. In Parlamento, però non ci sono solo i nazionalisti: c’è il CHP ed i 26, se non sbaglio, parlamentari curdi, eletti come indipendenti, dopo lo scioglimento dei rispettivi partiti d’appartenenza. E’ solo con una di queste due forze la possibilità di eleggere un presidente della repubblica, in cambio di una legittimazione anche internazionale del gruppo parlamentare alleato, della possibilità di un accordo destra moderata-sinistra, scelta che altri Stati europei già conoscono, oppure di un accordo di riconciliazione turco-curdo che darebbe inizio ad un coraggioso cammino della Turchia verso il federalismo infranazionale, dove può trovare il modello tedesco, quello belga, l’autonomia a statuto speciale di cinque delle regioni italiane e, speriamo, in futuro, un assetto federale per Cipro. Per quanto riguarda la formazione del Governo, Erdogan ha i numeri per fare da solo, ma per fare l’Europa, deve fare di più. Il percorso in salita che attende Erdogan, in parte è stato coperto: restano le asperità del completamento della normativa a tutela dei diritti umani e delle dimostrazioni (da comunicare politicamente bene) di adeguamento della normativa interna a quella comunitaria, dal rispetto dei parametri di Maastricht alla normativa di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione, alla pianificazione del rimpatrio delle truppe che si trovano sulla parte settentrionale dell’isola di Cipro. C’è poi un grande sforzo morale che attende Erdogan sulla sommità del percorso: il riconoscimento del genocidio degli armeni degli inizi del secolo scorso, oltre a quello dei curdi, e la concessione di libertà religiosa per i culti minoritari e di autonomia a statuto speciale per il curdistan turco. L’Unione Europea deve saper spiegare che riconoscere i crimini conviene. La Slovenia ha riconosciuto le foibe ed eccola nell’Unione Europea e nella Zona Euro. La Serbia sa che se vuole entrare nell’Unione Europea, deve dare retta a Martti Ahtisari e riconoscere l’indipendenza al Kossovo. Certi Stati dell’Unione Europea sbagliano a comunicare contrarietà all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, perchè l’Europa è andata avanti rispetto ai loro schemi: uno degli Stati membri dell’Unione Europea è Malta, dove per anni il sentimento mediterraneo è stato prevalente a quello europeo e la scelta su quale visione avere di sè è passata dentro tutte le famiglie maltesi. In ogni famiglia maltese, chi votava laburista, fino a vent’anni fa, votava per mantenere un forte legame con la Libia, e chi votava nazionalista (democristiano) votava per l’ingresso di Malta nell’Uniuone Europea. Oggi Malta è nell’Unione Europea, ma i pescatori maltesi avranno sempre disegnato sulle loro barche l’occhio del dio fenicio a cui affidano la sorte della propria vita e del proprio lavoro, quando stanno per prendere il mare. Non solo a Cipro, vi sono gruppi etnici turchi e le minoranze turche negli altri Stati europei non sono popolazioni di recente emigrazione. Impedire l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, provocherebbe malumore nella minoranza storica turca in Bulgaria, la più ligia nel partecipare al voto alle scorse elezioni politiche e frenerebbe il processo di avvicinamento di altri Stati un tempo appartenenti all’impero ottomano, come la Bosnia-Erzegovina, mentre negli anni ’90 dicevamo che la Bosnia è l’Europa. La Turchia è Europa: lo è in parte geograficamente, lo è nella storia religiosa del nostro continente, lo è purtroppo anche nella storia bellica del nostro continente, ma anche in quella sportiva dell’Europa, come dimostra la vittoria del Galatasaray in una delle scorse edizioni della Champions League. Non lasciamo al nazionalismo interno nè alla Russia la possibilità di mutilare l’unità dell’Europa: Svizzera, Norvegia, Croazia, Turchia, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Albania, Kossovo, Israele, Moldavia, Ucraina, Azerbaigian, Kazakistan (vedasi calendario delle partite preliminari delle coppe europee di calcio), Georgia, Armenia, Russia (con l’indipendenza di Cecenia e di qualunque altra repubblica russa voglia)e soprattutto, Bielorussia stanno aspettando che noi tendiamo loro la mano, senza ipocrisia e senza oblio. Puntiamo sulla federazione europea con chi ci sta e sul rispetto delle regole per chi vuole progredire nell’integrezione europea, ma non dimentichiamo i popoli della nostra famiglia che ancora non sono liberi o nelle condizioni di entrare nella stessa casa comune in cui viviamo noi. Non tiriamo ora la linea finale sulla carta geografica, ne facciamo in modo che la nostra mano sia guidata dai partiti del gruppo ITS del Parlamento Europeo, nè dai loro alleati come Sarkozy, nè dall’attuale Governo federale russo. Abbiamo già dato con gli accordi di Yalta, l’Europa merita di essere unita, la Turchia merita l’ingresso nell’Unione Europea, con un quando ma senza un ma e senza un se.

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