Il Parlamento europeo risolve la questione Swift

, di Banker’s

Il Parlamento europeo risolve la questione Swift

L’8 luglio il Parlamento europeo ha approvato la nuova versione dell’accordo sul trasferimento dei dati delle transazioni bancarie effettuate tramite la rete Swift verso gli Stati Uniti. Come noto la richiesta americana di poter ‘vedere’ i dati delle transazioni bancarie originate in Europa è motivata dalla necessità di poter ‘tracciare’ i movimenti di denaro ai fini di una lotta contro il terrorismo internazionale. Le dinamiche che hanno portato a questo travagliato accordo inducono qualche riflessione sia sulla portata sostanziale dell’accordo sia sul ruolo che hanno giocato le diverse Istituzioni europee.

E’ bene riepilogare brevemente i fatti. L’11 febbraio il Parlamento europeo boccia l’accordo che il Consiglio europeo aveva concluso con il governo americano e che consentiva alle autorità investigative d’oltreoceano di acquisire legalmente ed ‘in massa’ i dati delle transazioni che viaggiano sulla rete interbancaria della Swift (società che gestisce in forma cooperativa le transazioni di pressocché tutte le banche del mondo). La motivazione del rifiuto era duplice: si violava la privacy dei cittadini europei e si attribuiva ad un altro Paese il potere di investigare su transazioni bancarie originate in Europa. Su richiesta del Parlamento la Commissione adotta una nuova proposta (24 marzo). Si introducono alcuni miglioramenti, ma resta il principio del trasferimento ‘massiccio’ dei dati.

Nel mese di aprile il Parlamento esamina la proposta e stabilisce con una risoluzione (5 maggio) le guidelines di un possibile accordo, introducendo due principi: a) una soluzione a breve con gli USA deve prevedere rigorose salvaguardie; b) a lungo termine si deve prevedere sia una soluzione europea per l’estrazione dei dati richiesti direttamente sul territorio dell’Unione (anziché negli USA) sia un’autorità giudiziaria pubblica europea incaricata di ricevere le richieste del Dipartimento del Tesoro statunitense.

L’11 maggio il Consiglio autorizza la Commissione ad avviare con il governo americano un nuovo negoziato sulla base delle indicazioni del Parlamento. Il negoziato si conclude l’11 giugno con un testo che viene recepito dal Consiglio il 28 giugno e che viene mandato al Parlamento per la sua approvazione. Il Parlamento approva l’8 maggio con 484 voti a favore (PPE, S&D, ALDE, ECR), 109 voti contrari (Verdi; GUE/NGL).

Quali sono le novità del nuovo accordo?

Il punto ritenuto principale è l’eliminazione a breve del trasferimento di dati in blocco. Entro dodici mesi si inizierà a lavorare perchè la UE si doti di un sistema europeo equivalente al Terrorism Finance Tracking Programme (TFTP) americano, per porre termine al trasferimento dei dati bancari effettuati su basi di massa. Inoltre l’Unione si doterà di una struttura che consentirà il trattamento dei dati in loco ed il trasferimento solo di quelli relativi ad indagini precise.

Il secondo punto è relativo al conferimento ad Europol del potere di bloccare il trasferimento dei dati verso gli USA qualora la richiesta non dovesse apparire giustificata nel contesto della lotta al terrorismo e di accertarsi che la quantità dei dati da trasmettere sia la minore possibile.

Un terzo punto riguarda il fatto che l’utilizzo dei dati da parte statunitense sia supervisionato da un gruppo di controllori indipendenti, che includa un rappresentante della UE designato dalla Commissione e dal Parlamento.

Un quarto punto riguarda il divieto al TFTP americano di utilizzare le tecniche di ‘data mining’, cioè il filtraggio elettronico dei dati al fine di individuare presunti terroristi sulla base di semplici comportamenti individuali. Tutte le ricerche condotte sui dati forniti si devono basare su informazioni o prove preesistenti che inducono a ritenere che l’oggetto delle ricerche abbia un nesso con il terrorismo o il suo finanziamento.

Un quinto punto – apparentemente minore o ritenuto tale dai commentatori – è relativo al divieto di trasferire negli USA i dati relativi alla Single Euro Payments Area (SEPA), cioè per tutte le transazioni bancarie in euro inquadrate e regolate nell’area unica dei pagamenti, che è divenuta operativa nel 2008 ed entrerà a pieno regime nel 2012. SEPA è un progetto nato su input della Commissione all’inizio degli anni 2000 nel quadro dello sviluppo del mercato interno in campo bancario e finanziario. L’obiettivo è quello di realizzare tra i Paesi UE un sistema unificato di pagamenti ed incassi in euro, retto da regole comuni in termini di processing e di costi delle transazioni, piattaforme di compensazione e di regolamento. In pratica si tratta di superare, in ambito europeo, la distinzione tra pagamenti nazionali ed esteri, per giungere a considerare tutte le transazioni come ‘domestiche europee’. I primi effetti della SEPA sono, ad esempio, l’introduzione dell’IBAN, la parificazione dei costi tra bonifici ‘nazionali’ ed europei, la drastica riduzione dei tempi di esecuzione e di accredito del bonifico al beneficiario (dai tre giorni nel 2008 ad un solo giorno nel 2012).

Anche se al momento le transazioni SEPA costituiscono una percentuale modesta in quanto vengono utilizzate prevalentemente per l’operatività cross-border tra i paesi europei, è certo che i volumi cresceranno sensibilmente allorché sarà completata nei vari Paesi la ‘migrazione’ sul nuovo sistema della vecchia operatività ‘nazionale’. A regime, dunque, tutta l’operatività dei pagamenti e degli incassi commerciali espressi in euro rientrerà nell’ambito della SEPA.

Ne deriva, dunque che, avendo escluso dal trasferimento dei dati negli USA tutto ciò che rientra nell’operatività SEPA, l’accordo viene sensibilmente ‘svuotato’, in quanto, a tendere, esso coprirà soltanto le transazioni bancarie originate in Europa, ma espresse in divisa diversa dall’euro (ad es. in dollari, franchi svizzeri, yen, yuan, ecc.) oppure espresse in euro ma indirizzate verso Paesi terzi. Detto in altri termini il Parlamento ha voluto ‘blindare’ ed escludere dall’accordo con gli USA tutta l’operatività bancaria relativa al mercato domestico interno (cioè, transazioni in euro tra residenti europei), una quota che corrisponde ad almeno il 95% circa della totalità delle transazioni bancarie nel territorio dell’Eurozona.

Che conclusioni possiamo trarne?

Sul piano strategico l’Unione, priva di un governo federale, non era in grado di opporre una diversa linea di condotta per la lotta al terrorismo, quindi non poteva negare all’infinito una richiesta di collaborazione nel campo della investigazione dei dati finanziari. Sul piano del merito dell’accordo resta qualche ombra (l’Europol non è un organo giudiziario, ma amministrativo, quindi potrà essere influenzato politicamente), ma comunque è stato messo in opera un sistema di garanzie per il cittadino per nulla trascurabile. Sul piano negoziale il Parlamento ha giocato un ruolo d’avanguardia. Ha dettato l’agenda al Consiglio ed alla Commissione, stabilendo linea di marcia e confini invalicabili, e sfruttando la circostanza per affermare una crescita di potere per l’Unione, attraverso la creazione di una struttura analoga al TFTP americano. Inoltre, ‘blindando’ il mercato unico dei pagamenti, ha affermato una sorta di dottrina Monroe in questo campo (L’Europa agli europei).

Di fronte all’originaria arrendevolezza del Consiglio (e dei governi nazionali) ha prima puntato i piedi bocciando il primo accordo (febbraio) per poi prender l’iniziativa e dettare i termini del nuovo accordo (giugno). Ha difeso la dignità europea e sostanzialmente garantito la privacy dei cittadini europei. E’ dalla comunità di intenti e di valori tra Parlamento e cittadini che può crescere ed affermarsi, attraverso le crisi, un potere federale.

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