Il Servizio Diplomatico Europeo

, di Clémentine Chaigneau, Miguel Castro Mendes, Traduzione di Manuela La Gamma

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Il Servizio Diplomatico Europeo

Nella sua dichiarazione del 2 dicembre 2009 di fronte alla Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Catherine Ashton, ha affermato che la sua missione sarebbe possibile solo se “avesse il sostegno di un servizio nuovo ed influente, un servizio che destasse l’invidia del resto del mondo. Per questo motivo la creazione di un servizio di azione esterna, che sarà mia cura dirigere, sarà la mia priorità nel breve periodo”. Possiamo chiaramente percepire da queste parole l’ambizione di creare qualcosa di nuovo, che finalmente permetterà all’UE di avere un peso maggiore sulla scena mondiale.

Un’innovazione prevedibile...

Nonostante la creazione del Servizio Europeo per l’azione Esterna (SEAE) possa apparire come uno dei principali cambiamenti apportati dal Trattato di Lisbona, sembrerebbe piuttosto un servizio basato sulle delegazioni esterne della Commissione, già esistenti a partire dal Trattato CECA con la creazione nel 1954 di una Rappresentanza dell’Alta Autorità a Washington.

Oggi dimentichiamo facilmente che, mentre l’organizzazione del SEAE è ancora poco definita, più di 5000 funzionari europei lavorano già all’estero. Dal Kenya alla Bolivia, difendono gli interessi dell’Unione e negoziano accordi tra l’UE ed il resto del mondo. Tuttavia, questi funzionari all’inizio erano stati ripartiti tra le varie Direzioni Generali della Commissione, e solo a seguito di una riforma del 2002 sono stati riuniti nello stesso servizio sotto l’egida della Direzione generale per le Relazioni esterne.

Un servizio a disposizione dell’Alto rappresentante

Perché dunque il SEAE è stato presentato come una riforma così significativa? Possiamo comprenderlo solo se lo colleghiamo alla creazione del ruolo di Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, che secondo il Trattato costituzionale del 2004 sarebbe stato definito “Ministro dell’Unione europea per gli Affari Esteri”. Tale servizio dovrebbe diventare il braccio militare dell’Alto rappresentante, creando di conseguenza un effettivo Ministero degli Affari Esteri dell’UE.

Dal momento che l’Alto rappresentante presiede anche i vertici che si svolgono in seno al Consiglio UE in materia di Affari Esteri, vertici che riuniscono i Ministri degli Esteri dei 27 Stati membri, il Servizio Diplomatico Europeo dovrà anche rappresentare il Consiglio, e non solo la Commissione. Di Conseguenza, attraverso il SEAE sarebbe possibile la creazione di un’ambasciata unica dell’Unione Europea in tutti i posti in cui essa è presente.

Come verrà strutturato?

L’Articolo 27 del Trattato di Lisbona specifica che l’organizzazione ed il funzionamento del SEAE vengono definiti attraverso una Decisione del Consiglio, su proposta dell’Alto rappresentante. Spetta dunque a Catherine Ashton elaborare una struttura formale per questo servizio, tenendo in considerazione anche i vincoli di bilancio delineati dal Parlamento europeo in una dichiarazione del 25 settembre 2009 sulla configurazione del SEAE.

L’organizzazione del SEAE avrà anche le sue implicazioni sul lavoro diplomatico sul campo, dal momento che le delegazioni dell’Unione europea dovranno presiedere sul lungo periodo i vertici di coordinamento tra gli ambasciatori in tutti i Paesi in cui essi sono presenti.

Il problema del reclutamento

E’ previsto che i funzionari della Commissione ricevano il supporto di diplomatici afferenti ai ministeri nazionali e di funzionari del Consiglio. Nonostante la loro provenienza diversificata, tutti i membri del SEAE avrebbero statuti e ruoli equivalenti, creando così un genuino spirito di squadra.

Quindi, secondo la dichiarazione del Parlamento europeo, scopo di tale standardizzazione dello statuto è raggiungere “una cultura diplomatica europea comune inerente le relazioni internazionali dell’UE”.

Ovviamente, la questione dello staff rappresenta una vera e propria sfida. L’integrazione di funzionari nazionali nelle delegazioni dell’UE – per avere successo – richiederà una procedura di formazione atta ad “europeizzare” i diplomatici nazionali. Probabilmente, tale procedura richiederà tempi abbastanza lunghi. A tal riguardo, è necessario un cambiamento di mentalità delle amministrazioni nazionali.

Quali sono dunque le nostre aspettative riguardo al tipo di proposta che Catherine Ashton sottoporrà al Consiglio? La Ashton non ha ampio margine di manovra in quanto gli affari esteri e la diplomazia sono rimasti fino a questo momento di competenza esclusivamente nazionale nella prospettiva dei Capi di Stato. Non c’è dubbio che i negoziati saranno particolarmente duri in seno al Consiglio degli Affari Esteri.

In particolare, bisogna decidere come avverrà il reclutamento degli agenti nazionali nelle delegazioni dell’UE: attraverso concorso o per decisione interna dei ministri nazionali?Al tempo stesso, il Parlamento europeo sarà sicuramente ansioso di esercitare rigorosamente il suo potere di controllo del bilancio, per avere un peso nell’ambito di questo processo, del quale non si finisce di denunciare la mancanza di controllo parlamentare.

Tuttavia, bisognerebbe trovare risposte chiare alle domande che sono sorte per quanto riguarda la capacità dell’Alto rappresentante e di questo Servizio Diplomatico Europeo di dare finalmente volto all’UE a livello internazionale. La reazione europea al disastro di Haiti non è molto incoraggiante. In ogni caso, anche secondo le previsioni più ottimistiche, il SEAE non opererà al pieno delle sue capacità prima del 2014. Pertanto, l’Europa ha ancora il tempo di compiere le sue riflessioni.

Immagine: Catherine Ashton. Fonte: Wikimedia.

Fonti:

1) Times online : http://www.timesonline.co.uk/tol/comment/columnists/guest_contributors/article6959513.ece

2) Andrew Rettman, EU commission ’embassies’ granted new powers’ in EUobserver.com: http://euobserver.com/9/29308

3) Projet d’avis de la commission des affaires étrangères du Parlement Européen sur les aspects institutionnels de la mise en place du Service européen d’action extérieure 2009/0000(INI): http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2009_2014/documents/afet/pa/790/790923/790923fr.pdf

Tuoi commenti
  • su 20 febbraio 2010 a 18:26, di erik In risposta a: Il Servizio Diplomatico Europeo

    Non è tanto un problema di struttura quanto di volontà politica, se manca questa non si combina niente. La Ashton non può, e forse non vuole, pesare in nessuna tematica di un qualche rilievo e così la politica estera comune sta perdendo un treno dopo l’altro: l’Iran e la sua «rivolta verde», Cina e Tibet, governance finanziaria, l’ultima crisi libica, rapporti con la Russia e tanto altro ancora. Mi spiace, ma è proprio con questo genere di atteggiamenti che si crea disaffezione verso l’Europa ma forse, questo, la Ashton lo sa benissimo.

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