Il coma irreversibile dello Stato Nazione : Risposta a Ralf Dahrendorf

, di Nicola Vallinoto

Il coma irreversibile dello Stato Nazione : Risposta a Ralf Dahrendorf

Sono stato indotto a scrivere queste brevi considerazioni dopo aver letto l’articolo di Ralf Dahrendorf «Il declino impossibile dello Stato Nazione» pubblicato dal quotidiano la Repubblica nell’edizione del 19 aprile.

Le sue affermazioni sullo Stato Nazione mi hanno lasciato parecchie perplessità: in particolare quelle in cui dice che è tuttora vivo e vegeto, che rimane il solo spazio politico ove una costituzione garante della libertà possa mantenersi vitale e che continua ad essere l’unità di riferimento del senso d’appartenenza e di partecipazione civica della maggior parte degli essere umani.

Anche il discorso sulla cittadinanza mi pare fuorviante e non realistico soprattutto quando Dahrendorf afferma che i dibattiti sull’immigrazione hanno un senso soltanto a condizione di riconoscere che la cittadinanza è definita dalle nazioni e in funzione di esse.

La realtà dipinta da Dahrendorf non tiene conto del ruolo, oramai ’minimo’, giocato dagli Stati Nazione nella gestione dei problemi mondiali

La realtà dipinta da Dahrendorf non tiene conto del ruolo, oramai ’minimo’, giocato dagli Stati Nazione nella gestione dei problemi e delle crisi mondiali e del superamento del legame indissolubile tra cittadinanza e nazionalità verso la definizione progressiva di una cittadinanza europea postnazionale, cosmopolita e basata sulla residenza.

Pensiamo alla guerra in Iraq: l’opposizione di due Stati Nazione, come la Francia e la Germania, all’intervento americano non ha sortito alcun effetto. Eppure sono gli Stati più ’potenti’ del nostro continente. E che dire della campagna elettorale italiana: la politica estera è sparita completamente dall’agenda delle due coalizioni. Forse perchè il ruolo dell’Italia nei problemi planetari è quasi ininfluente, quindi era inutile parlarne. Questi sono alcuni esempi di tre Stati Nazione appartenenti al Club G8 ovvero i paesi economicamente più forti al mondo se escludiamo la Cina ovviamente.

Il senso di appartenenza non ha più frontiere nè limiti

Il senso di appartenenza non ha più frontiere nè limiti. Il crescente utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione ha annullato le distanze e favorito lo sviluppo e la crescita di migliaia di comunità animate da persone geograficamente lontane ma il cui senso di appartenenza è molto forte e in alcuni casi superiore al legame che si può avere verso un connazionale. Legami che vanno al di là dello Stato Nazione sono all’ordine del giorno. Basti pensare a riunioni quali i forum sociali mondiali e la creazione di reti e campagne planetarie che sostengono la democrazia, i diritti e la giustizia senza confini. E che dire delle manifestazioni contro la guerra del 15 febbraio 2003 che sono state considerate il primo passo del cosidetto ’popolo mondo’ unito dal valore della pace.

E, ancora, chi di noi europei ha avuto l’opportunità di volare in un altro continente, al suo ritorno in Europa, indipendentemente dal paese di arrivo, ha provato, almeno una volta, la sensazione di sentirsi a casa tanta è la differenza, ad esempio, con le realtà asiatiche ed africane.

L’alternativa non è quella proposta da Dahrendorf, ovvero la cooperazione e il coordinamento degli Stati Nazione, metodi che hanno dimostrato ampiamente il loro fallimento (vedi l’impotenza dell’Onu) ma bensì il superamento della sovranità nazionale verso federazioni continentali (come l’Unione Europea, l’Unione Africana e il Mercosur) quale primo passo per il governo democratico dell’umanità.

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