Il fallimento del Doha Round

Prospettive e delusioni

, di Michele Gruberio

Il fallimento del Doha Round

Mandelson, Commissario europeo al Commercio estero, non è stato tradito dal suo intuito: come pensava, nella più totale frustrazione, i negoziati per il Doha Round sono falliti. Dopo 7 anni di negoziazioni, l’accordo per la liberalizzazione del commercio globale è giunto ad un punto di non ritorno, e nella notte tra il 29 ed il 30 luglio, a Ginevra, i 25 punti in analisi hanno visto i 153 paesi coinvolti nei negoziati non riuscire a spingersi oltre il 23simo, rovinando sul 24simo.

Il Doha Round era stato lanciato nel 2001 per contribuire alla crescita commerciale dei paesi in via di sviluppo, attraverso la riduzione dei sussidi agli agricoltori negli States, un miglior accesso ai mercati agricoli dei prodotti europei e l’abbassamento dei dazi sui prodotti industriali dei paesi emergenti. Incredibile - osserva Lamy, che aveva ridato un po’ di ottimismo ai negoziati con un nuovo pacchetto da lui stesso elaborato venerdì sera - come i ministri dei paesi rappresentati al WTO abbiano potuto rinunciare ad un pacchetto economico che avrebbe portato alla riduzione di oltre 130 miliardi di dollari in dazi doganali, di cui 2/3 a favore dei paesi in via di sviluppo.

… grande disappunto di Mandelson per l’atteggiamento dell’attuale presidenza dell’Ue …

Il gioco è semplice. Da un lato il colosso americano, dall’altro i grandi paesi emergenti, a tendere la corda per cercare di portare a casa il più possibile. Ma la corda si è spezzata, con grave seguito, non solo per l’Europa.

Mandelson, per il ruolo ricoperto in seno alla Commissione, si è trovato ad osservare con forte delusione l’atteggiamento dell’attuale presidenza di turno dell’Unione, supportata a gran voce da altri paesi europei (Italia in prima fila), di denigrazione dell’accordo, terrorizzati dal perdere un assetto economico europeo che già da mezzo secolo non teniamo più sotto controllo. E tale comportamento conferma inoltre le sue peggiori supposizioni. Il fallimento del Doha Round è un grave smacco, non solo per il Round in sé stesso, ma per tutti i negoziati in atto, su clima, energia, ambiente, immigrazione, e dà inoltre adito a tutti coloro che, economisti tra i più classici, vedono nel rinnovamento del protezionismo la salvezza più facile per un’economia che va sempre più velocemente tracollando. Economisti che non pensiamo siano solo extra- europei.

… un colpo mortale per il banco di prova della governance globale ...

Il pacchetto individuato da Lamy, direttore generale del WTO, forniva grandi avanzamenti verso la costruzione di una nuova governance globale. Primo scoglio tra tutti da superare, il passaggio da un sistema preferenziale ad un sistema multipolare, fondato sulla clausola della nazione più favorita, che estende a tutti i partner commerciali gli stessi benefici che si danno a quelli con cui si raggiungano accordi. In altri termini, si basa sul principio di non discriminazione. Il contrario avviene con gli accordi preferenziali, che limitano le preferenze ottenute ai soli membri degli accordi. Il numero e l’estensione raggiunti dagli accordi preferenziali rendono ora il principio di non discriminazione l’eccezione del sistema commerciale e non la regola. Ma vi è di più.

Con la grande estensione degli accordi preferenziali, quella già avvenuta e quella che si prospetta con le nuove intese con i Paesi asiatici, aumenta anche la dimensione politica degli accordi commerciali, incrementando così anche i rischi di conflitti e la loro pericolosità. Ancora più grave la marginalizzazione del sistema per la soluzione delle controversie, forse la maggiore conquista del sistema multilaterale.

Il banco di prova della governance globale, così come individuato dai negoziati del Doha Round, sembra aver subito un colpo mortale. Disaggregato il blocco dei paesi emergenti, proprio quando il peso politico- economico muove verso di loro, dallo storico primato di USA ed UE, le reticenze di India e Stati Uniti per un avanzamento coraggioso del processo di costituzionalizzazione delle relazioni internazionali sono forti.

In vista per di più delle elezioni del Parlamento europeo ed il conseguente rinnovo della Commissione, la struttura che negli ultimi anni aveva dato impulso e seguito i negoziati avrà bisogno di ulteriore tempo per consolidarsi, rallentando ancora la ripresa dei negoziati. E per un’Unione europea che, pur possedendo una buona fetta delle capacità commerciali globali, non è capace di parlare con una sole voce, le possibilità di evoluzione sono poche, se non in senso negativo.

Fonte dell’immagine World Wide Web

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