La pace in Medio Oriente e la responsabilità europea

, di Massimo Contri

La pace in Medio Oriente e la responsabilità europea

Con l’intervento, avallato dal Consiglio dei Ministri dell’Unione, di 7.000 militari europei in Libano, l’urgenza di rilanciare il processo costituzionale europeo si è fatta più forte. Sulle spalle dell’Ue incombe una responsabilità tremenda.

Le vicende internazionali che si sono succedute nelle settimane antecedenti la missione hanno mostrato ancora una volta la necessità di un altro soggetto politico forte, che possa affiancare gli Stati Uniti e farsi carico, insieme ad essi, di trovare una soluzione alla crisi mediorientale. Il resto del mondo si attende l’impegno prioritario degli europei in una regione a loro così vicina.

Se si avvia un negoziato politico che affronti contemporaneamente i nodi della sicurezza dello stato di Israele e dell’indipendenza del Libano e della Palestina, allora sarà possibile togliere spazio alle forze estremiste e avviare un processo di pace che permetta di affrontare anche gli altri enormi problemi della regione, come l’instabilità dell’Iraq, la proliferazione nucleare in Iran, ed il possibile scivolamento verso l’estremismo di tutta l’area.

L’autorità morale, politica e militare che deriverebbe dal successo della missione di pace in Libano, potrebbe consentire all’Unione europea di farsi, finalmente, promotrice di un piano di pacificazione del Medio Oriente basato sul mutuo riconoscimento degli Stati di Israele e di Palestina, sul mantenimento della sicurezza nell’area, nonché sull’impiego di adeguate risorse finanziarie a sostegno dello sviluppo economico dell’intera regione, sotto controllo internazionale. Tale sviluppo dovrebbe essere perseguito, sul modello del Piano Marshall, attraverso la costituzione di istituzioni comuni per la gestione dei problemi comuni della regione, rilanciando ad esempio il progetto di una CECA mediorientale dell’acqua, lanciato alcuni anni orsono da Jacques Delors.

Gli stati europei stentano a rendersi conto del ruolo che l’Unione può avere sullo scacchiere internazionale, e continuano a muoversi in ordine sparso come litigiosi vicini, salvo trovare talvolta un compromesso quando qualcuno di essi, in questo caso l’Italia, si fa portatore di una proposta forte e condivisibile e quando la situazione è ormai allo stato più critico. Già oggi, molte disposizioni dei Trattati Ue offrono la possibilità di esprimere, purché ve ne sia la volontà, un minimo di politica estera e di difesa comuni. Ma allora che fine hanno fatto l’Eurocorpo e la Forza di Intervento rapido prevista per «operazioni congiunte di disarmo, missioni umanitarie e di soccorso, missioni di consulenza militare e di assistenza, missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace, missioni delle forze di combattimento in gestione di crisi, ivi incluso il mantenimento della pace e la stabilizzazione postbellica»? È chiaro che quello che manca è un contesto istituzionale che sia in grado di far emergere una volontà politica comune, impedendo il gioco al ribasso dei veti nazionali. Il mondo ha quanto mai bisogno di un’Europa più forte e coesa. Per diventarlo l’Europa ha bisogno di una Costituzione federale e di un Governo democratico che sia in grado di farsi portatore delle istanze dei cittadini europei, e di rendere l’Unione europea protagonista sulla scena mondiale.

Per questo il rilancio del processo costituente deve diventare la priorità dell’agenda politica europea. La Costituzione europea, già ratificata dalla maggioranza degli stati e dei cittadini europei ma bloccata da due referendum nazionali, deve essere riportata in primo piano. Persino nel diritto internazionale, dove pure esiste un grado di integrazione molto inferiore a quello europeo, i trattati entrano in vigore quando un numero minimo prefissato di paesi li ratifica.

I federalisti europei chiedono che un referendum europeo sulla Costituzione, da svolgersi in concomitanza con le elezioni europee del 2009, consenta a tutti i cittadini europei di decidere che strada vogliono intraprendere. La Costituzione europea, eventualmente migliorata, dovrà entrare in vigore se una doppia maggioranza di Stati e dei cittadini si sarà espressa positivamente, solo tra quegli Stati che l’avranno ratificata. Gli altri stati potranno rientrare nella nuova Unione costituzionale in qualsiasi momento, a patto che accettino di sottoscrivere la Costituzione. Solo in questo modo impediremo che venti milioni di cittadini Francesi e Olandesi possano decidere il futuro di 450 milioni di cittadini europei, impedendo all’Europa di assolvere ad un ruolo indispensabile per costruire un nuovo equilibrio mondiale.

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