Non è Stato lui

Il Ministro Maroni e l’Europa

, di Stefano Pietrosanti

Non è Stato lui

Il fitto palleggio di dichiarazioni in corso tra le agenzie europee preposte alle frontiere e alle questioni migratorie e il Ministro Maroni, riguardo l’emergenza immigrati dovuta al collasso progressivo delle dittature nord-africane, sembra appartenere più al mondo della tragicommedia che a quello della politica.

Proviamo a definire il termine politica nel modo più minimalista possibile: gestione della cosa pubblica in un quadro di finalità coerente e teso al futuro. E’ chiaro allora come non sia pienamente politica l’attività svolta dal fantasma d’Europa disegnato nei vari trattati: potrebbe appellarsi a un vastissimo orizzonte costruttivo – forse l’ultimo rimasto in questo continente – e non lo fa, riducendo il suo profilo a quello di un embrione di entità politica che dovrà essere stimolata da noi tutti cittadini per divenire, col passare del tempo e degli sforzi, qualcosa di più. Ma è parlando del comportamento del Ministro degli Interni italiano che la questione diviene tristemente farsesca.

L’onorevole Maroni ha percorso il cursus honorum fino a giungere a capo del ministero degli Interni come esponente della Lega Nord, partito dichiaratamente secessionista. A prescindere dal fatto che effettivamente abbia rifiutato una proposta di aiuti europei o invece l’abbia chiesta senza ottenere risposta, è quantomeno strano che un esponente di un partito che vorrebbe dividere ulteriormente una Nazione già piccola davanti alle grandi potenze globali e che – nel Parlamento europeo – fa eleggere un fascista ferocemente contrario all’Unione come Borghezio, si lamenti indignato se l’Europa non c’è e non è efficiente nelle risposte.

Di giorno in giorno, la cosa difficile è non notare la graduale decomposizione che rode i vari Stati del continente mentre essi pretendono di perpetuare il binomio Stato-Nazione. Per essere statuale, un ente deve avere un chiaro e ampio margine di autonomia, di capacità di definire da solo il suo destino, il problema è che mai come oggi questa autonomia o è continentale o non è. Privi della possibilità di dirigere Stati che non sono più pienamente Stati, Governi vogliosi (consciamente o no) di mantenere in pieno la loro posizione di potere sono costretti a prendere a prestito la sovranità delle comunità democratiche, per spenderla in consessi intergovernativi dove assumono in varie maniere (tutte formalmente legittime, tengo a dirlo) un potere legislativo, non meramente esecutivo.

Poi però si ritrovano nel loro contesto nazionale da cui pretendono di trarre consenso, quindi devono recitare il ruolo dell’esecutivo puro che si limita a dare forma a volontà normative, più che mai in casi d’emergenza su cui potrebbero rischiare la faccia. In questo cortocircuito, normalmente si finisce in un’enorme non risposta ai problemi, in quanto da una parte si invoca una possibilità d’agire che in realtà non si vuole concedere all’Europa, dall’altra si pretende di reagire nazionalmente, a un livello nel quale le forze non sono sufficienti.

Certo, questo processo di graduale sclerosi e decomposizione è più evidente in Italia che in Germania o Francia, e più in Belgio che in Italia, ma il succo politico rimane. Lo Stato, inteso in senso liberale, è l’unico sistema normativo che tuteli la libertà dell’uomo ed è l’orizzonte conosciuto in cui più l’uomo può svilupparsi come essere umano, perché solo colui che può scegliere il proprio destino diviene responsabile, e solo tramite la responsabilità si sviluppa la moralità, soprattutto la moralità pubblica.

L’eruzione di forze secessioniste, xenofobe, di schieramenti di destra estrema e in genere anti-democratici, è solo sintomo di questo: quando non vede più nella dimensione pubblica della democrazia costituzionale uno spazio in cui esplicare la propria liberà, il cittadino può più facilmente rimanere affascinato da speranze vaghe fattegli balenare davanti da chiunque, anche solo per un disperato anelito a non essere un soggetto passivo delle decisioni altrui. Questa è tra le concause del deperimento vita pubblica del nostro paese, e così potrebbe succedere altrove.

Persone come il Ministro Maroni devono capire che o faranno strada a un disegno di Stato che si esplichi su più livelli, accettando e magari promuovendo una dimensione statuale dell’Europa, al cui Parlamento sia garantita vera sovranità sulle questioni che gli competono, o si assumeranno nel lungo termine la responsabilità di aver dato forma a un qualcosa di torbido che sicuramente Stato non è. Non si tratta, né si tratterà mai, della particolare questione o emergenza, si tratta della possibilità per ogni singolo cittadino del continente di avere un orizzonte di crescita personale e morale.

Immagine: il Ministro dell’Interno del governo italiano Roberto Maroni. Fonte: Flickr

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