Ripartire dai cittadini europei

, di Federica Martiny

Ripartire dai cittadini europei

È vero che da 60 anni assistiamo alla progressiva e graduale disintegrazione della politica europea, allo sfumare del sogno che aveva dato coraggiosamente vita alla prima comunità europea. Ed è altrettanto vero che la crisi economica e finanziaria dal 2008 ad oggi ha messo in luce ed acuito la più sostanziale e preoccupante crisi politica: incapacità di affrontare i problemi, di proporre soluzioni strutturali, di avere uno sguardo d’insieme, sempre più incolmabile la distanza tra le istituzioni e i cittadini sono segni allarmanti del declino del vecchio continente.

L’Europa sognata e descritta nel manifesto di Ventotene non è certo quella che abbiamo dinnanzi ora. E lo è sempre meno. L’idea di una governance economica europea non è certo quella chiesta tra gli altri dal Presidente Napolitano nel suo intervento a Bruges e dal Presidente Ciampi nel suo ultimo articolo apparto sul Sole24Ore.

Probabilmente mai come oggi è stato chiaro che si dovrebbe ricominciare a ricostruire l’Europa, quella sognata dai suoi padri fondatori. Bisogna ripensare le categorie basilari del mostro mondo e del nostro tempo, ri-educarci alla democrazia (e naturalmente ai suoi limiti), rivedere il modello economico e sociale europeo che ha condotto insieme alle carenze istituzionali alla drammatica crisi del debito sovrano, e ri-imparare ad essere cittadini.

Per essere cittadini europei bisogna prima essere cittadini: bisogna prendersi “cura” del bene pubblico, e dei beni pubblici. Per prendersi cura anche di se stessi. La cittadinanza è prima di tutto sinonimo di responsabilità e di bisogno degli altri, del vivere con gli altri, del costruire con gli altri qualcosa. Perseguire solo il proprio interesse, rifugiarsi nei propri problemi e perdere la capacità di pensarsi come membro attivo e sostanziale di una comunità di uomini è in un’ultima analisi incompatibile con l’idea di cittadinanza, a tutti i livelli.

L’analisi teorica di Mario Albertini propone l’interazione di tre categorie per spiegare gli avvenimenti politici, in particolare nell’orizzonte della costruzione europea: crisi, iniziativa, leadership. Per uscire da questa crisi profonda, che non è solo economica, è una crisi sociale, morale, politica, una crisi di certezze e di prospettive, una crisi dei beni comuni e della cittadinanza, una crisi della stessa democrazia, decaduta ad incarnare profondamente quell’ “individualismo democratico” di cui parlava Tocqueville, e del sistema di rappresentanza, che -come diceva Benjamin Constant- induce i cittadini a delegare l’impegno civile e politico per rifugiarsi nella stabilità dell’indipendenza privata, serve una leadership. Ma non quella dei Governi, delle istituzioni, di uno o l’altro “rappresentante”: serve la leadership dei cittadini.

Occorre ritornare ad essere cittadini “antichi”, quelli che erano uomini liberi sono in quanto sedevano e parlavano all’Assemblea, quelli che potevano prendere parte alle decisioni sul bene comune, sulla collettività, sulla comunità, che era una comunità politica, civile, morale e culturale. Occorre riscoprirsi e ridiventare cittadini per riappropriarsi del futuro e dell’Europa. Dopo il tramonto delle ideologie, bisogna cercare di far rivivere l’alba della cittadinanza, dell’impegno comune per costruire una comunità europea federale, democratica, solidale al suo interno, promotrice di pace e di solidarietà sociale, capace di garantire i diritti ma anche i doveri dei suoi membri, capace di guardare al valore autentico delle cose, al di là del loro “prezzo”. Una comunità nuova, creata a partire dall’interazione creativa e innovativa delle tante identità di partenza che compongono il puzzle dei cittadini europei, capace di trovare la propria forza e il proprio impulso a partire dalla consapevolezza e dalla tutele delle differenze e delle diversità.

Gli avvenimenti precipitosi delle ultime settimane e l’inadeguatezza delle soluzioni che vengono proposte per contrastare la crisi mostrano che questo non può essere fatto dalle istituzioni né da un (ipotetico) grande statista: solo gli uomini e le donne capaci di voler tornare ad essere davvero cittadini possono proporsi come artefici e promotori di questa impresa. Per farlo possono appoggiarsi all’unica istituzione democratica (anche se non completamente) dell’UE: il Parlamento europeo, e in particolare i parlamentari del Gruppo Spinelli, unica forza politica che vuole ridefinire e ricreare le basi istituzionali e civili perché il vecchio continente possa superare la crisi. Sapendo che però all’interno del PE le istanze della cittadinanza europea devono potersi fare sentire in modo chiaro e diretto: chiedere partiti realmente europei che presentino programmi elettorali e candidati europei, che discutano e legiferino per il bene comune dell’Europa e dei suoi cittadini, chiedere che il Parlamento sia in tutto e per tutto realmente l’istituzione dei cittadini e per i cittadini, a cui si possano rivolgere e verso la quale possano ritrovare fiducia.

Il Consiglio nel suo insieme e i singoli rappresentanti dei Governi, nella loro insistenza nell’agire all’interno della cornice intergovernativa, stanno mostrando tutta la loro incapacità di servire i cittadini e di perseguire nel modo migliore il bene comune, il loro rigido egoismo, e in fondo la loro debolezza sul terreno del confronto pubblico democratico. E non sembrano certo in grado di proporsi come guida per la formazione di una coscienza civica e civile europea, di farla maturare all’interno di una nuova cornice socio-culturale.

Però la strada è ancora aperta: serve il coraggio di riaffermare e incarnare di nuovo la responsabilità di essere davvero cittadini, cittadini europei.

Fonte immagine: Flickr

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