Dal 30 Marzo al 4 aprile 2009 si è tenuto il seminariointernazionale organizzato dalla JEF Belgio, in quel di Dworp, non lontano da Bruxelles. Una quarantina di giovani di diciannove diverse nazionalità si sono riuniti per discutere del ruolo che la gioventù può avere nel sensibilizzare la società civile sulle principali idee europeistiche e federaliste, allo scopo di creare un comune sentire europeo.
Non sembra necessario dilungarsi sull’importanza fondamentale che i seminari internazionali hanno nella continua formazione di un militante federalista quali occasioni di confronto e conoscenza reciproca delle diverse realtà presenti in Europa. Tuttavia è opportuno sottolineare che un confronto continuo, serio e approfondito, nonché un’assidua comunicazione, evidenziano i punti deboli di ogni sezione e offrono spunti per un’azione più efficace e organizzata, utile per fornire della JEF un’immagine di organizzazione coordinata e sistematica nel suo agire.
L’atmosfera meno formalizzata, rispetto ad un Comitato federale, fa sì che i seminari come quello di Dworp siano l’occasione ideale a questo fine. Nel complesso non possiamo che ritenerci soddisfatti dell’andamento del seminario, tuttavia sembra ci sia ancora molta strada da fare se l’intento è, come dovrebbe essere, quello di rendere il seminario in Belgio un evento della risonanza e portata di altri seminari come quello di Ventotene o di Parigi.
Un indubbio successo del seminario è stato quello di sapersi porre come terreno di dibattito e riflessione su temi fondamentali come la costruzione di un’identità europea con il corredo di valori che ad essa sono pertinenti. Purtuttavia è doverosa una critica per quanto riguarda l’approccio metodologico: il metodo del brain-storming, per quanto innovativo e creativo, non sembra adeguato ad attuare un’analisi approfondita e mette a disagio chiunque si trovi a rispondere a domande della portata di “quali pensi siano i presupposti per parlare di identità europea?” sotto l’imperativo di “don’t think, just write!”. Le risposte risultano così essere superficiali, frammentarie e dimostrano spesso fraintendimenti sul senso della domanda. Da simili premesse la discussione, se non fosse stata guidata da un abile coordinatore come Peter Matjasic, sarebbe risultata piuttosto difficoltosa.
Perché questa critica non sia sterile, ci si sente di proporre la lezione frontale introduttiva come alternativa: essa, seppur tradizionale e poco creativa, si presta maggiormente a stimolare una discussione e una personale riflessione su tali importanti tematiche, sempre all’insegna di una continua formazione dei partecipanti. Fare intervenire degli esperti in tematiche europeistiche inoltre, agevola i contatti con le comunità scientifiche e in un certo senso fornisce alla JEF una maggiore visibilità e maggior prestigio.
Un’attività piuttosto utile e originale, è stata la sessione informativa sul volontariato: un rappresentante dell’associazione YFU (youth for understanding), dopo aver illustrato le diverse fasi che entrano in gioco in un’associazione di volontari (reclutamento, integrazione, sviluppo e formazione, ritenzione e successione) ha chiesto ai partecipanti di applicare questo schema mentale alla nostra organizzazione e pensare a come vengono svolte le varie fasi. Ciò ha portato ad una feconda comparazione tra le differenti sezioni locali, facendo emergere i loro limiti, le loro lacune, ma anche i loro punti di forza.
Altro successo del seminario, nonostante alcuni problemi organizzativi, è stato il “caffè Mundus”: grazie alla partecipazione di ragazzi provenienti da stati extra-europei (USA, Russia, Vietnam) la discussione è andata aldilà delle frontiere europee, ricordando l’impegno della JEF anche all’interno del Movimento per la Federazione Mondiale e stimolando una riflessione sul tipo di modello che l’Unione europea dovrebbe essere per il resto del mondo.
L’attività senza dubbio più innovativa e più coinvolgente è stata il gioco di ruolo di simulazione del commercio internazionale, un modo alternativo e interattivo di conoscere le dinamiche del commercio globale e ottimo input al dibattito che ne è seguito, il quale tuttavia, per ragioni di tempo, è stato un po’ limitato, ma ugualmente interessante. L’approccio che il seminario ha privilegiato è stato quello della peer education piuttosto che il classico approccio “accademico”, scelta discutibile e tuttavia all’insegna della sperimentazione e dell’innovazione, cosa in ogni caso positiva per un’organizzazione dinamica come la JEF.
Oltre ai doverosi ringraziamenti vanno dunque anche degli incoraggiamenti alla JEF Belgio per far sì che il loro seminario continui a crescere ed affermarsi nel variegato panorama JEF Europe.
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