Superare la crisi con gli Stati Uniti d’Europa (2)

La fine del metodo intergovernativo e il rilancio della democrazia europea

, di Nicola Vallinoto

Superare la crisi con gli Stati Uniti d'Europa (2)

Questo articolo completa l’analisi sulla crisi europea (la prima parte dell’articolo è qui) e le proposte federaliste dei paesi chiave dell’Unione europea con la proposta intergovernativa di un governo europeo della zona Euro avanzata da Francia e Germania e l’alternativa democratica che prevede un ruolo politico del Parlamento europeo e la partecipazione attiva dei cittadini europei.

La fine del metodo intergovernativo e il deficit democratico

Angela Merkel e Nicolas Sarkozy a conclusione del vertice bilaterale del 16 agosto a Parigi hanno proposto in modo suggestivo un “governo europeo dell’economia” per gestire la crisi dei debiti sovrani. Peccato che il governo proposto si riduca a diversi incontri annuali tra i capi di Stato e di governo dei 17 paesi della zona Euro che di fatto si riuniscono quasi mensilmente già da tre anni. L’idea di un’autorità tecnica e sopranazionale, come la Commissione, a capo delle scelte comuni è stata respinta. Tutto rimane nel solco del metodo intergovernativo che in tutti questi anni ha bloccato ogni decisione europea che potesse risollevare le sorti dei cittadini europei e dare le risposte che essi si sarebbero aspettati. La soluzione proposta da due leader oltre a non prevedere l’introduzione degli eurobond mantiene il potere di veto dei singoli governi nazionali e condanna così gli europei a un evitabile e rapido declino. La Cancelliera ha abbandonato di recente il pensiero di un’Unione europea unificata e sta pensando a possibili modifiche del Trattato di Lisbona affidando un ruolo chiave in questo processo al Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy che a sua volta si dice pronto ad accettare un simile mandato. La proposta del duo Merkel Sarkozy ha un piccolo difetto. Non affronta le questioni primarie del metodo con il quale modificare i trattati e della democrazia europea. Dopo i referendum del 2005 con i quali i cittadini francesi e olandesi hanno bloccato il progetto di Costituzione europea non sarà più possibile fare significativi passi in avanti nel processo di integrazione politica dell’Unione europea senza il coinvolgimento del popolo europeo. Inoltre l’Unione europea deve ancora colmare un deficit democratico delle sue istituzioni e del processo decisionale come sottolineato anche dalla sentenza della Corte costituzionale federale tedesca del 30 giugno 2009 sul Trattato di Lisbona. La soluzione proposta da Merkel e Sarkozy, evidentemente, non riesce a colmare il gap di democrazia che potrebbe essere superato affidando alla Commissione europea il ruolo di governo dell’Unione con la responsabilità per le proprie determinazioni di fronte a un parlamento europeo con poteri di codecisione legislativa.

Il ruolo politico del Parlamento europeo...

Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, in un appello pubblicato da Il Messaggero, dopo aver criticato le conclusioni del Vertice franco-tedesco del 16 agosto e stigmatizzato il fatto che, sulle grandi decisioni di politica economica, i rappresentanti dei cittadini europei siano solo “informati” dal Consiglio ha concluso affermando che alla crisi politica dell’Europa occorre dare una risposta politica e che “questa risposta non può che venire dal Parlamento europeo. L’Europa ha bisogno di entrare in una nuova fase, nella quale il Parlamento si faccia carico dei problemi comuni e indichi ai governi la strada da percorrere.” L’ex cancelliere Gerhard Schröder in una recente intervista sul settimanale Der Spiegel ha detto che “abbiamo intenzione di cedere la sovranità nazionale«– riferendosi alla politica economica della Germania -»e il parlamento europeo dovrebbe diventare la più alta autorità per qualunque potere viene ceduto dai parlamenti nazionali". Thierry Jeantet, vice presidente del PRG e Virgilio Dastoli, presidente del ME, nell’appello già citato e pubblicato su Le Monde, propongono che il Parlamento europeo elabori un progetto di modifica del Trattato di Lisbona da sottoporre alla Convenzione in tempo utile prima delle elezioni europee del 2014.

Il Parlamento europeo, secondo la procedura di revisione ordinaria del Trattato (art. 48 TUE), può sottoporre al Consiglio dei progetti di revisione dei trattati. In questo caso, il Consiglio europeo adotta a maggioranza semplice una decisione a favore dell’esame dei progetti proposti dal Parlamento e convoca una “Convenzione” incaricata di approvare – per consenso – una raccomandazione per la conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri. Partendo da questa procedura il Parlamento europeo, unica istituzione europea eletta a suffragio universale, di fronte alla crisi in cui trova il vecchio continente potrebbe indicare ai governi, sotto la spinta dei cittadini europei che chiedono più democrazia (non ultimi i movimenti degli indignados), la strada per uscire dalle secche intergovernative. Strada che porta all’elaborazione di un patto costituzionale della società europea che possa rilanciare il progetto di una federazione europea. Tale progetto dovrebbe poi passare all’esame di una Convenzione costituente (eliminando il passaggio intergovernativo) e sottoposto all’approvazione finale dei cittadini tramite un referendum pan-europeo.

Il Gruppo Spinelli di recente formazione e composto da eurodeputati di diversa estrazione politica (Andrew Duff, Guy Verhofstadt, Sergio Cofferati, Sylvie Goulard, Daniel Cohn-Bendit, Isabelle Durant solo per citarne alcuni) può assumere un ruolo guida in un’azione costituente del Parlamento europeo. Nel manifesto fondativo del Gruppo si legge che gli Stati membri continuano a preferire soluzioni intergovernative a quelle europee fino al punto di mettere a rischio la tenuta dell’Euro. La storia dell’UE ha dimostrato che la risposta ai problemi che abbiamo di fronte si trova in più Europa e non in meno Europa. Il manifesto conclude affermando che il nazionalismo è una ideologia del passato e che l’obiettivo del Gruppo è un’Europa dei cittadini, federale e post-nazionale. Nelle conclusioni del Consiglio europeo ombra del 22 marzo 2011 il Gruppo Spinelli ha stigmatizzato il metodo intergovernativo per gestire la crisi economica. Una governance economica credibile necessita di una Commissione europea in grado di imporre misure correttive e sanzioni ai paesi inadempienti. Ogni atto della Commissione, naturalmente, deve essere controllato democraticamente dal Parlamento europeo con la stretta cooperazione della BCE, responsabile per la stabilità, e condurre a un ampio dibattito sia a livello nazionale che europeo.

...e la spinta necessaria del popolo europeo

Senza la partecipazione dei cittadini al processo di integrazione non sarà possibile alcun avanzamento significativo nell’unificazione politica dell’Unione europea. Questo è il lascito del referendum francese del 2005. In un testo, scritto in occasione del convegno “L’identità europea in un’economia globale” in preparazione del Summit di Lisbona sotto la presidenza portoghese, Manuel Castells aveva sostenuto la necessità di una “comune identità europea in base alla quale i cittadini in tutta Europa possano condividere i problemi e cercarne insieme la soluzione”. Dopo aver scartato cultura e religione, Castells aveva individuato “i sentimenti condivisi sulla necessità di una protezione sociale universale delle condizioni di vita, la solidarietà sociale, un lavoro stabile, i diritti dei lavoratori, i diritti umani universali, la preoccupazione per i poveri del mondo, l’estensione della democrazia a tutti i livelli” Se le istituzioni europee dovessero promuovere quei valori, diceva, forse “il progetto identità” potrebbe crescere. Per mobilitare il sostegno popolare e ricostruire l’UEM è necessario ridefinirla in modo che riconosca la ‘dimensione sociale’, trasformandola in una Unione economica e sociale (UES). Questo dovrebbe andare di pari passo con riforme dei processi decisionali capaci di unire in modi nuovi partecipazione democratica ed efficienza.

L’iniziativa dei cittadini europei, che permette di proporre un atto legislativo alla Commissione europea tramite la raccolta di un milione di firme in almeno sette paesi dell’UE introdotta dal Trattato di Lisbona, sarà lo strumento tramite il quale i cittadini europei potranno condividere problemi specifici e cercare soluzioni comuni.

A questo proposito durante il forum sociale ‘Genova 2011’ tenutosi a luglio nel decennale del G8 di Genova del 2001 le associazioni, le reti e i movimenti presenti hanno elaborato un testo “per l’altra Europa” in cui si rilancia la cosiddetta ’dimensione sociale’ dell’Europa “contro la mercificazione delle persone e dei beni comuni, immateriali e naturali”. E si sceglie l’orizzonte delle lotte a livello europeo attraverso campagne e iniziative dei cittadini europei su temi che riguardano la protezione sociale e i diritti universali come il reddito minimo garantito; la cittadinanza europea di residenza e la mobilitazione per l’adesione alla Convenzione ONU del 1990 sui diritti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti; l’acqua come diritto umano, primo nucleo di uno Statuto europeo dei beni comuni; l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie e alla criminalità; un piano europeo di riconversione ecologica e sociale delle produzioni e dei consumi da sostenere con una tassa sulle transazioni finanziarie e sulla carbon tax; il diritto all’informazione, il pluralismo e la libertà di stampa. Intorno a queste iniziative si stanno costruendo coalizioni e alleanze transnazionali le cui mobilitazioni saranno importanti per rilanciare la fiducia dei cittadini europei verso le istituzioni europee. Un altro passaggio importante è la manifestazione europea del 15 ottobre convocata dal Movimiento 15-M nella capitale delle istituzioni europee. I giovani provenienti da diverse capitali europee (Madrid, Atene, Parigi, Roma, Londra, ecc.) mostreranno lo slogan “People of Europe rise up!” (trad. Popolo d’Europa sollevati) e urleranno la loro indignazione nei confronti delle politiche restrittive dell’Unione europea indirizzate alla parità di bilancio, con le quali si giustificano i tagli allo stato sociale, e che non sono compensate dall’implementazione di un piano europeo di sviluppo ecologicamente e socialmente sostenibile con il quale dare una prospettiva di rilancio dell’economia europea su basi diverse e una visione alternativa della costruzione europea che non sia sbilanciata sugli interessi dei grandi capitali.

Da una parte, quindi, ci vuole la spinta necessaria del popolo europeo per una maggiore integrazione politica a partire dalla soluzione comune di problemi specifici (e le iniziative dei cittadini europei saranno un aiuto in tal senso) dall’altra ci vuole la politica, a cominciare dal Parlamento europeo e dai partiti europei, che deve promuovere quei valori indicati da Manuel Castells in modo da rafforzare una comune identità europea e deve rispondere alle richieste di maggior democrazia, diritti e giustizia sociale per frenare l’ondata di euroscetticismo. Senza dimenticare, ovviamente, il ruolo importantissimo dei governi nazionali che possono, da subito, chiarire qual’è la méta e quali sono gli obiettivi dell’Unione europea, precisando le scadenze e i passaggi per superare la crisi. Ciò dovrebbe essere sufficiente, fin da ora, a placare i timori dei mercati. Un’Europa che si avviasse senza remore verso un’unione federale - anche fra un numero più ristretto di membri, all’inizio - costituirebbe un’iniezione di fiducia nella finanza e nell’economia globali.

Come è stato ribadito all’inizio di questa riflessione la vera posta in gioco non è l’emissione di Eurobond e neanche la tenuta dell’Euro bensì l’implosione della casa comune europea. Per evitare tale disastro che avrebbe conseguenze anche per il resto del mondo un numero crescente di uomini politici a tutti i livelli e di cittadini europei sta convergendo sulla ricetta degli Stati Uniti d’Europa i cui ingredienti base sono tutti egualmente necessari: i governi nazionali, il Parlamento europeo ed, infine, il popolo europeo ciascuno con la propria parte di responsabilità.

Fonte immagine: Wikimedia.org

L’articolo è stato pubblicato anche da iMille.org e Peacelink.com

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