La Commissione europea ha approvato qualche mese fa un pacchetto chiamato «Azione per il clima: energia per un mondo che cambia», un insieme di proposte in materia di emissione di gas serra, energia e cambiamenti climatici. Oggi a Bruxelles inizia il Consiglio europeo che discuterà, oltre che della crisi economica, anche il pacchetto della Commissione.
Gli obiettivi imposti agli stati europei sono molto ambiziosi e prevedono il 20% di taglio delle emissioni di gas serra, il 20% di quota di energie rinnovabili ed il 20% di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2020.
È chiaro che una rivoluzione di questa portata comporta investimenti altissimi per potersi adeguare agli nuovi standard ecologici. I vari stati europei hanno quindi lanciato segnali di allarme perché questi obiettivi potrebbero pesare sull’industria europea rendendola non competitiva sul mercato mondiale soprattutto nella fase economica molto difficile che si andrà a creare a seguito della crisi finanziaria in corso. L’Italia si è messa in prima fila tra coloro che vorrebbero alleggerire le norme e renderle più flessibili. Il Ministro Ronchi ha fatto il giro delle capitali europee per esporre i dubbi italiani e negli ultimi giorni sono intervenuti anche la Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ed il Primo Ministro Berlusconi, che minaccia il veto italiano al Consiglio europeo.
...una rivoluzione di ampia portata che comporta investimenti altissimi ...
Anche le analisi di svariati economisti sostengono che questo piano sia una fuga in avanti, che l’Europa vuole fare da sola e che creerà seri problemi di competitività. Il problema non è certo infondato e la politica europea se vuole essere convincente è chiamata a dare una risposta in fretta. Il Commissario Barroso si è limitato a dire che “l’UE deve mantenere gli obbiettivi” e si augura che venga raggiunto un accordo entro fine anno.
In politica si sa che le buone intenzioni hanno le gambe corte rispetto agli interessi economici e alla necessità dei governi di garantire il benessere dei propri cittadini. Nel frattempo però la situazione ambientale si sta aggravando come dimostrano sia il rapporto della Commissione STERN, redatto per conto del governo inglese, nel quale si evidenzia che, in assenza di misure adeguate, i cambiamenti climatici in atto possono produrre crisi economiche e sociali su una scala paragonabile a quelle prodotte dalle guerre mondiali, sia il rapporto dell’IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change) dell’ONU, composto da 2.500 scienziati di 160 Paesi del Mondo, nel quale si lancia un monito ad agire “prima che i cambiamenti climatici sfuggano completamente ad ogni controllo”.
... dall’IPCC il monito di agire prima che i cambiamenti climatici sfuggano ad ogni controllo ...
La crisi ambientale è quindi più silenziosa ma forse più dannosa e difficile da affrontare di quella finanziaria e gli auspici del Presidente Barroso non sono di sicuro sufficienti.
La posizione di Greenpeace, che ha scritto al Presidente Berlusconi, sostenendo che gli investimenti per diffondere le tecnologie più efficienti in tutto il sistema energetico fino agli usi finali migliorerebbero la competitività dell’Europa e potrebbero creare milioni di posti di lavoro nel settore energetico, indica la strada che l’Europa deve seguire per proteggere le famiglie dai costi crescenti e dall’insicurezza derivanti dalla dipendenza dalle importazioni di combustibili, le cui disponibilità tendono a declinare e i cui costi tendono di conseguenza a crescere; è sicuramente corretta ma ha bisogno di essere sostenuta dalla volontà politica.
... una crisi ambientale più sileziosa ma più dannosa di quella finanziaria ...
L’Europa deve avere i mezzi per poter investire per sostenere la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche ed industriali. La via maestra è sicuramente quella di un limitato debito pubblico europeo, finanziato dall’emissione di Union Bond Europei: titoli di debito per finanziare un cambiamento che permetterà notevoli risparmi in futuro ma che nei prossimi anni costerà molto alle economie europee.
Il problema che si pone è però lo stesso che si è posto quando Sarkozy e Tremonti hanno proposto il fondo comune europeo per la crisi: chi gestisce in Europa questi fondi? Con quali linee guida? La risposta è una sola ed è quella di un vero Governo federale europeo legittimato dal voto dei cittadini. Gli stati hanno però paura ad affrontare questo passo perché ridurrebbe il loro “potere” nazionale. Non si rendono però conto che ormai questo potere non lo detengono più, poiché l’alternativa a finanziare un piano europeo di questo tipo è continuare a difendere le proprie quote di inquinamento nazionali per dare un po’ di fiato alle proprie industrie.
... senza un Governo federale europeo le non-soluzioni avranno la strada spianata ...
Con il proprio peso politico ed economico e l’esperienza storica dell’unificazione del Continente europeo, l’UE potrebbe esercitare la leadership internazionale del processo di riconversione, in senso ecologico, dell’economia mondiale. Un Governo europeo potrebbe trattare, su di un piano di parità con le altre aree del mondo, la revisione delle attuali posizioni ambientali.
Senza un Governo europeo le buone intenzioni europee rimarranno senza i mezzi politici per metterle in campo e le non-soluzioni troveranno davanti a se la strada spianata.
1. su 15 ottobre 2008 a 18:14, di daniele In risposta a: UE Piano clima: buone intenzioni scarsi mezzi
La proposta sul piano clima: è sicuramente ricca di buone intenzioni ed è evidente che ha scarsa mezzi ma purtroppo è altresì evidente la sua scarsa tempistica. La richiesta di impiegare ingenti risorse per ridurre i fattori inquinanti in un momento di (quasi) recessione non potrà che trovare enormi ostacoli sulla sua strada da parte del mondo industriale. Ricordiamo che determinati decisioni sulle risorse energetiche sono frutto di condizioni economiche particolari: la decisione dell’Italia di tornare al nucleare nel momento di massimo costo del petrolio che ha finito con lo scemare nel momento che il petrolio ha cominciato a scendere può essere da esempio. E’ per questo, che nonostante mi trovi sicuramente d’accordo con la tua analisi, non posso che essere pessimista sul futuro delle misure che saranno adottate su questo argomento nelle prossime decisione della commissione e del parlamento europeo.
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