Una giovane federalista parla del suo primo approccio al mondo della Gioventù Federalista Europea a Ventotene

Avvicinarsi al federalismo attraverso Ventotene

, di Arianna Mappelli

Avvicinarsi al federalismo attraverso Ventotene
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Quando sono entrata in contatto per la prima volta con il Movimento Federalista Europeo ammetto di non esserne stata subito convinta. Avevo partecipato alla selezione del Seminario Nazionale di Ventotene inizialmente più per il puro piacere di scrivere, che per il seminario in sé.

Una mia amica una sera mi aveva parlato di un concorso a cui la sua professoressa d’italiano voleva che partecipasse e così, per non ritrovarsi a farlo da sola, decise di coinvolgere anche me. In due giorni mi documentai e buttai giù un testo di due pagine, incentrato sul Manifesto di Ventotene e quell’attualità che conserva ancora oggi, ottanta anni dopo la sua redazione. Fino a quel momento, non conoscevo nulla né di Ventotene, né di Altiero Spinelli né di tutto quello che significa ancora oggi l’isola per la moderna Unione Europea.

Dopo qualche settimana da quel progetto, siamo state chiamate a partecipare al Seminario Regionale di Bassiano, organizzato nel Lazio del relativo centro regionale GFE; una preselezione in vista di Ventotene, nella quale avremmo dovuto partecipare ad alcuni incontri per poi elaborare delle nostre riflessioni e muovere dei dubbi sui diversi temi trattati in modo da esporli successivamente ai relatori che sarebbero venuti a parlare nelle diverse giornate del seminario. L’evento è durato tre giorni e si è svolto nell’esatto modo in cui poi sarebbe stato gestito il seminario nazionale di per sé.

Una delle cose che mi ha colpito particolarmente delle persone che erano lì è stata la loro conoscenza ed il loro interesse verso aspetti dell’attualità di cui io, a volte, ignoravo addirittura l’esistenza. Ragazzi della mia età che parlavano e discutevano di guerre che stavano esplodendo dall’altro lato del mondo, di politica estera e comunitaria. Tornata a casa, mi ritrovavo con ancora più domande di quante ne avessi quando ero partita e mi sono ritrovata a pensare molto su quello che proponeva il Movimento, delle risposte che muove verso i problemi dell’oggi, senza però riuscire ancora a darmi delle risposte concrete. Risposte a domande come Cosa effettivamente il Movimento fa per tutti quei problemi che abbiamo trattato?, è solo un’idea oppure è un progetto solido a cui potersi aggrappare?

Un dubbio che sollevai spesso lì a Bassiano fu - infatti - che mi sembrava tutto così astratto, senza un vero fine, senza la possibilità di essere concretamente realizzabile. Una risposta a questo dilemma la trovai poi solo a Ventotene, quando capii il compito tanto del MFE e dei suoi militanti quanto della sua sezione giovanile. Soprattutto, compresi di più la convinzione con cui sostengono il loro progetto di un’Europa federale, qualcosa che non poteva che essere un concetto molto lontano da me, anche perché non ne avevo ancora la benché minima conoscenza.

Arrivata a Ventotene mi sono scontrata subito con un mondo più grande di quello a cui sono abituata. Ho avuto la possibilità di incontrare personalità importanti del mondo politico sia nazionale che non, ho avuto modo di scoprire il MFE per quello che è davvero: un movimento apartitico che abbraccia più pensieri di correnti politiche diverse. Risolto il mio personale problema di identificare il Movimento, dovevo “solo” capire cosa significasse per me quella battaglia che da quarant’anni l’Istituto di Studi Federalisti Altiero Spinelli, l’organizzatore principale dell’evento, porta avanti.

In questi giorni passati al Seminario Nazionale di Ventotene, mi sono posta più volte la domanda: cos‘è per me l’Europa? La prima risposta che ho sentito di darmi banalmente è che l’Unione europea rappresenta per me la normalità. Io sono nata dopo il 2000, nel pieno fervore del sentimento europeo e della sua espressione politica. Non ho conosciuto mai un mondo in cui Nazioni come la Germania, la Francia o l’Italia, ad esempio, fossero separate da confini o in guerra tra loro. Studiare le Grandi Guerre dei secoli scorsi è una cosa, ma averle vissute sulla propria pelle e sofferte in prima persona è fondamentalmente un’altra e credo che sia proprio questo che permette di rendersi conto più facilmente del grande e importante passo che si è fatto proprio con l’Unione europea. Dopo questi sei giorni di seminario, nei quali davanti ai miei occhi si è aperto un nuovo mondo meraviglioso e complesso allo stesso tempo, ammetto che la mia risposta non è cambiata più di tanto.

Ad oggi, posso dire che vedo l’Europa come connessa da un forte filo rosso che lega tutti i suoi Stati membri, un filo rosso che mantiene la pace e la serenità dei cittadini dell’Unione, permettendo degli scambi commerciali favorevoli per ogni Paese e facendo in modo che i componenti di questa Unione si uniscano e discutano i problemi e le crisi che da soli non potrebbero affrontare.

Come si è detto molte volte durante il seminario, le crisi non conoscono confini e differenze culturali, colpiscono tutti indipendentemente da dove si abiti, dalla lingua che si parli e dal proprio luogo di nascita, come più che mai i problemi climatici e la pandemia di COVID-19 hanno ampiamente dimostrato. È per questo motivo che il federalismo europeo pare essere la risposta più efficace ai problemi, tanto che si sono attraversatiin passato quanto quelli che ancora ci ritroviamo sia oggi che nel prossimo futuro.

Un’unione di Stati sovranazionale che decida insieme, in base alla necessità dei singoli Paesi, ma non dimenticando quello che è il bisogno altrui e andando incontro a ogni problema, insieme e compatti. L’Unione si basa - così è sancito nei suoi trattati fondamentali - sui principi di democrazia e dello stato di diritto, si impegna a mantenere e sviluppare i famosi valori comuni. Senza un’impronta federale, che dia anche atto a poteri comuni, conservare questi principi e prendere decisioni sembra diventare sempre più complicato.

Ad oggi la necessità di un’Europa federale è impellente. Citando Altiero Spinelli: “La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!”. Aggiungerei che deve essere percorsa adesso, prima che le crisi diventino un muro insormontabile e i nazionalismi disgreghino un’Unione che ha portato alla pace e che ha permesso a noi, nuove generazioni, di vivere una vita senza guerra, in cui è diventato possibile ora non solo rafforzare l’UE ma anche esportare il modello al di fuori dei suoi confini.

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