Istituito nel 1992 con il Trattato di Maastricht, con sede al Palazzo Europa di Bruxelles, il Consiglio dell’Unione europea è una delle Istituzioni cardine dell’organizzazione sovranazionale a dodici stelle. Composto, a seconda della materia oggetto di trattazione, dei rispettivi Ministri dei 27 Stati membri, detiene il potere legislativo (insieme al Parlamento europeo), coordina le azioni degli Stati, definisce e implementa la politica estera e di sicurezza comune, adotta misure nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e conclude accordi internazionali a nome dell’Unione.
Particolarità che distingue il Consiglio dalle altre Istituzioni è il funzionamento della sua presidenza; questa spetta a ciascuno Stato membro per la durata di un semestre, secondo un sistema a rotazione semestrale. Il 30 giugno è terminato il semestre francese, il giorno successivo ha avuto il via - per la prima volta dal 2009 - quello ceco.
A presentarlo, con un brillante intervento seguito da una sessione di Q&A nell’incontro organizzato dal Centro di Documentazione Europea (CDE) dell’Università degli Studi di Milano, Hana Hubáčková, Ambasciatrice della Repubblica Ceca in Italia e a Malta.
Introdotta dalla professoressa Alessandra Lang (responsabile scientifico del CDE) e dai saluti del professor Federico Gustavo Pizzetti (vicepresidente del comitato di direzione SPES), della professoressa Ilaria Viarengo (direttore del dipartimento di studi internazionali, giuridici e storico-politici) e della dottoressa Lenka Valkova (ricercatrice di diritto internazionale e dell’Unione europea all’Università degli Studi di Milano), Hubáčková ha anteposto alla presentazione del semestre di presidenza ceca del Consiglio parole di ammirazione nei confronti dell’Italia, sia per la partecipazione, essendo una dei Paesi più addentro al programma Erasmus+, come testimoniato dall’elevato numero di studenti non italiani all’incontro, sia per il coraggio. Hubáčková si trovava infatti a svolgere il suo lavoro di ambasciatrice in Italia anche durante i mesi più duri della pandemia e si è detta impressionata dalla collaborazione mostrata dal popolo italiano in un momento del genere, una collaborazione ispiratrice di quella europea che ci ha permesso, a piccoli passi, di arrivare alla situazione di prudente tranquillità odierna.
Il programma della presidenza ceca si formula in cinque punti prioritari: gestione della crisi dei rifugiati e della ripresa postbellica dell’Ucraina, sicurezza energetica, capacità di difesa europea e sicurezza informatica, resilienza strategica dell’economia europea e solidità delle Istituzioni democratiche.
L’ambasciatrice ha fatto notare come i primi aspetti altro non siano che un proseguimento forte e meglio strutturato del lavoro portato avanti da fine febbraio dalla presidenza francese, un lavoro ovviamente stravolto rispetto a quello che il Governo guidato da Emmanuel Macron si era prefissato di svolgere a inizio anno. L’aggressione russa in Ucraina ha comportato un cambiamento geopolitico e strategico radicale del Consiglio, costretto - come le altre Istituzioni europee - a dover studiare i migliori metodi possibili per fronteggiare una crisi migratoria e una crisi energetica mai viste prima e il cui termine è, esattamente come la guerra, impronosticabile.
La patria di Hubáčková è con Polonia, Ungheria, Slovacchia e Austria, tra i Paesi europei più colpiti dal flusso migratorio ucraino e, con esso, dalle problematiche che ne derivano, quale - visto il gran numero di bambini e adolescenti arrivati - le difficoltà linguistiche e l’integrazione nel sistema scolastico. Il Governo ha dunque ben chiaro quanto sia necessario il supporto organizzativo e finanziario dell’Unione, la cui azione si deve svolgere nel rispetto dei principi di solidarietà, efficienza e flessibilità. L’ambasciatrice ha sostenuto come il tema sia senza dubbio uno dei meno consensuali, ricordando i contrasti avuti tra gli Stati membri, Italia in testa, durante l’ondata migratoria proveniente dal nordafrica del biennio 2015-2016, ma si è detta fiduciosa di una stabile coesione come quella vista durante la pandemia. Se lo augura su scala ancora maggiore per quanto riguarda la ricostruzione dell’Ucraina una volta terminato il conflitto. Nel territorio invaso, tante infrastrutture sono state e stanno venendo distrutte, civili, in particolare energetiche. Si stima che a oggi sia di 750 miliardi di euro il costo per rimetterle in piedi, l’unica risposta non può che essere un Piano Marshall strutturato dall’intera comunità mondiale che coinvolga anche il FMI.
Sulla sicurezza energetica, l’agenda da seguire è semplice a parole, ma sempre più complicata nell’attuazione. La presidenza ceca si è prefissata di ridurre drasticamente la dipendenza energetica dalla Russia, l’Unione non si può permettere di essere legata in modo vitale a Paesi che ne minacciano la sicurezza. Allo stesso tempo, non può rallentare la transizione ecologica, anzi, la decarbonizzazione e il passaggio alle energie rinnovabili - attraverso l’implementazione dei piani RePowerEU e Fit for 55 - deve ricevere ancora maggiore attenzione. La crisi climatica è più viva che mai, l’Europa deve sapervi rispondere in modo saggio, restando economicamente sostenibile e competitiva e combinando appropriatamente ogni strumento a sua disposizione.
Si è parlato poi della questione della difesa europea. Secondo Hubáčková, i dilemmi della discussione sono inesistenti. I vari “prima gli Stati nazionali” o “prima l’Europa” o ancora “prima la NATO” sono slogan che non vanno oltre la mera ideologia, concetti lontani da ciò che serve ora, ossia l’implementazione di una bussola strategica. Quella individuata dalla presidenza ceca si sviluppa in modo particolare nei settori delle minacce ibride, allo stesso tempo fisiche e cibernetiche, che avvengono attraverso disinformazione o attacchi alla sicurezza informatica. Sul lato fisico, il collegamento transatlantico è importantissimo, forse ora più che mai, e da Washington come da Bruxelles la risposta in questo senso è estremamente positiva. Lo sviluppo di una cooperazione a lungo termine su sistemi militari strategici è essenziale. Sul lato tecnico, oltre a garantire le capacità necessarie, comprese le capacità di supporto basate sulle tecnologie esistenti, la presidenza ceca intende prestare attenzione alla cooperazione e agli investimenti per ridurre la dipendenza tecnologica, in particolare per quanto riguarda le tecnologie nuove e dirompenti. Ciò attraverso il rafforzamento delle capacità industriali nell’Unione e della sicurezza e cybersicurezza delle Istituzioni, degli organi e delle agenzie dell’UE, oltre alla forte partecipazione nel dibattito internazionale con tutti i partner democratici.
Relativamente all’economia, la forma di resilienza più proficua nel parere della Cechia vede concentrazione sulla fragilità delle catene di approvvigionamento globali e sull’interruzione dei mercati delle materie prime. Questa vulnerabilità, ovviamente dovuta agli shock della storia recente, va compresa nel dettaglio, in modo da poter fornire le protezioni più efficienti. La presidenza ceca vuole accelerare il processo di conclusione di accordi commerciali internazionali e migliorare la cooperazione con gli Stati Uniti nel quadro del TTC, il Consiglio per il commercio e la tecnologia. In più, in agenda rientra un approfondimento del mercato interno incentrato in particolare sui servizi e sull’economia digitale. In tal senso, la presidenza ceca punta a un maggior sostegno alla scienza, alla ricerca e all’innovazione con l’obiettivo di aumentare la competitività delle imprese europee.
Infine, sulla resilienza delle Istituzioni democratiche, non è una novità come l’Unione europea ponga le sue radici nella democrazia e nel corretto funzionamento dello Stato di diritto. Eppure, le sbavature di alcuni suoi Stati membri sono evidenti. Per questa ragione la presidenza ceca ritiene una priorità che ci sia trasparenza nel finanziamento dei partiti politici e indipendenza, pluralismo e libertà dei mass media in ogni angolo dell’Unione. Dice, condivisibilmente, Hubáčková: il sostegno e il rafforzamento di libertà, diritti umani e valori, il sanzionamento dei comportamenti scorretti, è ciò che ci distingue dalla Russia di Putin, e deve essere il nostro punto forte.
Il documento programmatico della presidenza ceca - che dai cinque punti strategici prende il titolo: Europe as a Task: Rethink, Rebuild, Repower - si sviluppa poi nei principali compiti delle varie formazioni che compongono il Consiglio dell’Unione europea. Per il proprio ruolo di ambasciatrice, Hana Hubáčková ha ovviamente particolare interesse nel seguire le priorità settoriali del FAC, il Consiglio degli Affari esteri. Questo, oltre allo sviluppo della partnership con gli Stati Uniti, ha posto nei suoi compiti uno sviluppo delle relazioni con i Paesi dell’indo-pacifico, del Sahel, dell’Unione orientale (Armenia, Azerbaijan, Georgia, Moldova e Ucraina) e dei Balcani occidentali, con questi ultimi in ottica di un futuro allargamento dell’Unione europea. I Paesi che aspirano allo status di Stati membri non vanno infatti lasciati da soli, ma sostenuti nel prosieguo delle attività che hanno a obiettivo il completamento dei criteri di Copenhagen. Gli ambasciatori svolgono un lavoro eccezionale durante questo semestre, si pensi che a Bruxelles si vogliono raggiungere risultati concreti entro dicembre da circa 2000 gruppi di lavoro e incontri tra diplomatici. Un lavoro eccezionale che caratterizza una presidenza eccezionale, la quale prevede altresì 50 riunioni dei Ministri cechi con le loro controparti dei Paesi europei, più di 320 eventi politici e 14 Consigli ministeriali informali in Repubblica Ceca, un vertice informale dei Capi di Stato e di Governo a Praga e una puntuale comunicazione esterna sul sito web della Presidenza e su ogni canale social.
Ma l’attenzione di Hubáčková, come d’altronde quella di ogni buon europeo, non si limita al proprio ambito di competenze. C’è curiosità e - per il clima costruttivo in corso - fiducia nelle riunioni del Consiglio di ottobre. Oltre ai temi migrazioni, energia e difesa, tiene banco la questione ambientale, di cui si attendono gli sviluppi.
Finora, la Repubblica Ceca ha svolto il ruolo di presidenza del Consiglio con la consapevolezza di quanto sia necessaria un’Europa unita nella lotta alle crisi, liberandosi così dello spettro di Visegrád che aleggiava preoccupantemente in estate. A gennaio comincerà un nuovo semestre, guidato da una Svezia fresca di un Governo sostenuto dagli euroscettici di Sverigedemokraterna. Per il bene dell’Unione, la speranza è che sappia sorprenderci anche la prossima presidenza.
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