Crisi in Medio Oriente: impotenza nazionale o governo federale?

, di Roberto Castaldi

Crisi in Medio Oriente: impotenza nazionale o governo federale?
Panorama di Teheran, capitale dell’Iran. By TELLURIDE 749, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=85094753

La situazione in Medio Oriente e Nord Africa mostra in tutta la sua gravità l’assoluta e completa impotenza degli europei. Il rinvio a data da destinarsi della missione in Libia dell’Alto Rappresentante e dei ministri degli esteri nazionali dei Paesi europei più coinvolti che dovevano accompagnarlo è solo l’ultimo esempio. Il tutto mentre altri attori, come la Turchia, inviano addirittura i propri soldati nell’area. Il fatto che gli USA abbiano informato vari alleati Mediorientali, ma non gli europei, dell’imminente raid per uccidere il generale Suleimani è indicativo della nostra irrilevanza nell’area.

Ha ragione Panebianco quando sostiene che comunque tra i regimi autoritari di Russia, Cina, Iran e gli USA, anche con la presidenza Trump, la vicinanza di valori sia maggiore con gli USA. Ma non si può nemmeno fingere che l’alleanza transatlantica e la garanzia americana della sicurezza europea siano solide come in passato. E l’azione di Trump difficilmente segna un cambio di strategia: la priorità strategica americana resta lo scontro egemonico mondiale con la Cina, che si decide nel Pacifico. La destabilizzazione del Medio Oriente è frutto del disimpegno americano, che nel medio periodo resta l’opzione prevalente. In un anno elettorale Trump ha risposto alle immagini dell’assedio dell’ambasciata USA a Baghdad che ricordavano quella di Teheran del 1979 che costarono la rielezione a Carter, per evitare di fare la stessa fine. Che gli effetti possano essere deleteri per il Medio Oriente e l’Europa non era necessariamente una considerazione preminente.

Il punto fondamentale, su cui è indispensabile un dibattito pubblico e una presa di coscienza, è che l’Europa è stata un consumatore di sicurezza dal 1945 e ora deve dotarsi degli strumenti per poter produrre almeno una parte significativa della propria sicurezza. L’attuale debolezza europea è auto-inflitta e non inevitabile. Il fatto che un polo economico analogo a USA e Cina sia sostanzialmente sprovvisto di capacità militari è un’anomalia, non un dato immodificabile. È una situazione dovuta al fatto che in materia di politica estera, di sicurezza e di difesa gli europei restano sostanzialmente divisi.

Il vecchio motto secondo cui l’Unione è “un gigante economico, un nano politico e un verme militare” indica che gli europei sono forti dove le competenze e i poteri sono stati affidati, almeno in buona parte, all’Unione. Laddove competenze e poteri sono nazionali, siamo nani o vermi. Indica in sostanza che l’Unione è forte e gli Stati membri deboli. E questo non riguarda solo l’Italia – la cui debolezza è particolarmente evidente – ma tutti gli Stati membri, inclusi Francia, Regno Unito e Germania. Quando Francia e Regno Unito hanno deciso l’attacco in Libia, hanno finito le munizioni di precisione in pochi giorni e sono stati costretti a chiedere aiuto agli USA! Per non parlare dei disastrosi risultati di quell’azione, priva di una strategia di stabilizzazione post-Gheddafi.

Non è solo una questione di risorse. Gli europei nel loro insieme hanno la 3° spesa militare mondiale dopo USA e Cina: cioè spendono per la difesa più della Russia, della Turchia, dell’Iran, dell’Arabia Saudita, di Israele, dell’Egitto, che pure sono attori rilevanti e attivi nella nostra area di vicinato. È il fatto di avere 28 difese nazionali, la mancanza di standardizzazione dei sistemi d’arma, la struttura della spesa – incentrata sugli stipendi del personale invece che in ricerca, materiali, ecc. – che fa sì che a tale spesa non corrisponda una capacità militare efficace e adeguata alle sfide alla nostra sicurezza. Non è nemmeno detto che creare un efficace difesa europea implichi necessariamente abolire tutti gli eserciti nazionali. In un bel libro Domenico Moro propone per l’UE il modello della “dual army”, che ha caratterizzato gli USA fino a pochi decenni fa, con un piccolo esercito federale e delle milizie degli Stati, mobilitabili da parte federale in determinati momenti e condizioni. E va sfruttata al meglio l’esperienza europea nelle missioni civili, in una concezione della sicurezza e della difesa in cui gli elementi civile e militare sono integrati in maniera strutturale. L’UE non sarà mai una super-potenza militare. Ma deve dotarsi di quelle capacità minime indispensabili a garantire la propria sicurezza e a favorire la stabilizzazione dell’area di vicinato.

Von der Leyen ha colto che nel pericoloso contesto globale è la sicurezza la sfida cruciale, il bisogno essenziale dei cittadini cui l’UE deve rispondere. Ma l’idea di una Commissione “geopolitica” si scontra con l’assenza di competenze e poteri adeguati, nonostante i primi passi avanti della Cooperazione Strutturata Permanente sulla Difesa. Se dalla crisi mediorientale emergerà una seria volontà di procedere all’unione politica, riformando i Trattati, procedendo verso una politica estera, di sicurezza e di difesa europea affidate ad un vero governo federale – per cui in missione andrà il Ministro degli esteri europei, senza bisogno di essere accompagnato dai ministri nazionali per far vedere che quello che dice sarà davvero seguito dagli Stati membri – torneremo rilevanti - a chi piace il termine «sovrani» - e in grado di tutelare i nostri interessi e valori. Il resto sono parole vuote per ingannare i cittadini e fingere che gli Stati nazionali possano provvedere alla loro sicurezza. Un’ipocrisia che ci rende impotenti e insicuri.

Articolo originariamente pubblicato su http://castaldi.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/01/06/crisi-in-medio-oriente-impotenza-nazionale-o-governo-federale/ e qui ripubblicato col consenso dell’autore

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