Il 2023 volge al termine. In questo periodo, di solito, si traggono le somme di quanto passato. Ma siamo onesti, stiamo parlando di trecentosessantacinque lunghi giorni, è sempre difficile bilanciare i momenti positivi e i momenti negativi per dire se sia stato un anno sì o un anno no. E se è difficile per una singola persona, figuriamoci per l’intero pianeta.
La Terra, da gennaio a oggi, ne ha viste davvero tante: l’ingresso della Croazia nell’Area Euro, l’incoronazione a Londra di Re Carlo III, l’ufficiale fine della pandemia da Covid-19 come emergenza globale, l’approvazione al Parlamento europeo di un progetto di riforma dei Trattati, pure il Manchester City che - dopo centoventinove anni di storia - solleva al cielo il trofeo della UEFA Champions League.
Non sono mancati momenti shock come l’arresto di Matteo Messina Denaro, il mandato di cattura internazionale All’Aja per Vladimir Putin e il quasi Colpo di Stato in Russia. Nemmeno sono mancati i ritorni, e purtroppo questi sono raramente gratificanti. Si è riacceso il conflitto israelo-palestinese, come si è riaccesa la guerra del Nagorno-Karabakh, e, manco a dirlo, abbiamo nuovamente assistito inermi a tragici casi di naufragio di migranti nel Mediterraneo.
Insomma, guardare al passato è complicato, non è un’operazione che si può compiere spensieratamente. Al contrario, proiettarsi direttamente nell’anno prossimo ad aprirsi, nel futuro che è ancora tutto da scrivere, può essere divertente e motivare a rimettersi subito in gioco.
Queste sono dieci cose che la redazione di Eurobull vuole vedere nel 2024, anno bisestile, anno del dragone, anno che speriamo ci porti numerose occasioni di gioire.
- Il proseguimento del percorso di integrazione europea
A giugno, i cittadini europei saranno chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento di Strasburgo. A questo appuntamento ci arrivano con la consapevolezza che l’Unione europea, nel corso dell’ultima legislatura, abbia fatto notevoli passi avanti. Basti pensare alla strategia congiunta per le vaccinazioni anti Covid e al piano di ripresa Next Generation EU.
L’augurio è che il percorso non si inceppi proprio ora, quando le necessità europee sono sotto gli occhi di tutti. Serve una politica estera e di difesa efficace che faccia dell’Unione un attore globale credibile, serve un piano sempre più ambizioso per contrastare la crisi climatica, serve un’unione fiscale e serve riformare le Istituzioni - come ha chiesto il Parlamento europeo - anche per velocizzare l’adesione di nuovi Stati membri, quali Ucraina, Moldavia e Georgia.
- La non-spettacolarizzazione delle elezioni statunitensi
Qualche mese più tardi rispetto agli europei, anche gli statunitensi andranno a votare. Per i democratici, a scanso di sorprese, ci sarà la ricandidatura dell’attuale Presidente Joe Biden, ma chissà che all’ultimo non rinunci per lasciare spazio - come si pensava al momento della sua elezione nel 2020 - alla sua vice Kamala Harris. Per i repubblicani, quello dell’ex Presidente Donald Trump sembra essere il nome più accreditato. Ma la recente sentenza della Corte Suprema del Colorado che lo esclude dalle primarie in virtù della violazione del quattordicesimo emendamento - verificatasi nell’assalto a Capitol Hill del 2021, per cui il Tycoon è stato definito coinvolto - potrebbe cambiare le carte in tavola.
Ciò che vogliamo vedere è una campagna elettorale prima e un’elezione poi che si basi in tutto e per tutto sulla politica, senza spettacolarizzazioni, finti Colpi di Stato e “stop the count” vari. Pura politica. Per la Land of Free.
- Un voto democratico in tutto il mondo
Il 2024 è proprio l’anno del voto: tornate elettorali si svolgeranno in 76 Paesi, corrispondenti a circa il 51% della popolazione mondiale. Oltre che all’Unione europea e negli States, si voterà nella più grande democrazia del mondo, l’India, nonché nel vicino Bangladesh. Si voterà poi in vari Stati in Centro e Sud America, come in Venezuela e in El Salvador. Pure a Castelplanio (AN)!
Non tutte le chiamate alle urne si svolgeranno però in Paesi democratici. In Russia, per esempio, dove il voto si svolgerà il 17 marzo, la rielezione di Vladimir Putin sembra quasi assicurata. Con la Commissione elettorale centrale russa che, il 23 dicembre scorso, ha respinto, adottando scuse ben poco plausibili, la richiesta della candidata Ekaterina Duntsova di presentarsi alle elezioni, ci si aspetta una partecipazione democratica unicamente di facciata. D’altronde, abbiamo già assistito molteplici volte a scene del genere, basti pensare alle presidenziali in Egitto vinte da Abdel Fattah al Sisi solo pochi mesi fa.
Nell’anno che verrà vogliamo vedere una democrazia sempre più effettiva, almeno al voto, dalle aree più centrali a quelle più periferiche del mondo. Qualcuno direbbe in tutto il globo terracqueo. La storia che ci ha portato fino a oggi ci ha insegnato come questa sia la scelta corretta, non per forza attraverso l’esito, ma di certo attraverso la sua applicazione.
- Il Rinascimento non arabo, ma della pubblica discussione
Al di là delle battute su Matteo Renzi e il famoso Rinascimento arabo, quello di cui sarebbe davvero interessante vedere una rinascita - anche in vista delle elezioni europee del 2024 - è il dibattito pubblico. Non semplicemente mettere due persone che nella catena evolutiva sono rimaste indietro e forse rappresentano l’anello mancante che Charles Darwin cercava nel XIX secolo. Intendiamo proprio parlare del dibattito pubblico, la capacità di sedersi, ascoltare, riflettere e rispondere dopo aver ponderato la risposta. E con ponderazione non si intende aver pensato il peggiore insulto possibile o la più grande idiozia.
Manca questo al dibattito politico più o meno da quarant’anni. La capacità di parlare senza creare un “Io vs. Te”, un nemico palese che deve essere distrutto e demolito, come se fosse l’incontro tra un cattolico e un luterano, diciamo poco dopo la prima Defenestrazione di Praga. Il dibattito e il discorso sono il fulcro della democrazia rappresentativa. Diciamo, sono il fulcro di un sistema liberale sano che voglia sopravvivere al suo peggior nemico: sé stesso. Per un sistema come quello democratico-liberale, non parlare o non sapere come discutere sono forse i suoi drammi esistenziali peggiori. C’è bisogno di riscoprire il sano dibattito come fondamentale parte del modus vivendi della politica. Il dibattito è fatto non su slogan e offese, ma su posizioni che sono certamente ideologiche, ma difese perché proprie e non attaccate perché di un altro.
La riscoperta del dibattito e del discorso, intensi come operazione epistemologica, è probabilmente una delle cose che più di tutte spero e invoco per il 2024. Vedere la politica non più come un semplice duello di spada, ma come un vero percorso che mira a far crescere le posizioni anche antitetiche, ma sempre fedeli allo spirito della democrazia, della libertà individuale. La crescita del dibattito, la sua maturità, sono parallele alla crescita dello spazio del dibattito, e alla partecipazione di ogni componente sociale in essa. Certo, non sarà il metodo più efficiente, ma è il metodo più rispettoso delle persone e dei cittadini, anche al costo a volte di maggiore lentezza nel prendere decisioni.
- La miglior risoluzione possibile dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente
“Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti. Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze.” Con queste parole chiudeva il 2022, con il classico discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Dire che i suoi auspici non si siano concretizzati è riduttivo.
Nel corso dell’anno che va a concludersi, non solo è proseguita l’invasione russa in Ucraina, configurando oggi un terribile scenario in cui, anche a causa del minor interesse al sostegno del Paese invaso da parte proprio di Stati europei quali l’Ungheria e la Slovacchia, Kiev sembra essere messa in seria difficoltà, ma sono nuovamente esplosi dei conflitti molto vicini a noi. A settembre, l’Azerbaijan ha fatto propri i territori del Nagorno-Karabakh e fa fatto intendere la possibilità di attaccare l’Armenia per collegare direttamente la sua area sul Mar Caspio e quella confinante con la Turchia, a ottobre, con gli attentati di Hamas nel Distretto Meridionale israeliano, è ricominciata la decennale guerra in Medio Oriente tra Palestina e Israele.
Se dicessimo che nel 2024 vogliamo vedere la pace nel mondo saremmo presi per sognatori, o per aspiranti Miss Italia. Ma come Mattarella lo scorso dicembre e come ogni persona sana, anche noi non ne possiamo più di sentire, leggere, vedere inutili spargimenti di sangue.
Ecco perché ciò che ci auguriamo è la miglior risoluzione possibile di questi conflitti. In Est Europa, con un’Ucraina pienamente sovrana almeno dei territori che le appartenevano prima del febbraio 2022, se non anche del 2014, e che possa proseguire il suo percorso di integrazione europea, con un Vladimir Putin sottoposto a giusto processo alla Corte penale internazionale e con una Russia che abbandoni i propositi imperialisti e ambisca alla democratizzazione. Al di là del Mediterraneo, con un immediato cessate il fuoco, con l’eliminazione del terrorismo da una parte e della politica guerrafondaia dall’altra e con l’avvio di pratiche serie, imparziali e senza secondi fini (forza Risoluzioni ONU che stavolta ce la fate) che possano permettere il quieto e libero vivere su quello stesso territorio di palestinesi e israeliani.
- Più impegno nella lotta al cambiamento climatico
L’alluvione in Emilia Romagna della scorsa estate, la siccità, la progressiva desertificazione dell’Amazzonia e le vacanze invernali dalle temperature miti che stiamo attraversando ci ricordano che, mentre il Governo criminalizza gli eco-attivisti e la presidenza della COP28 alimenta il negazionismo climatico (celebri le parole di Al Jaber: “nessuna scienza dimostra che un’uscita dai combustibili fossili è necessaria per limitare il riscaldamento globale”), la Terra continua a morire.
Lo stop ai veicoli con motori a combustione interna entro il 2035 e, più in generale, il Fit for 55 e il Green Deal europeo sono indice delle buone intenzioni dell’Unione europea; buone intenzioni che è necessario rafforzare nell’ambito dell’Unione e sviluppare anche su livelli ad essa sottostanti tanto quanto sovrastanti. Il cambiamento climatico è qui e rappresenta un’emergenza attuale il cui contenimento non può essere rimandato al futuro (come finora è stato fatto e come, in larga parte, si continua a fare); il tempo dei programmi è finito ed è arrivato quello delle azioni.
Per il nuovo anno vogliamo quindi vedere maggiore determinazione nella sfida per salvare il pianeta: vogliamo vedere Istituzioni che promuovano la fiducia nella scienza anziché minarne le basi, vogliamo vedere una transizione ecologica che sia una transizione equa e socialmente giusta, che non lasci indietro nessuno e che riduca le disuguaglianze sociali anziché aumentarle, vogliamo vedere consessi internazionali come le Cop cessare di essere riunioni informali e assumere invece la forma di luoghi dove si decide, con serietà, coscienza e effetti vincolanti, come salvaguardare il futuro dell’umanità (nell’interesse dell’umanità stessa e non delle multinazionali o degli Stati).
Vogliamo che non si abbia paura a compiere le scelte più adatte a preservare la nostra esistenza e quella di tutti gli altri esseri viventi, anche a costo di porre freni al progresso e allo sviluppo economico.
- La fusione nucleare, o almeno i nuovi progressi in campo energetico
Indubbiamente, quello che piace a tutti è poter stare sui social, gustarsi un viaggio in auto, andare in bellissimi hotel mentre si viaggia o anche solo avere l’energia per scattare la foto all’aurora boreale. Quel che conta, è che per tutto questo serve sempre l’energia. Energia che, ora più che mai, ci serve sia pulita che rinnovabile. Tra le potenziali fonti di energia pulita davvero funzionali al fabbisogno - enorme - della società umana, forse la fusione è tra le potenzialmente davvero groundbreaking. Chiariamo, non sarà il 2024 l’anno in cui ci scopriremo capaci di controllare, come novelli avanzati Prometeo, il fuoco del Sole.
Sarebbe però un bel 2024 se fosse scandito da successi nelle tecnologie di contenimento della potenza della fusione - spoiler, sappiamo fare delle bombe a fusione - e di fare quindi abissali passi in avanti per una fonte di energia che, a costo ambientale quasi zero, potrebbe rivoluzionare il nostro apparato produttivo tout court.
L’Unione europea, tramite le sue infrastrutture di ricerca, i programmi congiunti e la ricerca condotta in seno a enti come il JRC (Joint Research Center), sperimenta e investe in migliorare le tecnologie di produzione energetica ad oggi disponibili, ma anche e soprattutto nell’aprire vie nuove - i.e., nuove tecnologie di stoccaggio, i bio-carburanti e altre cose fantascientifiche simili. Nel 2024, sarebbe bello se qualcuno dei semi possa iniziare a dare dei parziali risultati che possano essere un po’ anche speranza per un futuro che, spesso, si fa fin troppo tetro.
- Più fiducia nella GenZ
Nel 2023, abbiamo assistito a un coinvolgimento straordinario dei giovani (quelli che oramai chiamiamo tutti la GenZ) in molteplici cause, dalle proteste per il clima che vanno ormai avanti dal 2018, alle più recenti dimostrazioni a seguito del femminicidio di Giulia Cecchettin. Questo fervente impegno dei giovani è un segnale chiaro del loro desiderio di partecipare attivamente alla costruzione di un futuro migliore. Mentre ci avviciniamo al 2024, è necessario una volta per tutte spostare l’attenzione da un atteggiamento colpevolizzante a uno di fiducia nei confronti di questa generazione.
Le nuove generazioni hanno dimostrato di possedere una consapevolezza sociale e ambientale senza precedenti, guidando i movimenti che hanno messo in discussione lo status quo e hanno esortato le istituzioni a rispondere alle sfide dal piano locale a quello globale (dagli affitti universitari al clima). Finora, sembrerebbe che l’atteggiamento delle generazioni “adulte” sia stato quello di criticare le loro azioni o dubitare delle loro intenzioni, cosa che storicamente è sempre successa nel confronto intergenerazionale. Tuttavia, forse possiamo pensare che sia giunto il momento di riconoscere il loro potenziale e dar loro fiducia nel plasmare la società del futuro.
Proprio perché storicamente le generazioni dei padri sono sempre state in conflitto con quelle dei figli, il confronto generazionale non è facile ma arriva un momento in cui esso diviene necessario: sono i giovani, infatti, i portatori di idee innovative e soluzioni creative alle sfide attuali come il clima, l’AI, i diritti dei lavoratori. Di conseguenza è stata ciclicamente la loro “fiamma” a far progredire la società.
Nel 2024 decolpevolizzare e investire nei giovani significa investire in una società più equa e più sostenibile, una nuova comunità globale. Non sono molti i progressi che si possono fare in un anno, ma la GenZ lo chiede ormai da tempo: accogliere e sostenere le loro iniziative e le loro cause per investire nel futuro collettivo di tutti.
- L’umanità nei Giochi olimpici di Parigi
Ad agosto si svolgeranno a Parigi i Giochi della trentatreesima Olimpiade. Per noi italiani, i ricordi delle imprese azzurre alle scorse di Tokyo sono ancora vividi: Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi che vincono l’oro a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, rispettivamente nei 100 metri piani e nel salto in alto, sempre Jacobs, con Lorenzo Patta, Fausto Desalu e Filippo Tortu che fanno loro la staffetta 4x100, l’arto quartetto, quello composto da Simone Consonni, FIlippo Ganna, Francesco Lamon e Jonathan Milan, che eccelle su due ruote, e ancora il trionfo di Massimo Stano e Antonella Palmisano nella marcia, l’inaspettata medaglia di Gregorio Paltrinieri nella maratona di nuoto. Potremmo andare avanti all’infinito nell’elencare a memoria quanto accaduto quattro - pardon, tre, maledetto Covid - anni fa.
Non sono però le vittorie e gli strabilianti gesti atletici che vogliamo vedere per prima cosa ai Giochi. Sembra infatti che quanto li ha circondati nella scorsa edizione sia passato più velocemente di Usain Bolt sul tracciato di Londra nel 2012. Ci riferiamo alla Repubblica Islamica dell’Iran che si presentava nello stadio di Shinjuku a Tokyo con Hanieh Rostamian, una donna, nel ruolo di portabandiera, a Simone Biles che si ritirava senza paura rompendo il tabù della sanità mentale, a Kryscina Cimanoŭskaja che trovava la forza di denunciare l’oppressione del Governo bielorusso anche in ambito sportivo.
Piccoli ma grandi gesti che hanno il potenziale di colpire tutto il mondo e, magari, di cambiarlo in positivo. Immagini simili, ma che provochino un concreto impatto, che siano ricordate negli anni anche più delle vittorie, questo vogliamo vedere a Parigi.
- Il racconto di ciò che sarà, qui su Eurobull.it
Quest’anno, come negli ultimi, vi abbiamo raccontato di attualità, di politica e di geopolitica, di economia, di Italia, di Europa, abbiamo commentato ed espresso opinioni su un’infinità di temi, e non sarà il 2024 a fermarci. Vogliamo continuare a vedere il nostro sito ricco di informazioni e di spunti di riflessione e vogliamo vedere un confronto sempre più vivo con voi lettori.
Vogliamo anche vedere la nostra redazione allargarsi ancora, quindi cogliamo l’occasione per invitarvi, una volta di più, a collaborare con noi, specie nei prossimi mesi che, come abbiamo detto volutamente in apertura, sono ancora tutti da scrivere. Chissà, magari potrebbe essere uno dei vostri buoni propositi.
Da tutto il team di Eurobull.it un augurio di buon 2024!
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