Lo scorso 13 dicembre, superando l’opposizione dei Governi nazionalisti, è stato raggiunto l’accordo per il global compact for migration. Questo progetto rappresenta un importante passo avanti a livello mondiale per la cooperazione e il coordinamento nella gestione dei fenomeni migratori. Vuole combattere la clandestinità che, in mano alla criminalità organizzata, mette a rischio la vita dei migranti e potenziare le vie legali.
L’idea di affrontare a livello globale questa emergenza fu lanciata all’ONU nel 2016, dal Presidente Obama: un Protocollo ”per una migrazione sicura, ordinata e regolare”. Di fronte a 258 milioni di migranti nel mondo che vivono fuori dal loro paese di nascita, che, per varie cause, hanno abbandonato il proprio Paese di origine, il protocollo, sottoscritto da 193 Paesi, si proponeva di “introdurre elementi di governo, di razionalizzazione del fenomeno”. Nessuno, si affermava, per il fatto di aver scelto di emigrare, deve perdere i propri diritti fondamentali: alla sicurezza, alla dignità, all’integrità fisica, alla protezione internazionale, ad un lavoro equamente retribuito.
I Paesi favorevoli a questo protocollo si impegnavano «a cooperare per salvare vite e prevenire la morte o il ferimento di migranti attraverso operazioni di ricerca e soccorso congiunte o individuali». Si impegnavano, ancora, a rafforzare la cooperazione globale tra gli Stati e le Organizzazioni Internazionali per gestire i fenomeni migratori in aiuto ai Paesi più esposti al fenomeno sia in ingresso sia in uscita. Nei confronti dei primi si proponeva di predisporre programmi di sostegno mirati a «ridurre al minimo le misure di detenzione dei migranti irregolari» assicurando che abbiano accesso ai servizi di base, di favorirne la piena integrazione sociale e di eliminare "qualsiasi forma di discriminazione e combattere qualsiasi espressione di razzismo, intolleranza e xenofobia”. Riguardo ai secondi si proponeva, in collaborazione con i Paesi dai quali provengono le migrazioni, di facilitare gli accordi di riammissione e contemporaneamente di promuovere programmi di sviluppo economico e sociale.
Dopo 18 mesi di consultazioni e negoziazioni tra governi, esperti, società civile, rifugiati, il 10-13 dicembre 2018 a Marrakech, è stata convocata dall’ONU una conferenza internazionale. L’obiettivo del summit non era solo quello di confermare il consenso agli accordi raggiunti a New York nel settembre del 2016, ma soprattutto di adottare decisioni sul piano operativo.
Il global compact for migration, ha sostanzialmente confermato gli obiettivi citati nel protocollo del 2016. 164 Paesi hanno sottoscritto il “Patto mondiale per migrazioni sicure, ordinate, e regolari”. Il documento si articola su 23 obiettivi volti a migliorare la gestione delle migrazioni ai livelli locale, nazionale, regionale, mondiale. Con tutti i limiti derivanti dalla natura intergovernativa dell’accordo, il Global compact apre una importante strada alla gestione cooperativa dell’immigrazione, dell’accoglienza e dell’asilo che contribuirà anche a rendere più trasparenti i comportamenti degli attori coinvolti.
Nonostante l’accordo non limiti la sovranità statale una quindicina di governi sovranisti hanno negato l’adesione. Lo accusano di “distruggere i confini e gli Stati nazionali e favorire l’immigrazione incontrollata”. Fanno leva sulla paura dello straniero per chiudere le frontiere, erigere muri, varare leggi speciali.
Il documento, che è stato approvato a Marrakech assume di conseguenza un alto valore politico e morale.
L’accordo è stato contestato da Stati Uniti, Australia, Repubblica Dominicana. Hanno rinviato la decisione Italia, Svizzera, Bulgaria, Estonia, Israele, Slovenia. In Belgio l’adesione ha comportato la caduta del governo.
I Paesi dell’Unione europea non hanno trovato un’intesa comune. Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Lettonia hanno rinviato la decisione. Non sottoscrivendo l’accordo hanno gravemente danneggiato l’immagine unitaria dell’Europa. Inoltre, scegliendo l’isolamento rischiano di essere più esposti e deboli di fronte al fenomeno. Solo la cooperazione, come indica il global compact for migration, può aprire e potenziare le vie legali alle migrazioni.
Analogamente a quanto sta emergendo a livello mondiale in Europa il tema dell’aumento delle migrazioni è al centro del dibattito politico. Tra i molti studi e proposte venute alla luce in questi anni, la Fondazione Delors, presieduta da Enrico Letta, in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo (24-26 maggio 2019) ha lanciato un progetto “Per una politica dell’asilo, delle migrazioni e della mobilità in Europa“.
Partendo dalla constatazione che il tema dell’immigrazione ha sconvolto gli equilibri del vecchio continente avanza una serie di proposte sulle misure europee necessarie ad affrontare questo problema. Si rivolge tanto ai candidati alle prossime elezioni europee quanto ai cittadini. Sottolinea la necessità che il fenomeno venga affrontato in un’ottica continentale e non nazionale.
Sul piano operativo propone: 1) armonizzazione europea delle condizioni di accesso all’asilo 2) protezione delle frontiere esterne europee con un’agenda federale che integri la capacità nazionali, 3) rafforzamento dell’immigrazione legale di lavoratori provenienti soprattutto dall’Africa, 4) creazione di una partnership Europa-Africa per lo sviluppo e la gestione dell’immigrazione.
Per realizzare questi obiettivi la Fondazione Delors indica la costituzione di un “pool europeo di solidarietà”, un patto tra un gruppo di paesi dell’Unione europea, che decidono di condividere le misure e le procedure da adottare rispetto all’immigrazione. Lo strumento della cooperazione rafforzata (come prevedono i Trattati) permette ai Paesi membri favorevoli di agire senza essere bloccati dai Paesi contrari.
L’Europa, afferma la Fondazione Delors, deve prepararsi a fronteggiare razionalmente le prossime prevedibili emergenze legate all’immigrazione e non può farlo senza adottare misure regolatrici comuni. Il momento è favorevole perché i flussi migratori sono diminuiti. Jérome Vignon, autore del rapporto, è ottimista rispetto alla possibilità che le misure proposte possano superare gli ostacoli a livello europeo ed essere rapidamente adottate, in quanto non comportano la modifica dei Trattati europei vigenti e le connesse lunghe procedure.
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