Grand Tour 2.0: viaggio tra le Regioni italiane

Grand Tour 2.0: carri armati fatti in casa e piccole imprese, benvenuti in Veneto

, di Amanda Ribichini

Grand Tour 2.0: carri armati fatti in casa e piccole imprese, benvenuti in Veneto

La rubrica di Eurobull di analisi sulle Regioni d’Italia prosegue con il Veneto. Regione estremamente ricca, ma non per questo priva di problemi, questioni aperte e personaggi particolari.

  • Area: 18 345,35 km²
  • Capoluogo: Venezia
  • Province: 7 (Belluno, Padova, Rovigo, Vicenza, Venezia, Verona, Treviso)
  • Abitanti: 4.837.073

Presidente: Luca Zaia (Lega), dal 2010

Composizione della Giunta regionale: Luca Zaia (Presidente, Lega), Elisa De Berti (Vicepresidente, Lega), Giampaolo Bottacin (Lega), Francesco Calzavara (Zaia Presidente), Federico Caner (Lega), Cristiano Corazzari (Lega), Elena Donazzan (FDI), Manuela Lanzarin (Lega), Roberto Marcato (Lega)

Composizione del consiglio regionale:

  • Lega Salvini Premier: 14
  • Fratelli d’Italia-AN: 5
  • Zaia Presidente: 19
  • Forza Italia-Autonomia per il Veneto: 2
  • Lista veneta autonomia-Gruppo misto: 2

Totale maggioranza: 41 consiglieri + Presidente di regione

  • Partito Democratico: 6
  • Il Veneto che Vogliamo: 1
  • EV-Verdi: 1
  • M5S: 1
  • Gruppo misto: 1

Totale opposizione: 10 consiglieri

Per un totale di 20 donne e 31 uomini

Se dico “Veneto”, cosa vi viene in mente? Se qualcuno me l’avesse chiesto un paio di anni fa, avrei risposto rapidamente “Venezia”. Oggi mi rendo conto che sarebbe stata una risposta abbastanza superficiale, quasi da turista straniero. A due anni di distanza, e con cinque coinquilini veneti di mezzo, la mia conoscenza di questa Regione si è molto approfondita, e con questo articolo spero di restituirvela, almeno in parte.

La storia di questa Regione è significativa per capire come si è arrivati al Veneto che conosciamo oggi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Veneto è ancora una Regione molto povera, con un livello di istruzione al di sotto della media nazionale e l’economia ancora quasi completamente legata all’agricoltura. Tuttavia, il territorio inizia rapidamente una industrializzazione, seguendo un modello del tutto nuovo in Italia: se alle città industriali urbane si contrapponeva la campagna, in Veneto, per la prima volta, si viene a creare un sistema di piccole industrie diffuso su tutto il territorio, favorito dalle politiche locali portate avanti dalla Democrazia Cristiana. “Una fabbrica per campanile”, è questa la frase che può riassumere bene il cosiddetto “Modello Veneto”. Questo modo di industrializzazione, oltre a essere funzionale alla politica (meno concentrazione di fabbriche vuol dire anche meno concentrazione di operai e sindacati), ha creato una nuova classe sociale, i “metalmezzadri”, ovvero mezzadri che poi hanno avviato una loro piccola impresa.

Oggi che l’economia ha notevolmente rallentato, la Regione deve però affrontare problemi strutturali legati al periodo del boom economico. E per “problemi strutturali”, intendo proprio i capannoni fisici. Difatti, dei più di 90mila capannoni che erano stati costruiti in tutta la Regione, oggi 11mila di essi sono abbandonati. La costruzione selvaggia ha reso il Veneto la seconda Regione (dopo la Lombardia) per consumo di suolo, con il 12% di territorio ricoperto di asfalto o cemento. Nel 2017, il Consiglio regionale ha approvato una legge sul consumo del suolo, che però è stato notevolmente criticato per le numerose deroghe che contiene.

La storia imprenditoriale della Regione si intreccia con quella politica. Infatti, proprio dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, iniziò a crearsi un movimento indipendentista che si rifaceva alla storia della Serenissima Repubblica di Venezia e che contestava la validità del plebiscito svoltosi nel 1866 con cui il Veneto veniva annesso al Regno d’Italia. La spinta autonomista si concretizzò poi nel 1979 con la fondazione, a Padova, della Liga Veneta. Questo movimento contribuirà, dieci anni dopo, alla nascita della Lega Nord, di cui oggi è una costola importante. Questo movimento indipendentista non si è mai fermato, e ha avuto anche dei risvolti alquanto divertenti.

Un esempio sopra tutti è l’attacco al campanile di San Marco con il “tanko” nel 1997. Tra l’una e le due di notte del 9 maggio 1997, infatti, un gruppo di uomini, in seguito ribattezzati “I Serenissimi”, occuparono Piazza San Marco, salendo sull’omonimo campanile. La peculiare milizia era dotata di una sola arma, e di un mezzo blindato fatto in casa, innocuo, che chiamavano appunto “tanko”. L’obiettivo del gruppo era tenere sotto occupazione il campanile fino al 12 maggio, in cui sarebbero ricorsi i 300 anni dalla fine della Repubblica Veneta.

La spinta autonomista veneta però non si declina solamente in fatti curiosi, ma in vere e proprie mosse politiche. Il momento più importante di questi è il referendum consultivo svoltosi nel 2017.

Il referendum, promosso sin dal 2014 dal Consiglio regionale, si è svolto in parallelo con quello in Lombardia. Il testo del quesito era “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?“. Il risultato fu plebiscitario, con il sì al 98,1%. Più importante, fu superato il quorum, con l’affluenza alle urne al 57,2%. A seguito di questo, il Consiglio regionale ha iniziato una trattativa con il Governo centrale per la cessione di determinate competenze, ma si è giunti presto a un nulla di fatto. Tale autonomia è ancora fortemente rivendicata dal Presidente Luca Zaia, ormai alla guida del Veneto per il terzo mandato, dal 2010. Ad oggi è forse il Presidente di Regione più amato d’Italia. Alle ultime elezioni, nel 2020, la lista “Zaia Presidente” ha ottenuto il 44,6% dei consensi, contro il 16,9% della Lega Nord, a cui lo stesso Presidente appartiene, a significare un apprezzamento del tutto personale verso la figura di Zaia. Complici del successo di Zaia, il suo essere vicino alla popolazione veneta. Durante la pandemia teneva una conferenza stampa giornaliera per monitorare la situazione, risultando così uno dei pochi Governatori a “metterci la faccia”. Frequenti sono i suoi richiami all’autonomia veneta, e l’esaltazione della cultura regionale risulta essere un suo cavallo di battaglia. Questa linea comunicativa, però, non ha riscosso solo applausi, ma ha portato anche a degli scivoloni notevoli. Uno di questi è senz’altro la deliberazione n.103 del 18 maggio 2016, con cui il Veneto aveva riconosciuto come legittima l’annessione della Crimea alla Russia. Non solo: l’UE era condannata per le sanzioni inflitte al Paese governato da Putin. Numerosi erano stati i viaggi, a quei tempi, di Consiglieri regionali in Crimea, in uno di essi, un vessillo di San Marco era stato consegnato ai separatisti filorussi. Un anno fa, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, tale delibera è stata abiurata su proposta dell’opposizione.

La questione del Veneto ci fa riflettere: spesso il movimento autonomista ci sembra lontano, oppure relegato a una minoranza. Non è così. Capita che queste spinte assumano forme diverse, come in questa Regione, dove alle azioni più estreme si affiancano gesti più “istituzionali”. Semplificarli, appiattirli, non aiuta a schiarirci le idee sulla questione, e quindi non ci aiuta ad analizzare fenomeni come l’autonomia differenziata, di cui una corretta comprensione è perlomeno opportuna.

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