Il Manifesto di Ventotene 2.0

, di Nicola Vallinoto

Il Manifesto di Ventotene 2.0
IslandVita, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/license...> , via Wikimedia Commons

Di seguito pubblichiamo un estratto dell’intervento di Nicola Vallinoto in occasione dell’incontro «Guerra, pace, ambiente e federalismo sovranazionale» organizzato dal Meeting Point Federalista il 6 giugno 2021

Una domanda che mi sono posto in vista di questo incontro sul Manifesto di Ventotene è la seguente: se Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi fossero vissuti in questo periodo pandemico che cosa avrebbero scritto di più e di diverso rispetto al testo del 1941? Bene o male e con le dovute proporzioni ci troviamo a vivere un periodo di forti limitazioni alle nostre libertà ed anche se non ci sono bombardamenti abbiamo un nemico invisibile che miete milioni di vittime. Abbiamo vissuto in questi mesi una sorta di confino con coprifuoco e il divieto di assembramenti e manifestazioni pubbliche. Certo niente di paragonabile a una guerra, ma tale situazione ci ha consentito di riflettere sulle cose veramente importanti della vita.

Spinelli e Rossi non ci sono più e la domanda la dobbiamo porre a tutti noi che siamo gli eredi del pensiero federalista concepito a Ventotene. Fortunatamente non solo nel Movimento federalista europeo (Mfe). Come dice il sociologo Alessandro Cavalli ci sono più federalisti fuori dal Mfe che dentro l’Mfe. È questo è un segno dei tempi: vuole dire che il federalismo, che fino a qualche anno fa era considerato un tema tabù, ora è diventato di dominio pubblico.

La risposta che anticipo e che poi svilupperò nel mio intervento è che se dovessimo riscrivere oggi un “Manifesto di Ventotene 2.0” questo testo manterrebbe l’assunto del Manifesto del 1941 ovvero la necessità di superare la sovranità assoluta degli Stati nazionali e di creare una federazione europea ma avrebbe un capitolo aggiuntivo dedicato al governo della globalizzazione.

La globalizzazione

La globalizzazione è entrata prepotentemente nelle nostre vite. Oltre 7 miliardi di persone che abitano il pianeta terra sono interessate da un processo globale che genera un numero infinito di relazioni economiche e sociali. Grazie all’evoluzione delle comunicazioni e dei trasporti e del modo di produzione viviamo oramai da alcuni decenni in una sorta di villaggio globale. Non ha più senso la rappresentazione del mondo in spazi chiusi. Nessun paese e nessun gruppo si può isolare dagli altri. Siamo tutti interconnessi nel bene e nel male. La globalizzazione è un processo irreversibile dal quale non si può tornare indietro e se non si vuole subirla occorre governarla.

La globalizzazione vede diversi attori che si muovono al di là dei confini degli stati nazionali. Si pensi alle corporazioni multinazionali, alle organizzazioni internazionali, alle mafie, al terrorismo e ai movimenti della società civile globale. Ciascuno di questi attori si muove nell’arena globale seguendo i propri specifici scopi e ciascuno con le proprie regole in assenza di un quadro costituzionale condiviso.

La globalizzazione è un processo che può essere visto sotto diversi aspetti e ciascuno ha lati negativi e lati positivi:

  • la globalizzazione dell’economia e della finanza muove merci e denari in tutto il mondo: è positivo aver accesso a un mercato senza barriere mentre è negativo che non ci sia una tassazione globale sulle transazioni finanziarie e che le multinazionali riescano a non pagare le tasse e partecipare al welfare state mondiale;
  • la globalizzazione delle informazioni: grazie alla rete internet le informazioni viaggiano in tempo reale da un capo all’altro del pianeta: ciò aiuta la condivisione del sapere. Essere riusciti ad avere i vaccini per il Covid-19 in meno di un anno è un esempio virtuoso. Dall’altra parte i pochi operatori globali delle piattaforme digitali estraggono i dati che lasciamo in rete assumendo così un potere straordinario. I dati digitali diventano fonte di ricchezza e controllo;
  • la globalizzazione del lavoro e della produzione: le aziende spostano la produzione e i servizi nei paesi dove il costo del lavoro è inferiore. Ciò consente di avere prezzi più bassi sul prodotto finale a scapito dei diritti dei lavoratori che spesso non vengono garantiti dove avviene la delocalizzazione;
  • la globalizzazione dei diritti. Dal vertice della Terra di Rio ‘92 fino alle manifestazioni di FFF nel 2019 migliaia di manifestazioni globali hanno attraversato il pianeta per chiedere la pace, il disarmo, la giustizia sociale e ambientale. Milioni di persone si battono giornalmente per rivendicare diritti globali per tutti i cittadini del mondo senza distinzione di nazionalità, religione o colore della pelle. Si sta creando una cittadinanza mondiale anche se i diritti non sono ancora garantiti a livello globale.

Come abbiamo visto tutto o quasi è stato globalizzato tranne la democrazia che è rimasta ferma al livello nazionale. Esistono esempi di democrazia internazionale come l’Unione europea, che è l’esempio più avanzato al mondo, ma a livello globale è l’economia che comanda sulla politica. Chi prende le decisioni a livello planetario sulle cose che ci riguardano non risponde a un potere democratico.

I movimenti della società civile globale

Il 2021 sono 20 anni dal G8 di Genova e l’anno prossimo saranno 30 anni dal vertice della Terra di Rio de Janeiro del 1992. A questo proposito vorrei farvi un breve accenno a uno degli attori che si muovono al di là dei confini nazionali di cui vi ho parlato in precedenza: i movimenti della società civile globale per vedere in che modo possono avere un ruolo nella democratizzazione degli spazi globali e per gestire insieme i beni comuni del genere umano.

Nel 1992 si è tenuto il Summit della Terra organizzato e promosso dalle Nazioni Unite in occasione della seconda conferenza internazionale dell’ONU sull’ambiente e lo sviluppo. In quell’occasione si tenne un Global forum (una controconferenza) con rappresentanti di oltre 600 associazioni ambientaliste da tutto il mondo che redassero una Carta della Terra con oltre 40 trattati sull’ambientalismo planetario che si ponevano in alternativa alle proposte meno avanzate dei governi. Da lì in avanti la mobilitazione della società civile globale in occasione di vertici e incontro mondiali andò man mano aumentando e crescendo di importanza.

Nel 1998 una vasta coalizione di organizzazioni e reti per i diritti umani coordinate dal Movimento Federalista Mondiale riesce a far pressione sui governi più progressisti e ad ottenere l’istituzione della Corte Penale Internazionale che viene considerato un passo in avanti nella costruzione della democrazia internazionale.

Nel dicembre 1999 a Seattle le manifestazioni riuscirono a far fallire il Millenial Round. I movimenti globali chiedono democrazia e contestano le concentrazioni di potere e di ricchezza in mano a pochi soggetti privati. A Seattle uno degli striscioni esibiti dai manifestanti diceva “No globalization without representation” . Criticano il processo di globalizzazione che crea un mercato globale senza tutele per i più deboli e senza globalizzare le decisioni. Si crea un vuoto tra chi decide e chi subisce gli effetti di queste decisioni.

Il culmine di questi controvertici fu a Genova nel 2001 dove si svolse un Global forum alternativo nella settimana del G8 e dove si svolsero due manifestazioni oceaniche. La prima il giovedì sui migranti con 50.000 persone una domenica con 300.000 partecipanti. La polizia decise di reprimere ogni forma di dissenso colpendo in modo indiscriminato i partecipanti e l’attacco alla scuola Diaz e il trattamento alla Caserma di Bolzaneto sono stati considerati una vera e propria macelleria messicana. La democrazia a Genova nei giorni del G8 è stata sospesa. Genova fu l’ultimo grande vertice organizzato nel centro storico di una grande città facilmente accessibile. Il vertice successivo fu organizzato in un luogo di montagna in Canada difficilmente raggiungibile.

Negli stessi anni comincia a fiorire il movimento altermondialista (denominato “No global”) e ad emergere una narrazione alternativa a quella proposta dalle élite finanziarie e politiche globali che si riuniscono annualmente a Davos, una cittadina in mezzo alle alpi svizzere. Nella stessa settimana del World Economic Forum di Davos dal 2001 viene organizzato il World Social Forum e viene scelta come città Porto Alegre, forte della sua esperienza di bilancio partecipativo che verrà esportato in tutto il mondo.

A Porto Alegre si riuniscono decine di migliaia di partecipanti che organizzano centinaia di eventi (workshop, assemblee, dibattiti) facendo emergere proposte su tutti i temi globali (ambiente, pace, diritti, giustizia sociale, ecc.). Il forum sociale mondiale diventa una vera e propria università dove si connettono le esperienze locali dei movimenti di tutte le parti del pianeta. Ed effettivamente la narrazione di Porto Alegre riesce a fare breccia nel mondo dell’informazione. Nei giorni del forum di Davos i quotidiani dedicano ampio spazio alle proposte del Forum sociale mondiale dimostrando che il famoso slogan della Thatcher “There is no alternative” (TINA) non è assolutamente vero e che invece “There are many alternatives” (TAMA). Dopo Porto Alegre il Forum venne spostato in altri continenti per ampliare e favorire la partecipazione anche ai movimenti delle altre regioni del mondo: nel 2004 si tenne a Mumbai e nel 2007 a Nairobi per tornare nel 2009 in Brasile ma stavolta a Belem in Amazzonia.

Riassumendo e volendo delineare un percorso di queste mobilitazioni globali possiamo dire di poter individuare almeno tre fasi: una prima fase della protesta con le manifestazioni in occasione dei vertici (Seattle, Genova), una seconda fase della proposta (con i World Social Forum) e una terza fase del progetto che è la fase più difficile da concretizzare in cui i movimenti devono trovare degli obiettivi precisi su cui convogliare le forze e su cui indirizzare le energie a disposizione.

Solo in questo modo è possibile ottenere dei risultati concreti come è avvenuto nel 1998 con l’istituzione della Corte Penale Internazionale.

Le crisi globali

Tornando a parlare della globalizzazione il pianeta è attraversato da crisi globali che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza della vita sulla Terra. Stiamo camminando, per usare il termine usato da Fubini nel suo ultimo libro, sulla cresta di un vulcano, e non sappiamo quale sarà il prossimo choc che ci colpirà.

Negli ultimi anni siamo stati colpiti da tante crisi globali:

  • La crisi finanziaria del 2007 partita dagli Stati Uniti con i mutui subprime;
  • La crisi migratoria che a varie ondate colpisce l’Europa ma in realtà è un fenomeno globale che coinvolge centinaia di milioni di persone e non può che aumentare per i cambiamenti climatici;
  • La crisi climatica: i ghiacciai si stanno sciogliendo e le foreste bruciano a ritmi sempre più elevati;
  • La crisi pandemica: la pandemia di Covid-19 ha evidenziato i limiti del libero mercato dei big pharma; mantenere il brevetto sui vaccini impedisce un’ampia condivisione dei vaccini soprattutto nelle aree del mondo meno sviluppate;
  • La crisi sociale: le disuguaglianze sociali ed economiche sono in aumento. Secondo il rapporto Oxfam del 2020 l’1% più ricco della popolazione mondiale detiene più del doppio della ricchezza posseduta da 6,9 miliardi di persone. In altre parole, la metà più povera dell’umanità non sfiora nemmeno l’1% della ricchezza totale. Il rapporto Oxfam del 2021 è intitolato significativamente “Il virus della disuguaglianza” . Come sappiamo la pandemia ha ulteriormente approfondito le disuguaglianze. I titoli delle grandi multinazionali farmaceutiche e delle piattaforme tecnologiche hanno aumentato incredibilmente i propri profitti. Il rapporto Oxfam dice che a settembre del 2020 Jeff Bezos avrebbe potuto pagare un bonus di 105.000 dollari a tutti i suoi 876.000 dipendenti ed avere ugualmente la stessa ricchezza di prima che iniziasse la pandemia.
  • La crisi democratica: come abbiamo visto le crisi che stiamo vivendo sono molteplici ma quella che le racchiude tutte ed è la principale è la crisi democratica. Chi decide sulle questioni che ci riguardano direttamente? Laddove si prendono le decisioni importanti – a livello globale – non ci sono regole democratiche – mentre dove vale la democrazia – a livello nazionale – le decisioni non contano più nulla.

Una delle principali conseguenze del processo di globalizzazione è lo smantellamento della democrazia nazionale in quanto gli stati hanno perso progressivamente il controllo sui maggiori problemi che li riguardano senza aver costruito in parallelo una democrazia internazionale.

La cura del pianeta e il governo della globalizzazione.

Per affrontare adeguatamente queste crisi globali abbiamo bisogno di prenderci cura del nostro pianeta. Come cittadini del mondo dobbiamo far sentire la nostra voce come hanno fatto nel 2019 milioni di giovani di Fridays for future con gli scioperi per il clima. La democrazia deve essere attuata a tutti i livelli dal locale al globale. La globalizzazione se non vogliamo subirla dobbiamo governarla

E allora per venire al Manifesto di Ventotene 2.0 non possiamo più limitarci a chiedere la federazione europea. Assieme a questa richiesta dobbiamo lavorare da subito e in parallelo per la federazione mondiale. Ciò non vuol dire avere subito un governo mondiale ma operare per gradi iniziando a dotare le Nazioni Unite di alcune funzioni necessarie per gestire i beni comuni del genere umano e delle risorse necessarie per tali funzioni.

Ad esempio, l’organizzazione mondiale per la sanità tramite la riscossione di una piccola parte di una tassazione globale sui profitti delle grandi multinazionali potrebbe gestire in modo diverso le pandemie finanziando lo sviluppo e la diffusione dei vaccini presso le popolazioni delle aree in via di sviluppo.

Ad esempio, un’organizzazione mondiale per l’ambiente tramite la riscossione una piccola parte di una tassazione globale sulle emissioni di CO2 potrebbe gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici oppure operare per prevenirli. E poi servirebbe una Costituzione della Terra che ponesse il quadro di riferimento dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini del mondo con una ripartizione delle funzioni globali necessarie a gestire i beni comuni planetari. E in prospettiva occorre trasformare l’assemblea generale delle Nazioni Unite in una assemblea parlamentarefino a farla diventare un vero Parlamento. Mentre il Consiglio di Sicurezza deve diventare il Consiglio delle grandi regioni del mondo in modo da rappresentare le popolazioni di tutto il Pianeta.

Tutti questi obiettivi saranno possibili solo con una grande mobilitazione della società civile globale che in alleanza con i governi più innovatori supereranno gli ostacoli frapposti dai governi più restii al cambiamento. E come dicevano gli autori del Manifesto di Ventotene: “la strada da percorrere non è facile né sicura ma deve essere percorsa e lo sarà”.

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