La crisi di governo italiana, annunciata e nei fatti, ma in attesa di sanzione parlamentare, apre una serie di questioni esistenziali per la tenuta dello stato di diritto e della democrazia liberale in Italia, e per la sua collocazione internazionale. È in gioco la visione complessiva del futuro del Paese e dei suoi rapporti con il resto del mondo.
Tuttavia, i protagonisti sembrano mossi soprattutto dalla ricerca del proprio interesse di breve periodo, incapaci di alzare lo sguardo e di assumersi una vera responsabilità nei confronti del Paese. Le divisioni nel campo del centro-sinistra e anche interne al PD - in cui Renzi ha pensato di giocare d’anticipo con la sua proposta di governo istituzionale a tempo, per prevenire e mettere in difficoltà Zingaretti – sono la plastica dimostrazione che dietro la retorica sulla necessità di salvare l’Italia dai barbari leghisti, non c’è una piena consapevolezza della situazione. Che questa sia assente nel M5S non può stupire, visto che per oltre un anno al governo insieme alla Lega si è prestato a votare leggi liberticide e a proteggere la Lega e il suo leader dalle inchieste dei media e della magistratura, mettendo in soffitta il giustizialismo delle origini, riservato solo agli avversari politici, in un classico doppio standard della politica italiana. Forza Italia è in una crisi profonda che diventerà irreversibile se continuerà a scegliere l’alleanza con la Lega tradendo tutti i valori del popolarismo europeo, di cui dovrebbe essere la rappresentante in Italia.
Salvini ha utilizzato il governo per condurre una campagna elettorale permanente a spese dei contribuenti. Senza mai cercare di governare davvero, come dimostra la sistematica assenza alle riunioni del Consiglio dei ministri degli interni dell’UE, e a quelle tra i Paesi più disposti a condividere una solidarietà reale sui migranti, che infatti hanno concluso un accordo – cui hanno aderito Malta e Spagna che ne stanno già traendo significativi benefici in termini di redistribuzione dei richiedenti asilo salvati durante l’estate – senza l’Italia. Ma a Salvini non interessa affatto affrontare i problemi, ma solo cavalcarli a fini propagandistici. Infatti ha fatto cadere il governo subito dopo l’approvazione del Decreto sicurezza bis, così da non poter fare i decreti attuativi del provvedimento. Tanto non servono, poiché trattandosi di norme in larga misura incostituzionali, non potrebbero comunque essere attuate, esattamente come sta accadendo per buona parte del primo Decreto sicurezza, smontato dalle sentenze della magistratura. Non senza aver però avvelenato il clima politico e culturale del Paese e reso più complicata l’azione di chi ha il torto di avere a cuore i valori fondanti della civiltà europea e occidentale, a partire dalla tutela della vita umana e dall’obbligo di salvare i naufraghi, sancito fin dall’antichità. D’altronde, il rifiuto di tale obbligo da parte di Salvini è un ritorno alle origini, dato che qualche anno fa qualche parlamentare della Lega proponeva di sparare contro i barconi di migranti.
Uno dei problemi dell’Italia è quello di non prendere Salvini sul serio. Di non credere a quello che dice, che messo in fila, equivale ad un programma sovversivo dell’attuale regime costituzionale. Per rimanere agli ultimi anni – dopo la svolta nazionalista di estrema destra, dato che prima Salvini aveva in odio i terroni del Sud e l’Italia (tanto da tifare Francia nella finale dei mondiali di Berlino) – Salvini ha chiesto “pieni poteri”, come Mussolini o qualunque dittatore autoritario del mondo. Il che è coerente con l’aver detto che i suoi modelli di riferimento sono l’Ungheria di Orban (secondo Salvini il Paese meglio governato d’Europa) e la Russia di Putin (in cui si sente più a casa che nei Paesi dell’UE – e su questo forse le inchieste de L’Espresso stanno contribuendo a spiegarci il perché). Due Paesi in cui la magistratura è ormai sotto il controllo dell’esecutivo, dove la libertà di stampa e di espressione è in continuo e drammatico calo, da cui le Università internazionali sono costrette a fuggire (come accaduto alla Central European University di Budapest, peraltro tra le più importanti università del Paese nei ranking internazionali), dove l’opposizione non può partecipare alle elezioni – come sta accadendo per le Comunali di Mosca, portando decine di migliaia di moscoviti in piazza, e alcune migliaia di loro in carcere. La Lega ha candidato ed eletto al Parlamento italiano ed europeo Bagnai, Borghi, Rinaldi e Donato, le principali personalità anti-euro (diventate tali con il contributo decisivo del sistema dei media televisivi che per anni hanno invitato senza mai mettergli di fronte degli esperti di Europa e integrazione economica e monetaria). Rinaldi fino a poco tempo fa lavorava alla creazione di Alternativa per l’Italia, sul modello di Alternativa per la Germania, il partito di estrema destra tedesco. E non a caso ha trovato nella Lega il luogo naturale, essendo ormai un partito di estrema destra, non a caso alleato di Marine Le Pen e delle altre formazioni neo-fasciste presenti nel Parlamento europeo. Di qui il “cordone sanitario” intorno a loro da parte di tutte le forze democratiche presenti nel Parlamento. Che non verrà meno per le assurde proteste della Lega, e che porterebbe alla probabile bocciatura di qualunque commissario leghista da parte del Parlamento europeo. E giustamente! Perché i Commissari rappresentano tutti i cittadini europei, devono avere la fiducia del Parlamento e non sono espressione di un governo nazionale: si impegnano infatti a essere fedeli all’Unione e a non prendere istruzioni dagli Stati d’origine.
L’elemento che accomuna le forze di estrema destra nei vari Paesi sono due: il disprezzo per la democrazia liberale, lo stato di diritto e le loro regole, dalla separazione dei poteri all’indipendenza della magistratura; e l’attacco all’Unione Europea, che è ormai l’ultimo baluardo a difesa di tali elementi negli Stati membri in cui i nazionalisti vanno al potere. Le procedure contro Ungheria e Polonia – seppure tardive – ne sono l’emblema. E la proposta di tagliare i fondi europei a chi è sottoposto a tali procedure può dar loro un’efficacia nuova.
In Italia gli altri baluardi a difesa dello stato di diritto e dell’ordine costituzionale sono naturalmente il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale e la Banca d’Italia. Da questo punto di vista è interessante notare come il Governatore Visco sia dovuto intervenire ripetutamente – sia nelle Considerazioni finali che in altri interventi – per ribadire che fuori dall’Euro non c’è futuro per l’economia italiana. In passato non c’era bisogno che le più alte cariche istituzionali rassicurassero i mercati sulla partecipazione dell’Italia all’UE e all’euro, essendo scontata. E ovviamente sarà decisiva l’elezione del prossimo presidente della Repubblica nel 2022.
Al contempo l’Unione Europea è in mezzo al guado. Ha un’unione monetaria, e una parziale un’unione bancaria, ma deve rapidamente completare l’unione economica e politica (incluso su migranti, politica estera e difesa) per riuscire a rispondere alle esigenze dei cittadini europei in un mondo globale sempre più turbolento e in cui contano solo gli Stati di dimensioni continentali – ragione per cui i nazionalisti di fatto mirano solo a mettere il proprio Paese sotto la protezione di uno tra Usa, Russia o Cina. I tentativi di riforma passati sono falliti perché quando l’Italia spingeva per la riforma non c’era la disponibilità della Francia di Hollande, dietro cui si nascondeva la Germania della Merkel. E quando è arrivata la spinta riformatrice della Francia di Macron, non c’era più un governo europeista in Italia.
Le forze politiche italiane che si rendono conto dei rischi che il Paese corre, potrebbero dar vita ad un governo di legislatura, che miri a cogliere la finestra di opportunità per la riforma dell’Unione. Una presidente della Commissione tedesca, popolare, fortemente europeista può avere un ruolo decisivo nell’ottenere la disponibilità della Germania alla riforma, su cui già c’è quella francese. Un’Italia che si desse un governo con l’Europa come stella polare potrebbe favorire una riforma che assicuri una vera sovranità democratica europea responsabile delle politiche su migrazioni, economia (inclusa una fiscalità europea per finanziare investimenti e la transizione ecologica), politica estera (inclusa la rappresentanza esterna e la stabilizzazione dell’area di vicinato) e di difesa. Nonché il rafforzamento degli strumenti dell’Unione per la tutela dello stato di diritto nei Paesi membri, con un meccanismo di monitoraggio permanente e il taglio dei fondi ai Paesi accusati di violare i principi e diritti fondamentali dell’Unione.
Ovviamente, per essere credibile in quest’azione, un tale governo non potrebbe proseguire in politiche avventurose sul piano fiscale, che minano la credibilità dell’Italia sui mercati e mettono a rischio l’intera eurozona. Tanto più che l’Italia è il Paese che ha avuto più flessibilità e deficit, ma che cresce di meno. Mentre i Paesi che hanno chiesto l’aiuto dell’UE e hanno fatto le riforme strutturali oggi crescono di più e pagano anche meno interessi sul debito rispetto all’Italia (inclusa la Grecia!). Al contempo potrebbero riprendere le trattative per il Trattato del Quirinale con la Francia, che doveva sancire la ritrovata unità d’intenti tra Italia e Francia sulla riforma dell’Unione. Insomma una linea volta a ribadire una visione dell’Italia come Paese fondatore dell’Unione, che vede il suo futuro al centro di essa e del più ampio sistema di alleanze occidentali, sebbene attualmente messo in crisi dagli Usa, e che potrà sopravvivere solo se l’UE riuscirà a dotarsi di una reale autonomia in politica estera e di sicurezza, che possa renderla un partner, e non un vassallo, degli USA. E dovrebbero impegnarsi ad eleggere nel 2022 un Presidente della Repubblica che possa essere garante del ruolo dell’Italia nell’Unione, come avvenuto per i suoi predecessori, che hanno spesso assunto iniziative decisive da questo punto di vista.
Chi spera che la salvezza dell’Italia possa venire da un governicchio che faccia la prossima manovra – che dovrà riparare ai buchi causati dalla precedente manovra giallo-nera, cioè da uno degli elementi che hanno spinto Salvini a far cadere il governo per non far vedere che le sue promesse elettorali (dalla flat tax in giù) erano solo esche per i gonzi, che non facevano i conti con la realtà economica del Paese – e porti il Paese alle urne, si appresta a consegnare il Paese ad una destra estrema ed eversiva, che potrebbe avviare un percorso analogo a quello avvenuto in Ungheria o Russia e a modificare la collocazione internazionale dell’Italia. A cominciare dall’uscita dall’Unione Europea e dall’Euro. La Costituzione vieta i referendum sui trattati internazionali e una simile decisione può dunque essere presa dal Parlamento a maggioranza. Un governo di estrema destra potrebbe dunque tentare l’avventura dell’uscita, con conseguenze economiche e sociali, oltre che politiche, drammatiche per il Paese.
Ecco perché Forza Italia paradossalmente è il partito più in difficoltà. Può trasformarsi nella ruota di scorta di un’alleanza di estrema destra, o fare appello all’elettorato di centro-destra che crede nella democrazia-liberale e nell’appartenenza all’Unione Europea e al campo occidentale, rilanciandosi e togliendo forza e consensi al disegno eversivo della Lega. Ma per farlo deve ora scegliere di stare dentro il nuovo arco costituzionale, analogamente a quanto ha fatto nel Parlamento Europeo. Una questione di coerenza e di sopravvivenza.
È nei momenti di crisi più acuta che i politici possono tramutarsi in statisti. Nelle prossime settimane si vedrà se solo Mattarella metterà al centro l’interesse del Paese, la tutela del nostro ordine costituzionale e della nostra collocazione internazionale.
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