L’Europa è ben preparata ad affrontare la crisi climatica?

Intervista andata in onda nella trasmissione «Place de l’Europe», animata dai Jeunes Européens – Strasburgo

, di Tradotto da Maria Bruno, Gwenn Taburet, Rémi Jabet, Théo Boucart

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L'Europa è ben preparata ad affrontare la crisi climatica?
Claude Turmes, all’epoca deputato europeo. Autore: Arno Mikkor (Presidenza estone del Consiglio dell’UE).

INTERVISTA – Cinque anni dopo la firma dell’accordo di Parigi sulla protezione del clima, l’Europa e il mondo non sembrano ancora pronti ad adottare delle politiche che permettano di restare sotto la barra fatidica di 1,5° in più rispetto alle temperature medie preindustriali. Pertanto, l’Unione europea è considerata come un precursore legislativo della transizione ecologica e della lotta contro il cambiamento climatico. Théo Boucart ha intervistato Claude Turmes, Ministro dell’energia e dell’assetto territoriale del Lussemburgo e “Signor energia” del Parlamento europeo. Questa intervista si può trovare nella trasmissione mensile dei Jeunes Européens di Strasburgo, Place de l’Europe su RCF Alsace.

Théo Boucart: Lei ha scritto un’opera intitolata Transition énergétique, une chance pour l’Europe (Transizione energetica, un’opportunità per l’Europa), nella quale presenta la storia della politica climatica ed energetica nell’Unione europea dall’inizio degli anni 2000. Quali sono le ragioni per le quali ha scritto questo libro?

Claude Turmes: Ho scritto questo libro per spiegare che l’Unione europea è un attore influente nella lotta contro il cambiamento climatico perché, con una legge europea, noi imponiamo e facciamo progredire una gran quantità di cose per i 450 milioni di abitanti sul continente europeo. La legge sulle energie rinnovabili, della quale ho avuto l’onore di essere relatore al Parlamento europeo nel 2008, ne è un ottimo esempio. All’epoca c’era davvero poco solare ed eolico in Europa. Con una sola legge, abbiamo decisamente accelerato gli investimenti nell’energia solare, nell’eolico, onshore e offshore, quando quest’ultimo non esisteva ancora. Abbiamo creato molti investimenti e, grazie all’innovazione tecnologica, siamo riusciti ad abbassare i costi del solare. Oggi non c’è più nessuna ragione per non portare l’elettricità in un villaggio africano perché l’Europa, grazie a questa direttiva, è riuscita a diminuire il prezzo del solare su scala mondiale.

È dunque questo genere di cose che spiego. Riporto anche tutte le lotte contro le lobby del petrolio, del carbone, del gas, dell’industria automobilistica… Tutti questi gruppi di interessi ci impediscono spesso di fare progressi in maniera più rapida.

TB: Malgrado i numerosi testi che promuovono la transizione energetica in Europa, come il Pacchetto per il clima e l’energia 2020 e 2030, l’Unione dell’energia o anche il Green Deal europeo, le emissioni di gas a effetto serra non si sono abbassate in maniera significativa nell’Unione europea. Come si può spiegare questa situazione?

CT: La lobby del petrolio è ostile allo sviluppo delle auto elettriche perché non si venderà più petrolio nelle stazioni di servizio. La lobby del gas è contro un buon isolamento delle case e l’istallazione di pompe di calore alimentate con elettricità “verde” perché non si venderà più gas. La lobby del carbone è furiosa che ormai si vieti questa fonte di energia ovunque in Europa. Dunque, è chiaro che ci siano degli interessi economici forti che influenzano spesso certi rappresentanti politici in maniera un po’ troppo sistematica. È senza dubbio la ragione per la quale non facciamo progressi.

La buona notizia è che il movimento dei giovani militanti per il clima dei Fridays For Future fa talmente paura ai leader politici che non erano affiliati ai partiti ecologisti, come il Presidente Macron o la Cancelliera Merkel, che questi stessi leader stanno prestando meno ascolto alle lobby che ho appena nominato e si rendono finalmente conto che il pianeta si sta surriscaldando, che le basi della vita comune per miliardi di abitanti saranno distrutte. Mi sembra che questa coscienza planetaria di un’urgenza climatica sia dovuta ai giovani che sono scesi nelle strade, che hanno detto ai loro genitori, nonni o responsabili politici “Basta! State distruggendo il nostro avvenire”. Ciò ha avuto un grande impatto e ringrazio infinitamente tutti i giovani che erano nelle strade per aiutarci a cambiare le cose.

TB: Lei è stato deputato europeo dal 1999 al 2018, periodo durante il quale ha fatto da relatore per numerose direttive relative alle energie rinnovabili. Durante questo periodo ha notato un cambiamento di mentalità nelle sfere istituzionali europee sulla transizione energetica?

CT: Abbiamo osservato un certo cambiamento, ma dovevamo batterci su ciascun caso contro le lobby o contro molti rappresentanti politici, spesso di destra. Alcune volte abbiamo vinto perché altri interessi economici e i rappresentanti del solare e dell’efficienza energetica ci hanno aiutato un po’. Ciononostante, la lentezza con la quale facevamo progressi era un po’ esasperante.

Lo dico ancora una volta, da quando i giovani sono scesi in strada, il Presidente Macron o la Cancelliera Merkel, anche se non sono affiliati ai partiti ecologisti, hanno compreso la situazione. Gli elettori non li voteranno più se non prendono sul serio il clima.

TB: Dal 2018 lei è stato Ministro dell’energia e dell’assetto territoriale del Granducato del Lussemburgo e, con tale titolo, rappresenta il suo paese nel Consiglio dell’Unione europea. Qual è il ruolo di questo consiglio nell’elaborazione della politica climatica ed energetica europea?

CT: Le leggi europee sulle energie rinnovabili, l’efficienza energetica, le emissioni di CO2 delle automobili, dei camion, l’organizzazione del mercato europeo dell’energia, sono prese dai governi del Consiglio dell’UE da un lato, e dal Parlamento europeo dall’altro, su proposta della Commissione europea. Quelle decisioni influenzano enormemente le decisioni nazionali.

Ciò che faccio al momento nel Lussemburgo è trasporre le direttive europee. Ad esempio, stiamo rifacendo la nostra legge sulle norme per i nuovi edifici, sia per le abitazioni, sia per gli uffici, molto importanti nel Lussemburgo, dal momento che è un centro finanziario di primo piano. Nel tradurre tali leggi in diritto nazionale, cerco di essere veramente molto ambizioso. Le norme sulle nuove abitazioni nel Lussemburgo, ad esempio, sono le più rigide in Europa. I nostri edifici sono “a emissioni zero” e molto bene isolati, e al contempo approfittiamo del solare e degli altri tipi di energia anch’essi alimentati con elettricità da fonti rinnovabili.

Sulle automobili elettriche cerchiamo di muoverci in fretta e, mentre sono Ministro dell’assetto territoriale, ho il piacere di poter concepire con le autorità locali dei quartieri nuovi in cui le automobili non possono transitare, dove l’essere umano è al centro delle preoccupazioni. Vogliamo creare dello spazio per permettere ai bambini di giocare per strada, facendo restare le automobili al di fuori del quartiere in un parcheggio centrale.

TB: Sul ruolo dei cittadini nella transizione energetica, messo particolarmente in rilievo nel suo libro, in cosa i testi europei come l’Unione dell’energia o il Green Deal europeo permettono un’affermazione dei cittadini?

CT: Mi sono sempre battuto affinché i cittadini potessero essere essi stessi attori della transizione energetica. Nell’ultima direttiva sulle energie rinnovabili si dà il diritto ai cittadini europei di possedere un pannello fotovoltaico sul proprio tetto e obblighiamo tutti i governi europei ad aprire uno spazio per le cooperative di cittadini, quindi per gli investimenti collettivi nell’energia solare. Nel Lussemburgo è stato messo in pratica un prezzo garantito per tutti gli elettrodi. Ciò significa che tutta l’elettricità prodotta da un pannello solare nel quale hanno investito più cittadini riceve un prezzo migliore rispetto all’elettricità proveniente da un pannello fotovoltaico alimentato da un’impresa privata. Ciò permette che i cittadini si approprino di questa transizione energetica.

Per fare ciò, mi sembra che il cittadino abbia tre possibilità: la prima è investire in prima persona, la seconda è scendere nelle strade con i propri figli o votare per cambiare l’andamento politico, la terza è investire nell’energia “verde” se ha un po’ di liquidità nel proprio conto di risparmio. Oggi è importante non lasciare i nostri soldi a banche che investono ancora nell’energia fossile.

Ritrovate questa intervista nella trasmissione Place de l’Europe trasmessa il 14 dicembre sulle frequenze di RCF-Alsace. Ogni mese il polo di comunicazione dei Jeunes Européens – Strasburgo interviene in questa trasmissione per parlare di un aspetto importante dell’integrazione europea.

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