Parliamo di clima, di politica e di come l’Europa continui a relazionarsi con la tematica ambientale

L’Europa unita sotto l’egida dell’ambiente

, di Giulia Sulpizi

L'Europa unita sotto l'egida dell'ambiente
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Il mondo sta cambiando. È un dato di fatto, innegabile e inarrestabile, come le maree. La pandemia che ha sconvolto l’intero globo ha messo ancora più in luce, se possibile, come alcuni problemi risultino, oggi, comuni a diversi ordinamenti, scuotendo, nel profondo, le scelte di un Paese in tema di politica economica, monetaria, estera e finanziaria.

Si è giunti, infine, alla conclusione che da soli non possiamo esistere e che non è più possibile negare il globalismo che ci attanaglia e la stretta interdipendenza che unisce diversi Stati, europei e non solo. Le questioni all’ordine del giorno sono tante e numerose sono le soluzioni prospettate. Eppure, vi sono tematiche che, come i sempreverdi, non smettono mai di essere attuali e di attirare l’attenzione dei media.

Mi riferisco, in particolare, al delicato – e spinoso – tema dell’ambiente e della sua, oramai, necessaria ed imprescindibile tutela. I cambiamenti climatici sono sempre esistiti: si tratta di un dato innegabile. È, però, ora quasi altrettanto certo che l’azione dell’uomo e l’emissione in atmosfera di sostanze inquinanti abbiano accelerato tale processo, rendendolo irreversibile, e siano foriere di pericoli per la salute dell’ecosistema, oltre che del genere umano.

Da qui è sorta l’esigenza di considerare queste problematiche delle vere e proprie priorità degli ordinamenti contemporanei. Non è un caso, infatti, che da quasi tre decenni l’ONU riunisca quasi tutti i Paesi della terra per i vertici globali sul clima che prendono il nome di COP, “Conferenza delle Parti”. Da allora, il cambiamento climatico, da questione marginale, ha assunto rilevanza globale.

Quest’anno si è tenuto a Glasgow il ventiseiesimo vertice annuale, con il precipuo scopo di raggiungere un accordo su come affrontare il tema ambientale. I leader mondiali attesi in Scozia sono stati più di centonovanta, a cui si sono uniti decine di migliaia di negoziatori, rappresentanti di governo, imprese e cittadini per dodici giorni di negoziati.

Secondo gli scienziati, mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5ºC è il modo migliore per salvare il pianeta dai pericolosi effetti dei cambiamenti climatici. Al momento, però, le temperature globali sono in aumento e ciò sta provocando sempre più mutamenti nell’andamento delle precipitazioni, negli oceani e nei venti in tutte le regioni del mondo.

Nella stessa Unione Europea, infatti, si sono moltiplicati negli ultimi anni gli eventi meteorologici estremi, quali ondate di calore, inondazioni e incendi boschivi, che si verificano con maggiore frequenza e intensità. A tal proposito, basti pensare alla recente inondazione di Catania o agli allagamenti che hanno colpito il Belgio.

Il nostro mondo sta affrontando una sfida ad armi impari: l’uomo sta fronteggiando un nemico antico e terribile, la natura, pronta a rivoltarsi contro i terrestri. Sembrava solo un film dal sapore catastrofico la pellicola “The day after tomorrow”, in cui la Scozia gela e New York affonda. Era il 2004 quando esso è apparso nelle sale. Da allora, molte cose sono cambiate e, pare, ci stiamo dirigendo lungo il sentiero impervio tracciato dall’opera di Emmerich.

Non stupisce, dunque, che la preoccupazione sia tanta e che gli obiettivi principali che si era posta la COP26 siano quelli di ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, adottare misure intese ad adattarsi alle conseguenze inevitabili dei cambiamenti climatici ed aumentare i finanziamenti a favore dell’azione per il clima, in particolare per i Paesi in via di sviluppo.

È, infatti, soprattutto la situazione cinese a destare allarme. Si attendeva che questo Stato, in nome del progresso tecnologico e finanziario, rifiutasse in via categorica qualsiasi tipo di accordo volto a diminuire l’impatto ambientale del settore industriale.

Ha destato, quindi, scalpore quanto annunciato quasi in chiusura dei lavori della COP26 da parte dei due Paesi maggiori produttori di anidride carbonica al mondo, Stati Uniti e Cina. Sia l’Europa che le Nazioni Unite hanno descritto le dichiarazioni di Joe Biden e Xi Jinping come incoraggianti e importanti per frenare il riscaldamento globale. Si sono riferiti, in particolare, ad un comunicato congiunto nel quale Cina e Stati Uniti hanno dichiarato l’intenzione di lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale a non oltre +1,5 °C rispetto al periodo pre-industriale, come stabilito dagli accordi della Conferenza di Parigi del 2015.

Quello tra USA e Cina è un impegno che non riporta dettagli tecnici, ma che testimonia come il Paese del dragone si sia reso conto che la crisi climatica merita un’attenzione urgente. La Cina ha promesso, infatti, una stretta cooperazione sulla riduzione delle emissioni, mentre un gruppo di lavoro congiunto si “incontrerà regolarmente per affrontare i temi della crisi climatica” nel prossimo decennio.

Ci si interroga, ora, sulle ripercussioni di tali dichiarazioni. Genevieve Maricle, direttrice dell’azione per la politica climatica degli Stati Uniti presso il gruppo di pressione WWF, ha affermato che se da un lato l’annuncio offre “nuove speranze” che il limite di 1,5 °C possa essere raggiunto, dall’altro “dobbiamo anche tenere gli occhi aperti su ciò che effettivamente vogliono fare i due Paesi, se davvero hanno nei loro obiettivi la riduzioni di emissioni dei gas-serra”. Questo accordo è stato, dunque, salutato come un grande passo in avanti, anche se non costituisce un approdo definitivo né risolutivo rispetto al problema ambientale.

Ciò che è certo, però, è che l’Europa è stata – ed è tutt’ora – un veicolo importante nella lotta all’emergenza climatica. Lungi dal restare una pallida e immobile spettatrice, l’Unione ha deciso di agire ed affrontare il cambiamento climatico con insperata forza e lucidità.

Ciò è risultato fondamentale, anche e soprattutto per far nascere ancora di più un sentimento europeo, che unisce i popoli dei diversi Stati membri in una battaglia comune, senza quartiere: quella per il futuro delle nuove generazioni e del nostro pianeta.

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