Dei 23 stati europei che comprendono regioni marine, 19 hanno fallito nello sviluppare piani di gestione dei mari. Le acque marine europee sono suddivise in 4 regioni: Mar Baltico, Oceano Atlantico nordorientale, Mar Mediterraneo e Mar Nero e l’UE si occupa della loro conservazione attraverso l’obiettivo “mari puliti e sani”, che però non ha visto la sua attuazione entro la scadenza prevista per il 2020. Al contrario, problemi come lo sfruttamento della pesca, l’inquinamento delle acque e dei fondali e l’erosione delle coste sono andati aumentando, deteriorati inoltre dal riscaldamento globale.
Come è stato possibile non centrare l’obiettivo e addirittura andare peggiorando? Si tratta di mettere in pratica le politiche ambientali accordate, eppure qualcosa è andato storto. In realtà, le misure sono state attuate e rispettate, ma si sono rivelate insufficienti al raggiungimento del traguardo previsto da “mari puliti”.
Agenda 2030: l’obiettivo 14
L’Unione Europea si è data quindi una seconda opportunità: l’Agenda 2030, il programma sottoscritto dalle Nazioni Unite nel 2015 al fine di definire gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (OSS). Fra i 17 punti toccati dal piano, l’obiettivo 14 riguarda la vita sott’acqua. In particolare, l’obiettivo 14 prevede la conservazione e l’utilizzo sostenibile di oceani, mari e risorse marine.
Sono state rilevate 5 cause principali di deterioramento della conservazione marina: l’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento degli organismi, i cambiamenti climatici, l’inquinamento e le specie esotiche invasive. Le misure proposte dall’obiettivo 14 mirano a ridurre l’inquinamento marittimo e a portare a un livello minimo l’acidificazione degli oceani entro il 2025. Il programma è diviso in 10 punti, tra cui:
• prevenire e ridurre l’inquinamento marino, derivante soprattutto dalle attività esercitate sulla terraferma • vietare le forme di sussidi alla pesca che contribuiscono a un eccesso di capacità, così come eliminare i sussidi che contribuiscono alla pesca illegale, non dichiarata o non regolamentata • aumentare i benefici economici degli stati insulari meno sviluppati, facendo ricorso a un utilizzo sostenibile delle risorse marine, come la gestione sostenibile della pesca, dell’acquacoltura e del turismo. I deputati europei insistono infatti sulla necessità di mobilitare 20 miliardi di euro all’anno a favore della biodiversità in Europa • sviluppare la capacità di ricerca e trasmissione della tecnologia marina, aumentare la conoscenza scientifica con lo scopo di migliorare la salute dell’oceano • fornire ai piccoli pescatori artigianali l’accesso alle risorse e ai mercati marini
L’importanza delle risorse marine
Le risorse marine hanno una grande importanza nella vita di tutti, molte delle quali sono sconosciute ai più. Gli oceani contengono infatti il 97% dell’acqua presente sulla Terra e oltre 3 miliardi di persone dipendono dalla biodiversità marina per il loro sostentamento, rappresentando la più grande riserva di proteine al mondo. In aggiunta, gli oceani assorbono circa il 30% dell’anidride carbonica prodotta dagli umani, mitigando quindi l’impatto del riscaldamento globale sulla Terra.
Gli oceani sono fondamentali anche perché producono il 70% dell’ossigeno che respiriamo e regolano il clima; pochi sanno che i mari producono più ossigeno che le foreste pluviali, considerate i polmoni del pianeta.
Non da meno è l’impatto che i mari hanno sul reddito, poiché le industrie ittiche danno impiego a più di 200 milioni di persone, oltre a settori come la costruzione navale e il turismo. Infine molti sport e attività ricreative si svolgono sull’acqua.
Cosa può fare l’UE
Ci sono alcune misure che l’Unione Europea non ha ancora preso in considerazione ma che potrebbero contribuire alla salvaguardia degli ambienti marini. Per esempio, l’UE potrebbe sospendere o limitare l’estrazione mineraria dei fondali marini profondi, attività che minaccia gli oceani. L’estrazione mineraria è incentivata dalla crescente domanda di materiali preziosi, ma l’eccessiva estrazione sta causando una perdita significativa di biodiversità, oltre a soffocare la fauna selvatica a causa dei sedimenti, che si depositano anche lontano dai siti minerari.
Un’altra idea è quella di stabilire aree libere da reti da traino per proteggere la parte produttiva dei mari, proteggendo tutte le aree marine protette dagli impatti negativi degli attrezzi da pesca distruttivi. Essendo scarsamente selettive, le reti da traino catturano specie non bersaglio che vengono rigettate in mare, “tirano su” anche pescato non previsto, oltre a sradicare, in certi casi, piante, alghe e altri organismi, devastando i fondali.
Per qualche motivo, l’oceano è spesso stato visto come una discarica su cui poter scaricare i rifiuti artificiali e adesso ne paghiamo le conseguenze. L’inquinamento deve essere prevenuto alla fonte, cambiando mentalità nel consumo e cambiando il modo in cui produciamo, abolendo il rilascio di materie plastiche e microplastiche in mare. Anche le attività di navigazione devono ridurre l’impatto che hanno sull’ambiente attraverso le emissioni di gas.
È necessario consultare i dati scientifici per poter adottare le misure migliori che prevengano l’inquinamento marittimo e a questo punto l’Unione Europea ha meno di un decennio per rispettare il programma dell’Agenda 2030, la sua seconda possibilità dopo il fallimento di “mari puliti e sani”. Mare e terraferma coesistono, non si può agire su una senza tenere in considerazione l’altra: in natura, niente esiste da solo.
Risorse:
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/MEMO_17_3588
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-8-2017-0399_IT.html#title1
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