Eurobull.it ha avuto la possibilità di parlare con Guendalina Carbonelli, referente della DG Traduzione presso la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea

L’importanza delle lingue e della traduzione nell’Unione Europea: intervista a Guendalina Carbonelli

, di Mariasophia Falcone, Tradotto da Camilla Pasqualini, Tradotto da Massimo Rufo

L'importanza delle lingue e della traduzione nell'Unione Europea: intervista a Guendalina Carbonelli

Come diceva Umberto Eco, “la lingua d’Europa è la traduzione”. A un anno dal nostro progetto sulle lingue e i diritti linguistici, Eurobull ha fatto due chiacchiere con Guendalina Carbonelli, referente della Direzione generale della Traduzione presso la Rappresentanza in Italia della Commissione europea.

Nota biografica

Dopo la laurea in Lettere Moderne con specializzazione in Antropologia culturale all’Università di Genova, Guendalina Carbonelli ha conseguito un dottorato in Italian Studies alla Monash University (Melbourne, Australia). Si è occupata di insegnamento e traduzione editoriale e nel 2014 è entrata a far parte del dipartimento di lingua italiana della Direzione generale della Traduzione della Commissione europea. Dal 2021 è referente della Direzione generale della Traduzione presso la Rappresentanza in Italia della Commissione europea.

CAMILLA: Di che cosa di occupa la Direzione Generale della Traduzione?

CARBONELLI: La Direzione Generale della Traduzione, anche nota come DGT, è il dipartimento della Commissione europea incaricato di tradurre i documenti della Commissione. È uno dei servizi di traduzione più grandi al mondo e la sua attività principale consiste nel tradurre la legislazione, ma anche la corrispondenza e altri testi redatti dalla Commissione, oppure i testi indirizzati alla Commissione dagli Stati membri, dai cittadini o da altri enti, e traduce da e verso le 24 lingue ufficiali dell’Unione. E sono proprio gli Stati membri e i cittadini dell’Unione i veri destinatari di questo servizio.

Un altro compito fondamentale della DGT è trasmettere i messaggi dell’Unione in modo che possano essere compresi dal pubblico di tutti gli Stati membri. In particolare, traducendo i siti web della Commissione europea e adattando al pubblico locale i comunicati stampa e gli annunci della Commissione. La DGT offre anche un servizio di editing per i documenti della Commissione e fornisce ai vari dipartimenti e direzioni generali anche servizi di consulenza linguistica nella redazione dei testi. La DGT ha anche sviluppato numerosi strumenti per la traduzione assistita, come memorie di traduzione automatica, un’enorme base terminologica e motori di traduzione automatica. Promuove anche la professione di traduttore mediante una serie di attività e progetti come il concorso Juvenes Translatores, che è rivolto alle scuole, la rete European Masters in Translation, la rete cosiddetta EMT, e il progetto Translating Europe, con il quale si organizzano seminari e convegni negli Stati membri, più un forum a scadenza annuale ogni novembre. Inoltre, la DGT mantiene stretti rapporti con tutta con “l’industria” delle lingue e promuove una campagna di scrittura chiara per sensibilizzare ai principi di chiarezza della redazione insieme alle buone pratiche per questo settore.

MASSIMO: In che modo si è avvicinata al mondo delle lingue e della traduzione e, di conseguenza, ha deciso di farne un mestiere?

CARBONELLI: Ho cominciato a tradurre dopo la laurea in lettere moderne, occupandomi di testi appartenenti al mio ambito di specializzazione: ero laureata in antropologia e quindi ho cominciato a tradurre testi di antropologia. Ho approfondito la conoscenza delle lingue per interesse personale. Ho iniziato a scuola, seguendo poi diversi lettorati all’università e ho fatto esperienze di studio, di ricerca e di lavoro all’estero per mesi o, in alcuni casi, anni.

CAMILLA: Per quanto riguarda il motto principale dell’Unione europea, “Unità nella diversità”, in che modo l’UE promuove la diversità linguistica e il multilinguismo?

CARBONELLI: L’Unione si impegna a favore della diversità linguistica e si fonda sul principio “Unità nella diversità”, una diversità che è di culture, di costumi, di convinzioni e di lingue. L’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, istituita dai leader europei nel 2000 e modificata nel 2007, impone all’Unione europea di rispettare la diversità culturale, religiosa e linguistica. L’articolo 21 della Carta, inoltre, vieta varie forme di discriminazione, compresa quella basata sulla lingua, e ciò non vale solo per le lingue ufficiali dell’Unione, ma anche per le numerose lingue regionali e minoritarie parlate da specifici gruppi della popolazione. Il rispetto della diversità linguistica è uno dei valori fondamentali dell’Unione, insieme al rispetto dell’individuo, all’apertura ad altre culture, alla tolleranza e all’accettazione degli altri. Inoltre, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea garantisce la libertà e i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali menzionata prima e conferisce a essa valore giuridico vincolante.

Sempre a proposito di questa importanza della diversità delle lingue, l’Unione si impegna a comunicare in una lingua che sia il più comprensibile possibile ai cittadini. Poiché le Istituzioni approvano leggi vincolanti per i cittadini dell’Unione, questi ultimi, e chiaramente anche i tribunali dell’Unione europea, devono poter comprendere le leggi che devono rispettare e applicare. In quanto Istituzione democratica, la Commissione europea deve comunicare con i cittadini dell’Unione, i Governi nazionali e le amministrazioni, le imprese, le altre organizzazioni dell’Unione nelle rispettive lingue. Allo stesso modo, il pubblico ha il diritto di sapere cosa viene fatto a suo nome e deve essere in grado di svolgere un ruolo attivo.

La base giuridica del multilinguismo, che si trova agli articoli 20 e 24 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ci dice, ad esempio, che ogni cittadino dell’Unione ha la possibilità di scrivere a qualsiasi Istituzione, organo o organismo dell’Unione, in una delle lingue del Trattato e ricevere una risposta nella stessa lingua. Sempre in riferimento alle basi giuridiche, nel Regolamento (Euratom) n. 1 del 1958 si stabilisce il regime linguistico delle allora Comunità europee e si legge quali sono le lingue ufficiali e di lavoro delle istituzioni dell’Unione. Si legge anche che i regolamenti e gli altri documenti di portata generale sono redatti nelle lingue ufficiali e che la Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea è pubblicata nelle lingue ufficiali. Questo ci mostra come il ruolo dei servizi di traduzione e interpretazione dell’Unione consiste nel sostenere e rafforzare il multilinguismo nell’Unione e nel contribuire ad avvicinare le politiche dell’Unione europea ai cittadini.

Informare i cittadini, in particolare sui loro diritti e obblighi ai sensi del diritto dell’Unione europea, e comunicare in tutte le lingue ufficiali dell’Unione è essenziale per la trasparenza, la legittimità e l’efficienza dell’Unione stessa e delle sue Istituzioni. A tal proposito, il costo stimato dei servizi linguistici dell’Unione (vale a dire traduzione e interpretazione) in tutte le Istituzioni dell’Unione, ammonta a meno dell’1% del bilancio generale annuale dell’Unione che, diviso per la popolazione dell’Unione europea, ammonta a circa €2,50 a persona all’anno. Un mancato multilinguismo, invece, avrebbe costi molto più elevati: diversi studi suggeriscono che molte imprese perdono attività e contratti a causa delle scarse competenze linguistiche. Le buone competenze linguistiche di comunicazione internazionale sono una risorsa per le imprese e le persone nel mercato del lavoro e la traduzione ha un ruolo fondamentale in questo. Proprio per questo, inoltre, l’Unione europea collabora anche con i rappresentanti dei datori di lavoro e del settore dell’istruzione, per aiutare a sviluppare le competenze linguistiche necessarie per la vita lavorativa. Come potete vedere, sono diversi aspetti che si intrecciano tra di loro.

MASSIMO: Abbiamo sottolineato come l’UE si impegni a promuovere il multilinguismo e anche le competenze linguistiche attraverso dei percorsi formativi scolastici che sostengono lo studio delle lingue dei Paesi membri. Ma lei crede che sia effettiva questa tutela delle lingue nazionali europee?

CARBONELLI: Sì, ritengo che sia effettiva. L’Unione europea incoraggia attivamente l’apprendimento di altre lingue, sia per facilitare la circolazione di persone e lavoratori all’interno del mercato unico, sia per agevolare i contatti interculturali e la comprensione reciproca tra le persone. Infatti, imparare a parlare altre lingue incoraggia le persone ad aprirsi nei confronti degli altri, a culture e prospettive diverse e migliora le competenze cognitive. Imparare e parlare più lingue consente anche di beneficiare appieno della libertà di lavorare, studiare e vivere in un altro Paese. Inoltre, le competenze linguistiche rendono anche più facile per le imprese esportare i loro prodotti e servizi.

Da questo punto di vista è opportuno sottolineare come il Consiglio europeo di Barcellona del 2002 abbia ribadito il principio della “lingua materna più altre due lingue” per tutti i minori dell’Unione. In pratica, questo significa che dovrebbero essere insegnate almeno due lingue straniere in aggiunta alla lingua materna fin dalla più tenera età, quindi, fin dall’inizio degli studi della scuola primaria: le lingue sono considerate una competenza di base che tutti dovrebbero acquisire a scuola.

In occasione del Vertice sociale di Göteborg del 2017, i leader dell’Unione hanno confermato questo principio fissando un nuovo obiettivo per tutti i giovani europei che termineranno l’istruzione secondaria superiore entro il 2025: avere una buona conoscenza di due lingue, oltre alla madrelingua. In questo si può vedere come l’idea che i cittadini europei debbano conoscere altre due lingue straniere oltre alla propria madrelingua sia fondamentale per l’Unione europea.

CAMILLA: Ci può parlare del concorso Juvenes Translatores?

CARBONELLI: Juvenes Translatores è un progetto rivolto alle scuole secondarie dell’Unione europea. Si tratta di un concorso di traduzione al quale possono partecipare gli studenti diciassettenni, fino a 5 per ciascun istituto sorteggiato. Il numero di istituti che possono partecipare al concorso per ciascun Paese membro corrisponde al numero di seggi al Parlamento europeo. La procedura di selezione delle scuole è casuale e il concorso si svolge contemporaneamente in tutti gli istituti selezionati dell’Unione. I ragazzi possono scegliere liberamente tra le 24 lingue ufficiali dell’Unione la combinazione linguistica nella quale vogliono tradurre, si tratta di 552 combinazioni possibili.

Ogni Paese ha poi un suo un vincitore. La vincitrice italiana di quest’anno si chiama Martina Valendino, frequenta l’Istituto Superiore Guido Monaco di Pomposa di Codigoro, in provincia di Ferrara, e la premiazione di Juvenes Translatores avviene a Bruxelles.

La Direzione Generale della Traduzione organizza il concorso dal 2007. Nel corso del tempo il concorso è diventato un’esperienza che in alcuni casi ha cambiato la vita dei partecipanti e dei vincitori. Alcuni hanno deciso, infatti, di studiare traduzione all’università, o anni dopo sono entrati a far parte dei servizi di traduzione della Commissione, come tirocinanti o anche come traduttori a tempo pieno. Quindi Juvenes Translatores ha il duplice obiettivo di promuovere l’apprendimento delle lingue nelle scuole e di far vivere ai ragazzi un’esperienza di traduzione.

Per quanto riguarda il calendario annuale del concorso, la premiazione avviene ogni anno tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Le scuole che intendono candidarsi possono farlo dal 1° settembre al 20 ottobre e il concorso si tiene nella seconda metà di novembre.

MASSIMO: Nel mondo globalizzato e dell’intelligenza artificiale si parla spesso di come non ci sia più spazio per gli studi umanistici, che cosa direbbe a chi decide di intraprendere un percorso di tipo linguistico e inoltre, in che modo si possono avvicinare i giovani a questo tipo di studi?

CARBONELLI: Darò una risposta in questo caso personale: penso che i corsi di studio dovrebbero mirare a formare in modo completo gli studenti, bilanciando conoscenze, competenze tecnico-scientifiche e insegnamenti più di stampo umanistico, indipendentemente dal fatto che il corso di studi sia considerato prettamente scientifico o umanistico. Mi sembra che si stia cercando di far questo, soprattutto negli ambiti più umanistici, dove si cerca di integrare aspetti più tecnico-scientifici, ma sarebbe importante fare anche il contrario.

Al di là di questo, le statistiche dicono che in realtà l’emergenza in Italia è un’altra, vale a dire la bassa percentuale di laureati. Infatti, tra gli Stati membri l’Italia è penultima davanti alla Romania per numero di laureati rispetto alla media europea, che è del 40% nella fascia di popolazione fra i 25 e i 34 anni. In Italia non raggiungiamo nemmeno il 30% e siamo ben lontani dall’obiettivo della media del 45% che l’Unione si è prefissata per il 2030. Se guardiamo invece a una popolazione più ampia, cioè dai 15 ai 60 anni, in un gruppo di Paesi comprendente oltre agli Stati membri i paesi dello Spazio economico europeo e i Paesi vicini all’Europa, l’Italia in questo caso ha il 17,9% di persone in possesso di un diploma di istruzione terziaria, collocandosi sempre penultima prima della Romania e dopo Turchia, Macedonia del Nord, Serbia, Montenegro ecc. A prescindere dal corso di laurea prescelto, è davvero importante incentivare i giovani a iscriversi ai corsi di studio di istruzione terziaria e sostenerli nel portarli a termine.

CAMILLA: In riferimento alla Conferenza sul futuro dell’Europa, cosa rappresenta per Lei e, soprattutto, che cosa si augura per il futuro dell’Unione?

CARBONELLI: Credo che la Conferenza sul futuro dell’Europa sia un’iniziativa davvero preziosa per avvicinare le Istituzioni alla popolazione ma, soprattutto, per dar voce alla gente comune coinvolgendola nelle politiche dell’Unione, facendola sentire attiva e partecipe, e ricordandole che ha un ruolo e una voce nell’Unione europea.

Sono un’europeista fin da bambina. Ricordo che alle elementari noi bambini avevamo organizzato autonomamente una recita con la canzone di Cristina D’Avena “L’Europa siamo noi”. “L’Europa unita, un sogno che diventa realtà”. È una cosa che porto con me da allora. Quindi auguro lunga vita all’Unione e le auguro anche di migliorare, imparando dai propri errori. Si critica l’Unione, e ovviamente ci sono cose migliorabili, ma si deve tener conto che l’Unione europea è un esperimento in fieri che non è mai stato tentato prima d’ora.

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