L’invasione turca del Kurdistan siriano e il silenzio dell’UE

, di Alfonso Sabatino

L'invasione turca del Kurdistan siriano e il silenzio dell'UE

Di fronte all’invasione turca del Kurdistan siriano (Rojava), la maggioranza degli europei ignora, che l’instabilità del Medio Oriente è una responsabilità europea dovuta all’accordo Sykes – Picot del 1916. L’accordo stipulato dal rappresentante diplomatico britannico Mark Sykes e dal rappresentante francese, François George Picot, stabiliva l’assetto dei territori medio-orientali dopo la sconfitta dell’impero ottomano a conclusione della I Guerra Mondiale. L’accordo fu poi recepito dalla Società delle Nazioni che autorizzò i mandati internazionali delle due potenze europee sui territori dell’ex Impero Ottomano. I due diplomatici, con riferimento alla rivolta delle tribù arabiche dell’Hegiaz contro l’Impero Ottomano, guidata dal colonnello Thomas Edward Lawrence (Lawrence d’Arabia), definirono l’assetto postbellico del Medio Oriente sulla base dei propri interessi, attribuendo alla sfera di controllo francese la Siria (che allora comprendeva anche il Libano, separato poi dai francesi nel 1926), sulla quale Parigi aveva l’ambizione di ripristinare il dominio che aveva caratterizzato le crociate. Infatti, gli arabi, fino alla seconda guerra del Golfo (2001-2002) condotta dal presidente USA George W. Bush contro Saddam Hussein, ricordavano le crociate come l’invasione dei Franchi, dati i regni che i condottieri franchi avevano costituito lungo la costa mediterranea nel loro cammino verso Gerusalemme. I francesi contavano sull’appoggio locale della popolazione cristiano-maronita, allora maggioritaria soprattutto nella regione che sarebbe poi diventata il Libano. Gli inglesi invece si riservarono i territori attualmente occupati da Irak, Kuwait (già protettorato britannico dal 1899), Israele-Palestina e la penisola arabica perché sapevano che avrebbero trovato il petrolio il cui sfruttamento era già iniziato nel 1878 in Azerbaijan (allora governato dall’Impero Russo) e in Persia dal 1909, sotto il controllo dell’Anglo-Iranian Oil Company. Non va dimenticato che nel 1911, Winston Churcill, allora Primo Lord dell’Ammiragliato britannico, dette l’ordine di convertire la Royal Navy dal carbone al petrolio. Naturalmente in questa divisione a tavolino orientata a creare Stati nazionali sul modello europeo, non si tenne conto della complessità sociale del Medio Oriente ottomano caratterizzato dalla convivenza secolare di etnie e religioni, accompagnata da un’ampia autonomia locale. La comunità kurda non fu presa in considerazione e rimase distribuita tra Turchia, Siria, Irak e Iran. Il primo dopoguerra fu una stagione di rivolte continue anti francesi e anti britanniche in Siria, Irak, Palestina. Le tribù dell’Hegiaz che avevano condotto la rivolta contro gli ottomani furono poi sopraffatte dalle tribù saudite e ciò portò alla creazione dell’Arabia Saudita. La Turchia, a sua volta, fu destabilizzata dall’invasione greca (conflitto 1919-1922) e dalla successiva reazione guidata dal generale Mustafa Kemal Ataturk che ridefinì in termini nazionalistici e centralizzanti il territorio anatolico sopravvissuto al crollo dell’Impero Ottomano.

La Turchia oggi

La Turchia moderna con oltre 80 milioni di abitanti ha ufficialmente una popolazione turca al 78,5%, una minoranza kurda del 12,7%, alla quale si aggiungono altre minoranza per un totale del del 9,3% (circassi, albanesi, bosniaci, georgiani e arabi, frutto di precedenti migrazioni nell’abito dell’Impero Ottomano). Tuttavia anche la popolazione definita turca non è omogenea essendo costituita, in realtà, da persone di origine greca, armena e anatolica. Molte famiglie greche e armene abbracciarono la religione islamica per evitare la persecuzioni del governo ottomano guidato dal movimento dei Giovani Turchi. Gli anatolici sono gli antichi abitanti della penisola, soggiogati dall’invasione turca. Pertanto la Turchia attuale è un caleidoscopio di etnie e culture sotto il cappello di una formale unità nazionale. Se i greci hanno espresso il lato mercantile della società ottomana (i noti armatori greci, Niarcos e Onassis, erano nati a Smirne), gli armeni coprivano ruoli amministrativi e gli ebrei (già cacciati dalla Spagna nel XV secolo) ruoli professionali e politici. Dopo la II guerra mondiale gli ebrei turchi si sono trasferiti in Israele.

I Kurdi

La questione kurda è rimasta latente per anni e iniziò a manifestarsi in Turchia negli anni ’70 del secolo scorso, dopo la costituzione del Partito dei Lavoratori Kurdi (PKK) guidato da Abdullah Ocalan (oggi rinchiuso in un carcere di massima sicurezza in Turchia). A fronte del rifiuto dei governi turchi dell’epoca di concedere un’autonomia alla popolazione kurda, il PKK rispose con la lotta armata firmando numerosi attentati terroristici contro le forze armate e le forze di polizia turche, generando una decisa repressione da parte del governo di Ankara. Attualmente il PKK ha abbandonato il terrorismo, ma permane la rivendicazione all’autonomia.

In Irak si ebbe una rivolta curda contro Saddam Hussein dopo la prima guerra del golfo del 1990-91, rivolta che fu soffocata con i gas asfissianti, provocando numerose vittime tra la popolazione civile. Dopo la seconda guerra del Golfo, sotto la protezione USA, i kurdi irakeni hanno costituito una propria regione autonoma con capitale Kirkuk. In Siria, dopo la rivolta anti Assad, i kurdi siriani hanno costituito nel 2012 un’enclave autonoma, denominata Rojava, che si è distinta nell’efficace contrasto del califfato islamico Daesh con l’appoggio statunitense. Il ritiro delle truppe americane, deciso dal presidente Trump, ha lasciato senza protezione internazionale i kurdi siriani esponendoli all’invasione turca. I kurdi del Rojava hanno costituito un’area di democrazia e di accoglienza. Raccoglie tutte le minoranze presenti sul territorio, superando il falso modello identitario nazionale affermato dall’accordo Sykes-Picot. Ovviamente l’esperimento della minoranza kurda in Siria, costituisce una minaccia per i sostenitori dell’identità nazionale turca, data anche la continuità territoriale con il Kurdistan turco e i contatti tra gli esponenti politici delle due aree. Di qui la decisione del presidente turco Erdogan di invadere il Kurdistan siriano. Tuttavia l’invasione turca del Rojava ha finito con l’isolare internazionalmente la Turchia e potrebbe costare la perdita del potere al presidente turco, data la sua popolarità declinante, qualora non vengano conseguiti i risultati attesi di stabilizzazione dell’area. Gli esiti parziali dell’invasione segnano l’intervento di truppe russe in sostituzione di quelle statunitensi ritirate dal presidente Trump e la liberazione di migliaia di ex combattenti dello Stato islamico, con il rischio di nuove destabilizzazioni del Medio Oriente e di attacchi terroristici islamisti in Europa. Infine, le autorità del Rojava sono state costrette dall’invasione turca a cercare la protezione di Damasco dal quale si erano rese autonome con un modello politico alternativo e democratico.

L’Europa?

In questa pericolosa vicenda c’è da segnalare il silenzio assordate delle istituzioni dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. Anzi tali Stati hanno subito senza reagire le minacce del presidente Erdogan di mandare in Europa milioni di profughi siriani ospitati nei campi turchi.

Il Consiglio dell’Unione Europea del 17 ottobre 2019 ha condannato l’azione turca e sostenuto l’integrità territoriale della Siria, ha poi lasciato agli Stati membri la decisione sulla sospensione delle forniture di armi alla Turchia e, infine, ha fatto appello al Consiglio di Sicurezza ONU.

L’Unione europea ha mancato una grande occasione per qualificarsi nella politica estera e di sicurezza. Eppure un intervento sarebbe stato opportuno, sia da parte del Consiglio che da parte , dell’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, anche se a fine mandato. L’operazione di peacekeeping in Libano che funziona positivamente da anni ne costituisce un esempio. Solo il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, intervenendo al Consiglio, ha condannato fermamente l’intervento turco e ha annunciato una presa di posizione del Parlamento europeo.

Articolo pubblicato su L’Unità Europea (n.5/2019).

Fonte immagine: Flickr.

Tuoi commenti
moderato a priori

Attenzione, il tuo messaggio sarà pubblicato solo dopo essere stato controllato ed approvato.

Chi sei?

Per mostrare qui il tuo avatar, registralo prima su gravatar.com (gratis e indolore). Non dimenticare di fornire il tuo indirizzo email.

Inserisci qui il tuo commento

Questo campo accetta scorciatoie SPIP {{gras}} {italique} -*liste [texte->url] <quote> <code> ed il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare paragrafi lasciare semplicemente delle righe vuote.

Segui i commenti: RSS 2.0 | Atom