L’ora è giunta: o si fa l’Europa ADESSO o si muore (letteralmente)

, di Jacopo Barbati

L'ora è giunta: o si fa l'Europa ADESSO o si muore (letteralmente)
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, in questi giorni in prima linea nel richiamare i partner europei alla solidarietà - By Presidenza del Consiglio dei Ministri - http://www.governo.it/il-presidente, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=69801982

Solo due settimane fa, il 13 marzo, commentavamo la presa di posizione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel giorno in cui la Presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Christine Lagarde, terrorizzò involontariamente i mercati dichiarando che non spettava alla BCE attuare delle misure per contenere lo spread. Allora, il Presidente Mattarella dichiarò che l’Italia “a buon diritto” si sarebbe attesa “iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione”.

A sole due settimane di distanza da quei fatti il Presidente della Repubblica è tornato a parlare agli italiani e non solo. Nello stesso giorno, a meno di tre chilometri di distanza, Papa Francesco ha celebrato una benedizione Urbi et Orbi straordinaria con annessa indulgenza plenaria, un evento pressoché unico.

Nel frattempo, molti altri Paesi hanno seguito l’esempio italiano nel contenimento del contagio con misure di isolamento e quarantena, data l’esplosione prepotente dell’epidemia praticamente ovunque, con Stati Uniti e Spagna tristemente in prima fila con numeri da record (con dati al rialzo anche in Italia); al contempo, la BCE ha fatto marcia indietro, annunciando un piano di allentamento quantitativo (di cui avrete sentito parlare come Quantitative Easing o QE) da ben 750 miliardi di Euro.

Anche la mancanza di aiuti sanitari da parte degli altri Paesi europei, altro tema caldo di quei giorni (e che abbiamo ovviamente affrontato, sembra essere stato risolto, come prontamente segnalato dalla Commissione Europea in un provvido tweet.

Tutto bene ordunque? Ovviamente no. Perché, al di là delle mascherine da condividere, c’è un’economia da ricostruire e tante aziende e lavoratori rimasti improvvisamente senza impiego, ergo senza reddito, da sostenere. Il QE (che deve ancora partire) e i fondi statali, in molti casi, possono essere non sufficienti; così i governi di Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo e Slovenia hanno richiesto al Consiglio Europeo di istituire i famosi Eurobond (come i federalisti chiedono da anni, meglio tardi che mai), in quella che è risultata essere la mossa più decisa in questa direzione nella storia dell’UE: ma del resto, si sa, sono i tempi difficili a guidare le decisioni coraggiose.

Ciononostante, i governi di Austria, Germania, Paesi Bassi e Finlandia si sono fermamente opposti, suggerendo il ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) alle condizioni attuali - le quali prevedono che uno Stato in difficoltà possa richiedere un prestito che poi debba essere ripagato seguendo una severa linea di riforme economiche. [1] Ciò che è successo in Grecia, in pratica; una prospettiva non entusiasmante per Paesi in leggera difficoltà già prima dell’epidemia, come l’Italia e la Spagna, che giustamente non si sentono in dovere di pagare un prezzo ancor più alto per una tragedia non direttamente imputabile a loro, a differenza del caso greco del 2011: il virus ha colpito e non per colpa di politiche errate o di bilanci truccati. È la natura e nessuno al mondo era preparato. [2]

Torniamo quindi al punto di partenza, al Presidente Sergio Mattarella che ricorda che:

“[...] Nell’Unione Europea la Banca Centrale e la Commissione, nei giorni scorsi, hanno assunto importanti e positive decisioni finanziarie ed economiche, sostenute dal Parlamento Europeo. Non lo ha ancora fatto il Consiglio dei capi dei governi nazionali. Ci si attende che questo avvenga concretamente nei prossimi giorni. Sono indispensabili ulteriori iniziative comuni, superando vecchi schemi ormai fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro Continente. Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse. [...]” [3]

e a Papa Francesco, che ovviamente con meno riferimenti diretti all’attualità politica, decide comunque di lanciare con chiarezza un appello alla solidarietà:

“[...] Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. [...] Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà. [...]” [4]

Messaggi chiari e decisi, diretti a coloro che hanno scelto di anteporre la propria stabilità economica all’impedire una catastrofe umanitaria (con qualche resistenza interna, va detto [5] [6]).

A questo punto si potrebbe obiettare: perché dovrebbero farlo? Perché la Germania, i Paesi Bassi e gli altri dovrebbero garantire il debito pubblico altrui? Per almeno due ordini di motivi:

  • Il primo, semplicemente, rigetta la tesi che vuole che i popoli europei non siano accomunati da un destino comune. Gli europei sono una comunità di destino, e qualora non lo fossero già da prima, certamente lo sono diventati durante la Seconda Guerra Mondiale, quando degli europei, con la complicità di altri europei, andavano a cercare degli europei costretti a nascondersi in un posto in Europa per essere deportati in un altro posto in Europa dove sarebbero stati sterminati in quello che è stato il più vasto piano criminale della storia. L’Unione Europea nasce proprio per evitare di vedere ancora quell’orrore, che, ricordiamoci, non fu dovuto a un ineluttabile destino ma fortemente voluto da governi criminali e dai cittadini che li appoggiavano. L’Unione Europea ha garantito la pace (seppur con gravi fallimenti, le guerre nei Balcani) in un continente che di pace ne ha avuta poca ed è stato chiaro per tutti quelli che ne hanno voluto far parte che lì si andava per avere un destino comune. Tradire un fratello europeo significa tradire se stessi.
  • Il secondo invece è valido anche per i più cinici: i rapporti commerciali e umani tra i Paesi del nord Europa e quelli del sud sono ricchi e fiorenti. Lasciare i tuoi maggiori partner commerciali nella crisi più totale non può aiutarti, considerando anche che molti tuoi lavoratori provengono proprio da lì. Infine, per questioni di mera sopravvivenza, se l’Italia e la Spagna (o altri) si troveranno con l’acqua alla gola, dovranno cercare un salvagente. Se non arriverà dai fratelli europei, arriverà da altrove. Da Cina, Russia, Stati Uniti, con le ovvie conseguenze geopolitiche del caso.

È quindi giunta l’ora: il virus non aspetta, l’Europa deve reagire, come un sol Stato, ADESSO. Non c’è più tempo; o si fa l’Europa o si muore (questa volta, letteralmente).

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