Mentre il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) e i fondi del piano “Next Generation EU”, così come negoziati dal Consiglio europeo, rappresentano una passo avanti storico per l’Unione europea – grazie all’emissione di debito comune di dimensioni rilevanti – la Gioventù Federalista Europea e la JEF Europe hanno visto in tutto questo un processo incredibilmente imperfetto che ha messo a nudo la necessità di un vero cambiamento. Le quasi 90 ore di negoziati e molteplici compromessi annacquati rivelano inoltre quanto sia obsoleto l’attuale assetto intergovernativo: il Consiglio dell’UE deve diventare un vero senato, su un piano di parità con il Parlamento europeo, mentre il Consiglio Europeo dovrebbe essere abolito. Mentre cerchiamo di far diventare tutta questa realtà, con urgenza dobbiamo allontanarci dal principio dell’unanimità in favore del voto a maggioranza. A tutto questo si aggiungono le gravi minacce allo stato di diritto, che si moltiplicano in Europa. C’era speranza, in una proposta di condizionalità nel quadro finanziario pluriennale che avrebbe negato l’accesso ai fondi a chi sistematicamente violasse lo stato di diritto. “Questa volta gli Stati membri si sono accordati sui numeri, ma a scapito dei nostri valori fondamentali – afferma Leonie Martin, Presidente JEF Europe – L’Europa non è un gioco a somma zero”
“Per molti degli Stati membri, a partire dall’Italia, l’accordo è descritto come un successo – spiega Antonio Argenziano, Segretario Generale della Gioventù Federalista Europea – Tutti gli stati membri possono rivendicare di aver ottenuto qualcuno dei propri obiettivi. Siamo davanti ad un perfetto esempio di accordo intergovernativo, tutti vedono soddisfatti i propri interessi singoli, a pagarne le spese sono però i beni comuni europei, usciti indeboliti da un piano che si regge molto più sui programmi nazionali che su una comune strategia europea. Era difficile aspettarsi più di questo, alla luce del sistema decisionale in atto – continua Argenziano – a dover essere pesantemente criticato è proprio questo folle sistema intergovernativo, imperniato sui diritti di veto” Ciò è particolarmente vero per le ambizioni che l’UE ha per il Green Deal. “Next Generation EU”, destinato a essere un programma di investimenti per il futuro, è stato privato di gran parte del peso che il Parlamento e la Commissione avevano pensato in origine. Come il “Just Transition Fund” che dovrebbe sostenere la nostra trasformazione in un’economia verde, che è stato tagliato di oltre due terzi. Oltretutto, anche se gli Stati membri non si impegnano a raggiungere l’obiettivo dell’UE di neutralità climatica entro il 2050, potranno comunque accedere ai fondi stanziati.
“Il giudizio di questi piani rappresenta poi il punto più critico dell’intero programma – continua Argenziano – La Commissione esce infatti politicamente sconfitta da questo accordo. Darà un’indicazione di massima sui programmi, ma l’indicazione è subordinata ad un parere preventivo dell’ECOFIN, al cui interno si chiede di trovare un “consenso”. Poco conta che poi il Consiglio approvi alla fine a maggioranza qualificata, il procedimento resta fortemente intergovernativo e comprende vari veti nascosti al suo interno – conclude il Segretario della GFE – Senza parlare dei meccanismi di ricatto politico che ciascun paese può richiamare, pur di vedere accontentate le proprie richieste” L’Unione Europea ha bisogno di un proprio spazio di autonomia e conseguentemente dotarsi di una propria capacità fiscale.
Chiediamo al Parlamento Europeo di agire al fine di modificare la proposta del Consiglio, in particolare in merito alla parte che riguarda il QFP, chiedendo ulteriore chiarezza su governance e tempi di adozione delle nuove risorse proprie, in modo da specificare l’impatto delle risorse proprie anche sul futuro dell’UE, al di là dell’emergenza Covid. Invitiamo a battersi affinché stato di diritto, transizione verde, innovazione e programmi di formazione siano principi messi ancor più al centro dell’accordo su Recovery Fund e QFP. In particolare, la GFE chiede di avviare un serio processo di rinnovamento della Governance dell’Unione Europea:
- Va eliminato il sistema di veti in seno al consiglio, che obbliga le istituzioni a compromessi al ribasso;
- Va avviato un processo costituente in cui si rivedano le competenze multilivello dell’Unione e vengano riaffermati i valori fondanti del progetto europeo;
- Questo processo dovrebbe iniziare quanto prima, sfruttando l’iniziativa della Commissione europea sulla Conferenza sul futuro dell’Europa, in modo da rendere il processo costituente quanto più inclusivo possibile.
- Il PE deve avere un ruolo propositivo nell’avviare tale processo, cooperando anche con i parlamenti nazionali.
Roma, 22 luglio 2020
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