La nuova strategia europea per le persone disabili aiuterà le persone con disabilità nell’UE?

, di Leo Capella, tradotto da Benedetta Viola

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La nuova strategia europea per le persone disabili aiuterà le persone con disabilità nell'UE?
La Commissione Europea, Bruxelles. Wikimedia Commons.

In quanto professionista con disabilità (autismo) e federalista nel Regno Unito, ritengo che valga sempre la pena controllare cosa stiano facendo o da quale disabilità potrebbero essere affetti i tuoi vicini europei, anche se sei fuori dall’Unione e dalle regole del mercato unico (a meno che tu non sia una gatta da pelare come l’Irlanda del Nord). Dopotutto, 87 milioni di persone nell’UE sono disabili. Mentre le persone con disabilità nel Regno Unito sono in diffidente e irritata attesa che dall’ombra del Corona virus esca la nostra strategia, è interessante vederne una «viva», per così dire. È importante perché nell’UE “il 28,4% delle persone con disabilità è a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto al 17,8% delle persone non disabili”. C’è una notevole differenza di oltre il 10% che deve essere affrontata.

La nuova strategia europea sulla disabilità è stata pubblicata a marzo. Il il titolo completo recita Union of Equality: Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 (Che scioglilingua, ma la terminologia è un vero rompicapo nell’ambiente delle persone disabili!) Questa strategia sostituisce quella del decennio precedente, di cui il Regno Unito faceva parte come stato membro. Quindi, cosa si stanno perdendo (o no, a seconda dei casi) circa 14 milioni di disabili nel Regno Unito con la nuova strategia?

Diamo innanzitutto un’occhiata agli aspetti positivi.

La strategia è molto più ampia rispetto alla precedente, con più azioni prioritarie e maggiore estensione. Conta trentasei pagine, contro le dodici della versione precedente. Come quella di prima, pone l’accento anche sull’applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD), alla quale hanno aderito tutti gli Stati membri dell’UE e l’UE stessa.

Le principali iniziative sono la potenziale creazione di una nuova Carta europea della disabilità, che consentirebbe alle persone disabili di trasferire il sostegno agli Stati membri molto più facilmente. Se la Disability Card copre sia il supporto dato dagli assistenti personali, sia il supporto dato da attrezzature e dispositivi, allora funzionerà bene, lasciando le persone disabili britanniche in Europa a lamentarsi (a meno che non abbiano la doppia cittadinanza) proprio come tutti gli altri.

Un’ulteriore iniziativa importante consiste nella creazione di un centro di informazione paneuropeo sull’accessibilità chiamato «Accessible EU», Europa accessibile, dove le informazioni e le migliori prassi possono essere condivise tra gli Stati membri. L’idea è dare alle persone disabili un maggiore accesso agli edifici, ai trasporti e ai media audiovisivi. Ci sono altre iniziative di spicco anche sull’occupazione (il mio metaforico trampolino di lancio per il lavoro): la commissione ha in programma di varare, nel 2022, un pacchetto di provvedimenti che dovrebbero aumentare il tasso di occupazione tra i disabili. Una buona idea, dato che l’occupazione è stata contrassegnata come un punto su cui concentrarsi durante la valutazione dell’ultima strategia, e attualmente “il 50,8% delle persone con disabilità ha un lavoro rispetto al 75% senza disabilità”. In confronto, il tasso di occupazione delle persone disabili nel Regno Unito è leggermente superiore, attestandosi al 52,3%, sebbene la differenza sia perfino maggiore poiché è di circa il 29% (28,8%) inferiore al tasso di occupazione delle persone non disabili. Ad ogni modo, c’è molto margine di miglioramento e potrebbero essere varate leggi solo se una relazione sulla Direttiva UE sull’occupazione, prevista per quest’anno, fornisse alla Commissione le basi per "seguire una proposta legale, in particolare per rafforzare il ruolo degli organismi di parità”. Resta da vedere se tale proposta verrà accolta, se la Commissione deciderà di procedere fin dall’inizio.

Tutti gli Stati membri saranno inoltre «incoraggiati a rafforzare le azioni a favore delle persone affette da disabilità, comprese le azioni avviate attraverso questa strategia, per utilizzare al meglio i fondi dell’UE in modo inclusivo e progredire nell’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite».

Quindi, linguaggio, proposte e impulsi sono positivi. Tuttavia, nella strategia europea sulla disabilità vi sono opportunità mancate e problemi.

Ad esempio, sebbene le persone disabili vengano descritte come «parte del dialogo e parte del processo», non sono indicate come coloro che, ove possibile, prendono le decisioni finali sulla loro vita. Nel concreto, significa che i disabili si siedono al tavolo della strategia, ma non sempre alla pari. Lo rileva la Rete europea sulla vita indipendente (ENIL), la quale sottolinea che “La sezione 9 [della strategia] prevede che le persone disabili verranno unicamente consultate, e solo successivamente nelle aree ’rilevanti’. Tuttavia, poiché tutti gli ambiti della politica riguardano le persone disabili e dal momento che tutto ha un impatto interconnesso, non è chiaro chi decide quale sia o meno un’area rilevante, o quanto significative saranno queste consultazioni con le persone disabili”. Ciò mostra un’incertezza su chi decide. Forse qualche consultazione porrà le persone disabili allo stesso livello delle loro controparti non disabili, invece di affidarle a professionisti? Il Modello Sociale della Disabilità afferma che le persone disabili sono rese tali dalla società. Ciò si oppone al modello medico tradizionale della disabilità, il quale afferma che le persone sono disabili a causa della loro stessa disabilità e pertanto i professionisti prepotenti hanno l’ultima parola.

Seguiranno quindi maggiori informazioni e iniziative utili. Ma come verrà applicata la strategia a livello di Stati membri e come sarà coordinata? L’ENIL si sofferma su questo punto, chiedendo come verranno monitorati i fondi dell’UE e ricordando l’Austria, dove un governo regionale ha utilizzato i finanziamenti dell’UE destinati allo sviluppo rurale per costruire istituzioni segregate per le persone disabili, contro tutte le buone pratiche attuali. È anche contro questi provvedimenti che molte organizzazioni e persone con disabilità hanno spinto per evitare l’isolamento delle persone stesse, chiedendo invece che siano aiutate a vivere e incluse alle loro condizioni nelle comunità di appartenenza, come trattato nell’articolo 19 dell’UNCRPD.

In occasione della pubblicazione della risposta della sua rete alla Strategia sui diritti delle persone con disabilità, il presidente del Forum Europeo Disabilità Yannis Vardakastanis ha dichiarato che «questo è l’inizio» e che la sua organizzazione «non ne sarebbe stata limitata». Anche il Comitato economico e sociale europeo (CESE), nel suo benvenuto alla strategia, ha riconosciuto, sebbene l’attuale piano costituisca un «chiaro passo avanti» rispetto al precedente, di essere "preoccupato per la mancanza di misure vincolanti e una rigida normativa di attuazione”. Infatti, facendo eco alle preoccupazioni dell’ENIL per il fatto che le persone disabili non abbiano potere decisionale, il CESE ha chiesto “il pieno coinvolgimento e la partecipazione delle organizzazioni di persone disabili nella proposta Piattaforma per la disabilità”.

Attualmente, non vi sono notizie ufficiali su quando uscirà la Strategia per la disabilità del Regno Unito e si può dire che non sia passata dal migliore dei processi in fase di sviluppo. Perlomeno esiste una strategia con cui lavorare nell’Unione Europea, e ora si tratta di applicarla e adattarla per assicurarsi che le persone disabili passino dall’essere uno dei gruppi minoritari più colpiti durante questa pandemia di Corona virus a persone con pari posto nella società, negli Stati membri e oltre. Non ci resta che sperare che il piano del Regno Unito si spinga almeno fino a questo punto.

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