NUOVA DIRETTIVA UE SUL DIRITTO D’AUTORE: COSA CAMBIA?

, di Edoardo Biolcati

NUOVA DIRETTIVA UE SUL DIRITTO D'AUTORE: COSA CAMBIA?

Dopo 3 anni dalla sua proposta, avvenuta nel 2016, in cui si sono susseguiti numerosi e accesi dibattiti a riguardo, nonché la continua pressione delle lobby di settore, il 26 marzo il Parlamento UE ha approvato in seduta plenaria la direttiva 0593/2016 sul diritto d’autore con 348 voti favorevoli, 274 voti contrari e 36 astenuti, aprendo così la strada ad un cambiamento da molti prospettato come radicale nella gestione del web e del mercato unico digitale in Europa. Tale direttiva, sentita su più fronti, andrebbe a sostituirsi ad una vecchia produzione legislativa risalente al 2001 ritenuta dunque abbondantemente fuori dal tempo per un mondo sempre più digitalizzato e connesso.

Di particolare interesse a livello di discussione sono stati gli articoli 11 e 13, modificati prima della votazione finale dopo le già notevoli rimostranze sollevate nelle votazioni di febbraio; più nel dettaglio l’articolo 11, parte della sezione sul diritto delle pubblicazioni, denominato ’’Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale’’ si pone come target quello di normalizzare i rapporti tra editori e le grandi piattaforme online quali ad esempio Google ed i vari social media, inserendosi come paciere in un conflitto che vede gli editori protestare contro la politica dei colossi del web a riguardo dell’utilizzo dei loro contenuti a fronte di un compenso scarso ed inadeguato quando non addirittura assente; la direttiva si inserirebbe dunque in questa diatriba stabilendo che gli stati membri dovranno assicurare che gli editori vadano a ricevere un compenso adeguato dalla piattaforme specializzate nel settore dell’informazione che intendono fruire dei loro contenuti, elemento nell’ultimo anno particolarmente auspicato anche dalla community di YouTube, che più volte ha visto esponenti di varia nazionalità affidare ai social network le loro rimostranze riguardo ad un calo dei compensi che la piattaforma offriva a fronte di un numero di contenuti e di pubblico che ha visto una crescita esponenziale negli ultimi anni. Con gli emendamenti successivi sono arrivate le specificazioni riguardo all’utilizzo dei link, andando quindi ad escludere l’uso per fini privati e per progetti non a scopo commerciale ma di conoscenza puramente condivisa qual è il caso di Wikipedia.

L’altro punto caldo, l’articolo 13, prevede invece che le piattaforme online esercitino un controllo sui contenuti caricati dagli utenti, andando a bloccare contenuti protetti dal copyright, e dovendo in questo modo trovarsi ad eliminare contenuti che, per quanto validi a livello informativo possono non essere allo stesso tempo validi per legge, un’interpretazione che trova spazio in questo senso pare essere quella che ogni editore prenda accordi con le case produttrici, di qualsiasi campo esse facciano parte, per dotarsi di una licenza che gli permetta di poter pubblicare elementi protetti dal diritto d’autore.

Con l’approvazione della direttiva dunque, i paesi membri avranno l’obbligo di recepirla entro 2 anni, salvo che 2 o più stati si trovino in contrasto con la sua adozione.

Ma come si schiera l’Italia in tutto ciò? Il governo giallo-verde si dichiara sostanzialmente contrario, elemento ribadito in sede di voto lo scorso 26 marzo con i rappresentanti di Lega e M5S che in blocco hanno votato contro la direttiva, mentre a favore da parte italiana si hanno i voti di Forza Italia, gran parte del PD e gli eurodeputati italiani di ECR; tale punto di vista del governo ben emerge dalle parole che il vicepremier Luigi Di Maio ha proferito lo scorso giugno in merito alla direttiva, finendo per definirla una ’’legge bavaglio’’ che darebbe il permesso a terze parti, nella fattispecie multinazionali, il più delle volte nemmeno europee, di esercitare una forma di controllo su ciò che i cittadini ritengono di pubblicare online, promettendo dura opposizione in Parlamento quanto addirittura la possibilità di non recepire la direttiva in caso fosse stata approvata.

A supporto delle parole del vicepremier, a pochi giorni dalla votazione sono arrivate le dichiarazioni del 5 stelle Vito Crimi, sottosegretario all’editoria: ’’la direttiva sul Copyright non porterà benefici, anzi sarà un danno per le realtà editoriali più piccole’’, tali dichiarazioni trovano fondatezza nell’affermazione secondo cui tali piccole realtà sopravvivono grazie al traffico generato ed alle pubblicità che i grandi del settore inseriscono al loro interno, le quali fruttano poco per chi le ospita ma parecchio per chi le inserisce.

A margine della questione si potrebbe asserire che dopo parecchi attriti interni, il governo giallo-verde abbia trovato un accordo per fare fronte comune, ma bisognerà aspettare la fine degli Stati Generali dell’editoria e dell’informazione per sapere di più su cosa effettivamente il Governo italiano intenderà fare con la nuova direttiva europea.

Fonte immagine: Pixnio.

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