La Banca Centrale Europea non è decisore in politica fiscale.
Il 30 settembre il presidente uscente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi al Financial Times ha dichiarato (1): «Dal 2014 ho parlato di politica fiscale come necessario complemento alla politica monetaria. Ora la necessità è più urgente di prima. La politica monetaria continuerà a fare il suo lavoro, ma gli effetti collaterali negativi sono sempre più visibili». «Abbiamo fatto abbastanza? Sì, abbiamo fatto abbastanza. E possiamo fare di più».
Ma quel di più è compito della politica economica, in particolare della politica fiscale, che manca!
«Dare soldi ai cittadini è un compito della politica fiscale non della politica monetaria» (2). Le politiche fiscali devono intervenire con «modifiche concordate all’unanimità», «per poter fruire appieno dei benefici derivanti dalle misure di politica monetaria» altre politiche devono contribuire in modo più decisivo a incrementare il potenziale di crescita a più lungo termine, a sostenere la domanda aggregata nella fase attuale e a ridurre le vulnerabilità.
E’ anche da ammettere che la politica monetaria ampiamente accomodante della Bce ha fatto sì che il PIL della zona euro è stato quasi il 3% più alto alla fine del 2018 di quanto sarebbe stato in assenza delle misure di stimolo. Quasi tre milioni di persone (o quasi 4 milioni secondo altre stime) hanno trovato un lavoro grazie alle misure della Bce dal 2014. Senza queste misure espansive, l’Eurozona sarebbe ora in recessione. Queste le considerazioni di Massimo Rostagno (3), direttore generale della politica monetaria della Bce, una delle voci più ascoltate al Consiglio direttivo e da Mario Draghi. Questo ruolo politico economico “sociale” della leva monetaria è stato possibile senza condizionamenti rispetto al mandato che la Bce ha ricevuto e alle iniziative che altre autorità di politica economica. È stato ed è un mandato assoluto: perseguire la stabilità dei prezzi. Ma un intervento espansivo di altre autorità, - ha affermato Rostagno - comprese quelle fiscali, servirebbe oggi ad accelerare gli effetti della politica monetaria.
Il bilancio a lungo termine dell’Unione europea, le prospettive.
Il Parlamento europeo giovedì 10 ottobre ha approvato una risoluzione (4) nella quale denuncia il “rischio evidente” che gli investimenti dell’Unione Europea per il 2021-2027 potrebbero essere interrotti senza un accordo col Consiglio.
I deputati hanno chiesto alla Commissione di presentare un piano di emergenza, visti i complessi negoziati con il Consiglio sul prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) che potrebbe non concludersi entro la fine del 2020, mettendo in pericolo i finanziamenti per i programmi nel 2021 (ad esempio, fino a 1 milione di giovani - per l’intero programma – potrebbero non beneficiare di uno scambio Erasmus+, circa 5 mila posti di lavoro in meno al mese nel settore della ricerca - 3-4% dei posti di lavoro complessivi dell’UE in tale settore -, 7 mila posti di lavoro in meno nel complesso dell’economia, perdita di circa 200 pubblicazioni di ricerca, oltre 100 mila progetti finanziati dall’UE - ad esempio, sostegno alle imprese, efficienza energetica, sanità, istru¬zione, inclusione sociale - potrebbero non essere avviati entro i tempi previsti).
Il Parlamento europeo ha chiesto di confermare i principi della posizione (5) adottata dal Parlamento nel novembre 2018 sul prossimo QFP, di adeguare tale posizione per rafforzare la protezione del clima, sottolineando “l’urgente necessità di un ulteriore salto di qualità riguardo agli sforzi politici e finanziari” per raggiungere gli obiettivi climatici degli accordi di Parigi, alla Commissione di chiarire l’impatto finanziario delle promesse politiche fatte a luglio dal Presidente eletto della Commissione Ursula von der Leyen (6).
Ma il Consiglio non ha ancora preso una decisione al riguardo (7).
Il 2 maggio 2018 la Commissione europea ha presentato un bilancio europeo nel QFP 2021-2027 da 1.135 miliardi di euro in impegni, con meno fondi per PAC e Coesione e nuove risorse proprie per contenere l’aumento dei contributi nazionali (8).
“Un piano pragmatico su come fare di più con meno”, con economie mirate su alcuni programmi finanziari, come si è espresso il presidente Jean-Claude Juncker.
All’aumento dei contributi nazionali al bilancio UE, dall’1% all’1,11% del RNL, si accompagna, nella proposta della Commissione, una combinazione di risparmi e nuove entrate. Sul fronte dei tagli, Bruxelles propone che i finanziamenti a favore della Politica agricola comune e della Politica di coesione subiscano una modesta riduzione per tener conto delle nuove realtà di un’Unione a 27. Nel caso della Coesione i tagli ammontano a circa il 7% rispetto all’attuale dotazione, mentre si limitano a circa il 5% per la PAC (4% per i pagamenti diretti).
Il fronte delle entrate, vero “campo minato” della proposta della Commissione, che non ha affatto nascosto la propria fonte d’ispirazione ovvero il Rapporto del gruppo ad alto livello sul futuro finanziamento dell’UE guidato da Mario Monti (9), è caratterizzato dalla revisione del sistema complessivo delle risorse proprie.
Oltre alla semplificazione dell’attuale risorsa propria basata sull’imposta sul valore aggiunto (IVA), la Commissione ha proposto di introdurre un paniere di nuove entrate collegato alle priorità politiche dell’Unione, in particolare un contributo nazionale calcolato in base alla quantità di rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati in ciascuno Stato membro; il 20% delle entrate provenienti dal sistema di scambio di quote di emissione; una quota proveniente dalla nuova base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società, da introdurre gradualmente una volta adottata la necessaria legislazione.
La diversificazione delle risorse proprie proposta dalla Commissione, e discussa nel Consiglio Economico e finanziario del 9 luglio scorso, consentirebbe un allineamento più stretto del bilancio dell’UE con i cicli economici nazionali e l’attuazione delle politiche dell’UE. Si calcola che le tre nuove risorse proprie avranno un rendimento medio pari a circa 22 miliardi di euro l’anno nel periodo 2021-2027. Ciò corrisponde a una stima pari al 12% delle entrate del bilancio dell’Unione, che altrimenti dovrebbero essere coperte dai contributi degli Stati membri sulla base del loro reddito nazionale lordo.
Il Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre ha visto la presidenza finlandese presentare un documento sul bilancio post 2020 ma è il confronto tra i leader dell’Unione che fornisce orientamenti per completare il quadro negoziale con delle cifre precise.
La posizione del PE rimane quella della precedente legislatura: gli eurodeputati vorrebbero un bilancio UE basato su contributi nazionali pari all’1,3% del Reddito nazionale lordo a 27, sulle nuove risorse proprie prospettate nella proposta iniziale della Commissione europea e su eventuali altre entrate che la nuova Commissione dovrebbe proporre.
Da una parte, quando è stato fondato il progetto europeo le risorse principali erano i dazi, che ora rappresentano circa il 12% del bilancio UE e che tenderanno a ridursi ulteriormente dal momento in tutti gli accordi commerciali che l’Unione sta negoziando con Paesi terzi è prevista una riduzione dei dazi. Dall’altra, i Paesi UE vogliono evitare di portare il contributo diretto dei bilanci nazionali al QFP all’80%, per non esacerbare il dibattito pro o contro l’Europa nei diversi Paesi.
Un’accelerazione è indispensabile se si vogliono rispettare le scadenze previste dal Consiglio europeo e arrivare ad un accordo prima di Natale. Anche perché, ha avvertito Oettinger (10), Commissario europeo per il bilancio, l’Europa si trova in una situazione ben diversa da quella del 2014 e del 2015, quando l’Unione ha perso mesi per chiudere il negoziato sull’attuale Quadro finanziario. Ora diversi Paesi europei sono in una fase di stagnazione, se non di recessione, e l’intera UE deve affrontare una situazione politica, economica e geopolitica difficile.
2. Intervento durante la conferenza stampa della BCE del 12 settembre: https://www.ilsole24ore.com/art/draghi-spinge-germania-sostenere-crescita-ue-AC1R90j
3. https://www.ilsole24ore.com/art/senza-misure-liquidita-bce-l-eurozona-sarebbe-gia-recessione-AC1li6n
4. Adottata con 426 voti favorevoli, 163 contrari e 67 astensioni: http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2019-0032_IT.html
6. https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/CRE-9-2019-07-16-ITM-003_IT.html
8. La Commissione ha proposto un bilancio a lungo termine di 1.135 miliardi di euro in impegni (espressi in prezzi del 2018) pari all’1,11% del reddito nazionale lordo dell’UE a 27 che corrisponde a 1.105 miliardi di euro (ovvero l’1,08% dell’RNL) in termini di pagamenti (a prezzi 2018), incluso il Fondo europeo di sviluppo, principale strumento con cui l’Unione finanzia la cooperazione allo sviluppo con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico e che finora è stato un accordo intergovernativo.
9. High Level Group on Own Resources, Future financing of the EU. Final report and recommendations, dicembre 2016, http://ec.europa.eu/budget/mff/hlgor/index_en.cfm
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