Ursula accerchiata

, di Filippo Pasquali

Ursula accerchiata

Tutti quegli auspici che la nuova Commissione poteva portare stanno cadendo come birilli. Nata tra molte turbolenze sin dal principio, sembra già aver perso la sua forza propulsiva ancora prima di insidiarsi. Sempre che ce ne sia mai stata.

La presidente Ursula von der Leyen arrivò a Bruxelles con le credenziali di una fedelissima di Angela Merkel, ma circondata dai dubbi di chi l’ha già vista traballante come ministra della Difesa. Le cronache recenti dai corrispondenti la descrivono già come isolata, incapace di dare una sterzata al corso degli eventi che stanno spazzando via ogni ventata riformatrice. Si vede poco in giro, parla anche meno, vive chiusa nel palazzo Berlaymont sopra il suo ufficio. A luglio in seguito alla contestata nomina calata dall’alto da parte del Consiglio Europeo – Ursula non era candidata a nulla – si presentò al Parlamento Europeo con un discorso molto apprezzato, auspicando un rinnovato slancio europeista: difesa unica, riforma dei trattati, European Green Deal e una Commissione composta per la metà da donne.

Ciononostante, passò per un soffio, con molte diserzioni tra i Socialisti, Liberali e tutti i Verdi.

Da lì in poi sempre più buio: ha subito una Commissione imposta tout court dai paesi membri, formata con una lentezza impressionante quasi a certificare lo stato di confusione. Ha rimosso il potente Direttore Generale di Junker – il tedesco Martin Selmayr – senza però averlo ancora sostituito. Alla stessa maniera il suo staff mancava ancora di figure chiave a pochi giorni dalla supposta data di insediamento, il 1° novembre. Nel mezzo, una sequenza di scivoloni: dal Commissario per la “European Way of Life”, chiaro ammiccamento alla destra nazionalista e tradizionalista, il siluramento di ben tre Commissari da parte del Parlamento senza che von der Leyen si fosse mossa per sostenerli attraverso le forche caudine. In nessuna di queste occasioni si è mai esposta personalmente per difendere le proprie scelte, esponendo il fianco alle voci che la dànno già debole e bloccata. Addirittura la sua Commissaria più importante ed allo stesso tempo più europeista – la francese Sylvie Goulard – è stata bocciata dal parlamento scatenando le ire del suo supporter Macron, dando agito alla stampa che il mandato della tedesca fosse già al capolinea. Nemmeno in quell’occasione ha preso contromisure, certificando il sospetto di essere in balia della sua litigiosa maggioranza e senza alleati.

Infatti, mentre il predecessore Junker poteva contare sull’amicizia con il socialista Schulz e il supporto del liberale Verhofstadt, Ursula deve invece convivere con il risentimento del socialista Timmermans e la divisione dei Popolari di Weber. Poco apprezzata anche dai liberali di Renew Europe scossi da Macron, mentre i Verdi si sono già chiamati fuori nonostante le sue promesse. Proprio il suo programma ambientalista, ovvero un ambizioso piano da 1 triliardo di euro da investire in 10 anni per la conversione green, viene già dato morto schiacciato dall’opposizione dei paesi dell’Est, non ancora pronti alla transizione. Eredita inoltre la patata bollente del problema immigratorio, dove perfino lo spirito d’iniziativa è tornato prerogativa degli stati nazionali. Molto impalpabile pure sulla Brexit: non una linea guida, nemmeno un commento nonostante le riunioni quasi settimanali con il negoziatore Michel Barnier. La preoccupazione è che questo metodo ‘sommergibile’ sia il preludio di un mandato à la Barroso, dove la linea viene decisa a Parigi o Berlino senza appelli. Tuttavia, va detto che non tutto è immobile: Ursula infatti si premura di non mancare un incontro al Club d’equitazione del Parlamento Europeo.

Fonte immagine: Wikimedia.

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