La crisi che sta vivendo in questi giorni l’Unione europea non ha precedenti nella sua stessa storia. Il progetto europeo sta affrontando una situazione di stallo che non è legata a questioni specifiche, politiche od economiche, come altre volte è accaduto in passato, e in modo particolarmente grave con la crisi finanziaria dal 2011 e quella migratoria nel 2015-2016; ma che consiste nel boom di consensi delle forze nazionaliste e illiberali, che in nome di un ritorno alle vecchie sovranità nazionali vogliono smantellare le strutture del processo di unificazione europea.
Queste forze illiberali stanno paralizzando l’UE con il loro operato nelle istituzioni europee. Infatti, agiscono in contrasto con la condizione necessaria al funzionamento minimo del sistema europeo: la condivisione della volontà da parte di tutti i membri di salvaguardare l’esistenza del quadro europeo, per quanto interpretato in base a visioni differenti. Sotto questo aspetto, quanto sta avvenendo in Italia non può e non deve essere sottovalutato.
I temi specifici che le forze anti-europee sfruttano per guadagnare consenso presso l’opinione pubblica (in particolare la questione migratoria e la questione economica) sono solo dei pretesti a fini elettorali, utilizzati più per evidenziare le difficoltà strutturali del sistema europeo che non per dare risposte concrete a questi temi. Rimane vero però che le cause del successo delle forze antisistema in Europa sono radicate nelle difficoltà incontrate dalla politica democratica nel governare la globalizzazione. Per opporre alla loro propaganda soluzioni efficaci, la politica democratica deve pertanto riuscire a rifondare il progetto europeo.
In questo contesto, Francia e Germania sono investite di una grande responsabilità, dato che sono state da sempre il motore dell’integrazione europea e ad oggi i loro governi sono diventati gli ultimi baluardi della democrazia liberale in Europa. I compiti che devono fronteggiare sono due: salvare l’Europa, riuscendo ad imprimere una forte accelerazione al processo d’integrazione del continente; ed essere un punto di riferimento per le forze democratiche nella battaglia contro il nazionalismo. Ed è auspicabile che proprio in questa battaglia convergano tutti i democratici, al di là delle differenze specifiche che caratterizzano i partiti di destra e di sinistra, analogamente a quanto accaduto nella guerra e nella resistenza al nazi-fascismo. Il pericolo per gli europei di oggi è quello di autodistruggersi e di privare le prossime generazioni di ogni prospettiva di futuro.
Le elezioni europee del prossimo anno saranno un appuntamento decisivo in questa battaglia per le sorti della democrazia in Europa. E lo saranno anche per valutare la determinazione della politica e delle forze democratiche nel mettere in campo un progetto alternativo a quello nazionalista e anti-europeo.
Esiste però un’ulteriore analisi da fare. Se Francia e Germania riusciranno a creare un progetto di riforma della zona Euro e a portarlo nel Consiglio europeo, sicuramente non sarà condiviso da tutti i 27 Stati dell’Unione europea, e probabilmente neanche da tutti quelli dell’area Euro. Nell’Europa di oggi il tema fondamentale è diventato proprio quello di non rimanere prigionieri dei governi che mirano a bloccare gli ingranaggi comunitari e a distruggere le basi della stessa Unione europea. Per questo diventa centrale il tema delle integrazioni differenziate (la cosiddetta Europa a cerchi concentrici) e della necessità di creare un’avanguardia di Stati che sblocchino lo status quo. Non esistono altre strade: nel quadro comunitario a 27 è infatti impensabile una riforma graduale dell’Unione europea proprio perché, partendo dai Trattati vigenti, per poter usufruire degli strumenti di flessibilità bisogna avere l’accordo di tutti i Paesi membri, quindi anche di quelli che non la vogliono fare. Bisogna constatare che un progetto costituente per cambiare i Trattati a 27 nell’attuale situazione è improponibile.
Non è la prima volta, del resto, che il problema si pone nella storia europea. La nascita della CECA è potuta avvenire grazie alla rottura del quadro del Consiglio d’Europa, al cui interno era impossibile fare passi concreti per avviare l’integrazione. Solo sei Paesi hanno condiviso la volontà di dar vita alla prima Comunità europea, con caratteristiche genuinamente sovranazionali; ma, al tempo stesso, questa Comunità è sempre rimasta aperta agli altri paesi che avessero voluto entrare a farvi parte. Non si è mai trattato di escludere, bensì di avviare un processo che permettesse anche agli altri Stati, inizialmente scettici, di entrare a farne parte, una volta maturata la decisione. Anche la nascita dell’Unione monetaria è stato un altro esempio in questo senso.
Bisogna riprendere il cammino interrotto con la nascita dell’Euro, ma, come non è stato fatto allora, bisogna che la natura politica dell’iniziativa si traduca anche in cambiamenti istituzionali che facciano nascere una sovranità politica europea. L’accordo per la creazione di un bilancio ad hoc per l’Eurozona, reso pubblico il 16 novembre scorso dai Ministri delle Finanze di Francia e Germania è un passo, seppur piccolo, verso la creazione dell’avanguardia. L’aspetto positivo di questo accordo è l’aver sbloccato l’impasse che si era creato negli ultimi anni su questo tema, mentre l’aspetto negativo è che il bilancio dell’Eurozona rimarrebbe all’interno del bilancio dell’Ue già esistente, non creando così l’autonomia necessaria all’Eurozona per essere un’avanguardia a tutti gli effetti. Questo accordo è il frutto delle posizioni ancora troppo distanti di Francia e Germania sul futuro dell’Europa. Con l’elezione di Macron, la Francia è diventata il principale attore europeo a chiedere una vera sovranità economica dell’Eurozona, mentre invece la Germania di Merkel è ancora legata ad un’Europa intergovernativa, dove la sovranità rimane nelle mani degli Stati. In questo scontro di visioni si fa sentire pesantemente l’assenza dell’Italia. Se le proposte di Macron fossero state affiancate anche dal nostro Paese, probabilmente oggi avremmo un accordo più coraggioso.
Proprio per questo è importante che in Italia si crei un fronte di persone che credono nel bisogno di un’Europa più forte, in grado quindi di rispondere concretamente alle sfide del nostro tempo. Chi si identifica in queste idee deve sostenere la creazione di un’avanguardia di Stati che, tramite una revisione dei trattati, dia inizio ad un processo costituente che porti alla nascita della Federazione Europea. Oggi più che mai in Italia serve che le persone si attivino affinché ciò accada.
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