Una nota sul 13/11/2015

, di Jacopo Barbati

Una nota sul 13/11/2015

Non si tratta di determinare se capiterà o no, ma piuttosto quando e dove, dato che capiterà. La guerra, al giorno d’oggi, si mostra diversa rispetto al passato: non si svolge solo con eserciti che si fronteggiano l’un l’altro in spazi aperti, ma anche attraverso attacchi inaspettati nei confronti di civili disarmati. È una “guerra sparsa”. Terrorismo.

Ecco cos’è accaduto a Parigi il 13 novembre. Guerra.

L’IS, che ha rivendicato l’attentato a Parigi, lo definisce come “l’Undici Settembre della Francia”. Qualcuno lo chiama già “l’Undici Settembre dell’Europa”. È opinabile paragonare una tragedia a un’altra, ma è importante capire che è in realtà una tragedia europea, così come l’Undici Settembre fu una tragedia americana.

Prima di tutto, perché lo stesso IS preannuncia altri attentati “a Roma e a Londra”, oltre che “a Washington”. Inoltre, questi tipi di attentato sono pensati per destabilizzare il cosiddetto “Occidente”, colpendolo alla sua base: la libertà. Le persone hanno la libertà di andare in un teatro un venerdì sera. Ed è proprio lì che vengono colpiti. Da questo punto di vista, come detto da molti, tali attentati sono attacchi contro l’intera umanità.

La Francia è stata colpita prima di altri, due volte nello stesso anno, probabilmente a causa del suo impegno militare in Medio Oriente. Comunque, i terroristi puntano sicuramente a colpire altrove. Tornando all’inizio: bisogna determinare dove e quando succederà. L’Europa è in guerra.

Ricordiamo che l’UE, così come la conosciamo oggi, deriva da un progetto d’unità il cui obiettivo era quello di evitare la guerra all’interno dell’Europa, creato dopo gli eventi della II Guerra Mondiale. Il problema è che sono passati quasi 70 anni ma il sistema di quel progetto è rimasto lo stesso: quello intergovernativo. Le sfide sono diverse oggi, il mondo è globalizzato, e molti processi si sviluppano a livello internazionale. La finanza internazionale. Il riscaldamento globale. I flussi di profughi. Il terrorismo.

Il metodo intergovernativo non è in grado di rispondere a tali questioni, poiché alla fine i governi nazionali tendono a rispondere solo alle esigenze nazionali, e i dibattiti nazionali sono dominati da coloro che vogliono ritornare al nazionalismo. Semplicemente perché è qualcosa di già noto ed è quindi più semplice da spiegare. Ma ritornare agli Stati nazionali vorrebbe dire negare la realtà. Una realtà fatta di un mondo globalizzato dove le persone nascono in un posto, crescono in un altro, si formano ancora altrove. Anche i terroristi.

Sono necessarie, per l’Europa, delle politiche uniche in tema di esteri e di difesa, così come un esercito unico. È necessario un governo federale per l’Europa, al fine di restare uniti - fornendo pertanto mezzi più ampi per affrontare queste sfide globali. Il federalismo, e il principio di sussidiarietà, è l’unica via per mettere insieme la necessità di risposte più ampie e più forti e il bisogno di preservare le identità nazionali dei popoli europei, che sono in effetti diverse ma che condividono anche gli stessi valori; quindi apprare naturale il rimanere uniti in questo periodo storico. Uniti per i valori di libertà e democrazia. Uniti per la sicurezza dei cittadini. Uniti per il futuro dell’intero pianeta.

Per l’intero pianeta, sì, perché laddove esiste un grosso potere che cerca di destabilizzare il mondo, un altro grosso potere è necessario per ri-stabilizzarlo. L’IS sta distruggendo il Medio Oriente, causando migliaia e migliaia di morti ormai da anni, e costringendo le persone a lasciare le loro stesse case per scappare via da una tale orrore. E verso dove si sono dirette tutte queste persone? Verso l’unica vicina possibilità di ri-stabilizzazione di questa parte del mondo: l’Europa.

Qualsiasi cosa venga fatta per fermare l’IS, l’Europa sarà sicuramente parte di essa. Ma la sola possiblità per essere efficaci è quella di agire insieme. E di rimanere uniti.

Fonte immagine Wikipedia

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