GP: Come è mutata, nell’opinione pubblica ucraina, la percezione dell’UE prima, durante e dopo gli eventi delle ultime settimane?
AG: Oggi come oggi è troppo presto per dare conclusioni. L’Ucraina è un Paese giovane, diventato una sovranità indipendente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Quindi, anche la coscienza civica è in fase di formazione. È ovvio che il modello di sviluppo europeo era percepito come standard ed è stato negli ultimi anni un modello guida, forse troppo idealizzato. Adesso c’è ancora molta stima per la UE, però, credo che la popolazione ucraina in questo periodo di crisi profondissima si aspettava una presa di posizione dalla parte dell’UE più decisa. Oggi la piazza si sente abbandonata a se stessa e si sta mobilitando in una vera e propria rivolta popolare, la quale non dovrebbe essere scambiata in nessun caso per il termine «guerra civile».
Al termine, tanto atteso, di questa crisi, credo che ci aspetti una disillusione nella politica dell’UE. Però il Paese tenderà sempre verso i valori europei di sviluppo economico e civile.
GP: Come è mutata, nell’opinione pubblica ucraina, la percezione della Russia prima, durante e dopo gli eventi delle ultime settimane?
AG: Qui ci vuole uno «zoom out» geopolitico: l’Ucraina è una zona di «cuscino», è un territorio che si prende la colpa negli scontri tra le grandi forze politiche ed economiche: la Russia e la UE. Mi pare ovvio che, essendo un territorio vastissimo, non può essere omogeneo: le regioni confinanti con la Russia percepiscono una fortissima influenza russa, ed anche tantissima simpatia filo-russa. Le regioni dell’ovest sono più nazionaliste. Mediamente negli ultimi 23 anni c’è stata una duplice percezione: un desiderio di collaborazione con quel grande potere economico e politico confinante, contrastato dalla voglia di mantenere sovranità ed avvicinarsi all’UE. Fattori molto forti sono: il ricordo della URSS, cosi recente, e quel fenomeno irrazionale ed inconcepibile della dittatura di Lukashenko in Bielorussia. Oggi l’allarmismo riguardo la manipolazione russa è forte. Il campanello d’allarme ha risuonato quando Yanukovitch, a novembre dell’anno scorso, rifiutò di firmare l’accordo per l’Associazione con UE e volò a Mosca per firmare accordi economici con Putin. La popolazione lo percepì come un ricatto da parte del Cremlino ed un attacco all’indipendenza ucraina.
GP: Molti si chiedono se le proteste che stanno avendo luogo in Ucraina siano animate dal voler respingere il ritorno di una pesante influenza da parte della Russia piuttosto che dal voler entrare nell’UE: qual è la tua opinione a riguardo?
AG: Adesso: nessuno dei due. Dopo aver passato due mesi all’EuroMaidan assicuro che il maggior movente della protesta è una ribellione contro la classe politica corrotta, e non ho paura di usare il termine «criminale». La piazza chiede le dimissioni del Governo che ha tradito le aspettative, che non firmò accordi promessi, nascondendo l’abisso economico verso cui stava dirigendosi. Quindi, le proteste odierne non chiedono più un ingresso nella UE; lo slogan che si sente udire più spesso è: «Banda - vai via!»
GP: Le dimissioni di Azarov e l’apertura di Janukovyč a Jacenjuk sono un segno tangibile che qualcosa sta per cambiare o rappresentano una tattica per calmare il popolo in vista delle imminenti elezioni politiche?
AG: Non sono un segno tangibile verso un modello di cambiamento, ma contribuiscono esclusivamente ad un deprezzamento della moneta nazionale, la grivna, che permette agli oligarchi, legati a doppio filo con il Governo, di diminuire i loro debiti. Nel frattempo il Governo approva ulteriori leggi repressive.
GP: Cosa ne pensi dell’affermazione che ha fatto il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, volta ad accusare l’UE dell’utilizzo di un «doppio standard» nel giudicare e affrontare le manifestazioni di protesta? Il ministro ha, inoltre, bollato quale «inammissibile» una qualsiasi intromissione esterna nell’attrito tra i due paesi. Cosa ne pensi?
AG: Credo fortemente che le parole di Lavrov siano giuste. Non ci dovrebbe essere nessuna intromissione esterna durante un conflitto nazionale.
D’altronde ci sono le testimonianze degli attivisti sopravvissuti alle torture, che ricordano il forte accento moscovita dei loro torturatori.
Dunque, le affermazioni diplomatiche non sempre trovano riscontro nella realtà.
GP: Cosa vi aspettate dall’ingresso nell’UE?
AG: Sicuramente una maggiore trasparenza del sistema politico, economico e giudiziario.
GP: Come muterebbe la mentalità ucraina?
AG: È già mutata. Lo testimonia la tenacia dei manifestanti che hanno sfidato le violenze della polizia ed il rigido inverno ucraino, con l’unico obiettivo di reclamare la formazione di una «nuova società civile».
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